Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17885 del 09/09/2016

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2016, (ud. 01/07/2016, dep. 09/09/2016), n.17885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12682-2015 proposto da:

A. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA CLITUNNO, 51, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO MAZZA, rappresentata e difesa dagli avvocati

MATTEO D’ANGELO, SERGIO FRUNCILLO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIM INT. FOOLISH SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona dei

curatori pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SPALLANZANI, 22, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PROTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO BOCCHINI giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 402/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI,

depositato il 09/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’01/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Con decreto in data 9 aprile 2015, il Tribunale di Napoli ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fall. Foolish srl in liq., proposta da A. srl, per l’ammissione di una somma a titolo di risarcimento dei danni nell’ambito di rapporti contrattuali di massa relativi alla compravendita di autoveicoli usati, per l’inadempimento della società in bonis (esercente l’attività di autonoleggio) che aveva – a suo dire – consegnato beni affetti da vizi occulti, con danno rilevante. Secondo il giudice circondariale, l’opponente – cui incombeva la prova della mancanza dei requisiti dei beni acquistati – non l’avrebbe assolta, non risultando depositato nè il contratto massivo nè la documentazione in base alla quale sapere se le auto di cui si assumeva l’esistenza dei vizi fossero quelle che la fallita aveva venduto all’opponente, non essendovi neppure corrispondenza tra quelle “indicale nella fattura e quelle “viuziate””. Avverso il decreto del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione la curatela della società fallita, con atto notificato il 9 maggio 2015, sulla base di cinque motivi, con cui denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge (L. Fall., artt. 98 e 99, art. 2697 e 167 c.c. e art. 115 c.p.c.; artt. 132 e 135 c.p.c. e art. 244 c.p.c.) e omissioni motivazionali. La curatela ha resistito con controricorso. Il ricorso appare manifestamente inammissibile, giacchè, con le sue censure mira ad un sostanziale riesame delle valutazioni documentali e probatorie compiute dal primo giudice senza aver dapprima fornito (in chiave rescindente) una critica decisiva alle (per quanto sintetiche) chiare e rilevanti affermazioni motivazionali compiute dal giudice del merito. a)In particolare, con riguardo alla prima affermazione del decreto impugnato, circa la mancata produzione del contratto massivo da parte dell’opponente, si svaluta tale conclusione (con la prima doglianza del ricorso) senza avvedersi della importanza di quell’accordo che, costituendo un contratto quadro (cfr. per profili analoghi Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3990 del 2010, e prece. conff), comporta una necessaria qualificazione vincolata delle operazioni e pattuizioni successivamente poste in essere dalle parti in esecuzione (o difformità) dai patti normativi sottoscritti; b) con riguardo alla restante parte della motivazione del decreto impugnato (mancata prova della corrispondenza dei veicoli ceduti dalla fallita e assunti come viziati: secondo e terzo mezzo), inoltre, si censurano carenze motivazionali che non si riscontrato in quanto il rigetto della domanda si basa sulla mancanza della chiara indicazione dei fatti allegati nel corso della fase di merito e dei documenti posti a comprova di essi, avendo il giudice disconosciuto quella corrispondenza, sia pure con motivazione sintetica, ritenendo tale deficit coinvolgente tutta la documentazione depositata; c) con riguardo alle doglianze relative ai mezzi istruttori non ammessi (contenute nel quarto e quinto mezzo), esse sono ulteriormente inammissibili per l’evidente superfluità dei mezzi articolati (volti a dimostrare l’esistenza dei danni ai veicoli), avendo il giudice di merito escluso (per difetto della necessaria prova) persino che i veicoli fossero proprio quelli di provenienza della società poi fallita. Infatti, “il giudice di merito non è tenuto a respingere espressamente e motivatamente le richieste di tutti i mezzi istruttori avanzate dalle parti qualora nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, insindacabili in sede di legittimità, ritenga sufficientemente istruito il processo. Al riguardo la superfluità dei mezzi non ammessi può implicitamente dedursi dal complesso delle argomentatimi contenute nella sentenza.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14611 del 2005). In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi degli artt. 380-bis e 375 n. 5 c.p.c..”. Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale risultano essere state mosse osservazioni critiche con memoria e nel corso della discussione orale, da parte della difesa della ricorrente; che, tuttavia, tali osservazioni non appaiono idonee a far mutare il convincimento del Collegio rispetto alla Relazione notificata alle parti, poichè tali deduzioni – ancora una volta – sono del tutto interne alle già esplicitate ragioni di inammissibilità/infondatezza delle deduzioni svolte con il ricorso per cassazione (e sopra illustrate nella Relazione del Consigliere incaricato); che, perciò, il ricorso, manifestamente infondato, deve essere respinto, in applicazione dei richiamati ed enunciati principi di diritto; che, alla reiezione del ricorso, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, in favore del resistente, liquidate come da dispositivo, oltre che il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte,

Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questa fase del giudizio, che liquida in complessivi Euro 9.100,00, di cui 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 1 della Corte di cassazione dai magistrati sopra indicati, il 1 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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