Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17880 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. II, 03/07/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 03/07/2019), n.17880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22928/2014 proposto da:

N.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RONCIGLIONE 3,

presso lo studio dell’avvocato FABIO GULLOTTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MINO SIRACUSA;

– ricorrente –

contro

DAY CLINIC MONTEVERDI LASERCHIRURGICA ITALIANA SRL, IN LIQUIDAZIONE,

elettivamente domiciliato in ROMA, V. P.G. DA PALESTRINA 48, presso

lo studio dell’avvocato MANUELA MARIA ZOCCALI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 597/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/03/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Fatto

RITENUTO

che:

La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, di rigetto del ricorso possessorio proposto da N.R. nei confronti della Day Clinic Monteverdi Laserchirurgica italiana s.r.l. (Day Clinic).

Il N., socio della Day Clinic da cui aveva ricevuto in sub locazione locali della struttura al fine dello svolgimento della propria attività di chirurgo plastico, aveva lamentato la sostituzione, ad opera della sub locatrice, della serratura di accesso ai suddetti locali.

La corte d’appello riconosceva che il contratto intercorso fra le parti prevedeva determinate condizioni di utilizzo, cui il N. non si era attenuto, senza che da ciò potesse derivarne una situazione tutelabile in sede possessoria, trattandosi di comportamenti che i soci e i responsabili della struttura avevano semplicemente tollerato per ragioni di buona convivenza.

In ragione di ciò, secondo la corte, nell’attività posta in essere dalla Day Clinic faceva difetto l’animus spoliandi.

Attraverso la sostituzione della serratura i soci e dirigenti della Day Clinic avevano inteso regolarizzare l’utilizzo dei locali nei limiti di quanto previsto nel contratto.

D’altronde, entro tali limiti, ne avevano consentito l’utilizzazione al N. anche dopo la sostituzione della serratura.

Per la cassazione della sentenza il N. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, cui l’intimata ha resistito con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

La causa, inizialmente chiamata per l’udienza camerale del 19 aprile 2018, è stata rinviata a nuovo ruolo in pendenza di un diverso ricorso fra le stesse parte contro diversa sentenza della Corte d’appello di Milano.

Tale ulteriore sentenza, su richiesta del N., aveva dichiarato la nullità dei contratti inter partes per la mancata registrazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il diverso giudizio pendente dinanzi a questa Corte è stato definito con sentenza della 3 sez. civile n. 26912/2018, che – – ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva dichiarato la nullità dei contratti di sub locazione fra il N. e la Day Clinic, per mancata registrazione.

Senza che sia necessario approfondire le ragioni poste a base della decisione di questa Corte, in questa sede, è sufficiente il rilievo che la nullità del contratto di locazione non vale ad escluderne la rilevanza “quale prova di una detenzione qualificata del bene” (cfr., in diverso ambito, Cass. n. 16412/2017), tanto più in presenza di una nullità quale quella riscontrata nel caso in esame, comminata, secondo Cass. n. 26912/2018 cit., “per la violazione di un obbligo di condotta (e non per il difetto o per il vizio afferente un elemento costitutivo della fattispecie negoziale tipica del contratto di locazione, descritta dalla norma di legge)”.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che la corte d’appello, ingannata dal fatto che le parti in causa avevano prodotto contratti di locazione diversi, non aveva considerato che il contratto di locazione destinato a disciplinare il rapporto “consentiva al ricorrente l’uso esclusivo e illimitato della sala medica”.

Il motivo è inammissibile.

E’ ovvio che il ricorrente, sotto la veste della violazione di legge, pone una questione di fatto, rimproverando alla corte di avere applicato il contratto di locazione prodotto dalla struttura medica, che prevedeva una fruizione limitata nel tempo dei locali, invece di quello da lui prodotto, privo di tali limitazioni.

La decisione andava perciò censurata sotto questo profilo.

Ciò è fatto con il secondo motivo, con il quale il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo, per avere la corte di merito applicato un contratto diverso da quello vigente.

Anche tale motivo è inammissibile.

La questione della esistenza di una pluralità di produzioni di scritture che prevedevano condizioni di utilizzo diverse non è minimamente affrontata dalla corte di merito, la cui decisione è fondata sulla considerazione, svincolata da uno specifico riferimento a una scrittura piuttosto che a un’altra, che la “struttura era dotata di regole di utilizzo e di orari, al rispetto dei quali il N. si era da sempre sottratto”.

In verità l’autentica censura che il ricorrente muove contro la decisione è la seguente: a) dal fatto che l’uso dei locali era avvenuta senza limitazioni la corte avrebbe dovuto dedurre che il rapporto trovava la sua disciplina nel contratto prodotto dal ricorrente; b) in ogni caso, “se anche il contratto vero fosse stato quello limitato”, le concrete modalità di utilizzazione della cosa da parte del N. facevano emergere “un possesso indeterminato e illimitato dei beni costituiti dallo studio medico”.

Erroneamente i giudici di merito avevano ricondotto siffatta illimitata utilizzazione alla nozione di tolleranza.

Ma in questi termini è chiaro che il ricorrente non deduce un “omesso esame” nel significato precisato da questa Corte (Cass., S.U., n. 8053/2014), dirigendosi la censura contro un apprezzamento demandato al giudice di merito.

Invero, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la durata non transitoria dell’attività di fatto è compatibile con la nozione di tolleranza non solo in presenza di un rapporto di parentela, ma anche di un rapporto di società.

“Al fine di stabilire se la relazione di fatto con il bene costituisca una situazione di possesso ovvero di semplice detenzione dovuta a mera tolleranza di chi potrebbe opporvisi, come tale inidonea, ai sensi dell’art. 1144 c.c., a fondare la domanda di usucapione, la circostanza che l’attività svolta sul bene abbia avuto durata non transitoria e sia stata di non modesta entità, cui normalmente può attribuirsi il valore di elemento presuntivo per escludere che vi sia stata tolleranza, è destinata a perdere tale efficacia nel caso in cui i rapporti tra le parti siano caratterizzati da vincoli particolari, quali quelli di parentela o di società, in forza di un apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito (nel caso di specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso ogni efficacia presuntiva alla suddetta circostanza, con riferimento alla domanda di usucapione di un terreno che, durante il periodo interessato, era stato di proprietà di una società per azioni di cui l’attore era uno dei due soci)” (Cass. n. 9661/2006).

La valutazione della corte di merito, nella parte in cui ha applicato la nozione di tolleranza al rapporto fra il ricorrente e i soci e responsabili della struttura, è in linea con tale principio.

Il terzo motivo ripropone sotto diversa veste la medesima censura: la sostituzione della serratura aveva sovvertito la situazione di fatto precedente, che costituiva esercizio della detenzione conforme al contratto e non rifletteva la tolleranza degli altri soci.

Esso è pertanto inammissibile per la stessa ragione.

Analogamente è inammissibile il quarto motivo, che sotto la veste dell’omesso esame censura, in termini generici e globali, la valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito.

“Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito” (Cass. n. 11063/2018).

In conclusione il ricorso va rigettato, con addebito di spese.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA