Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17879 del 27/08/2020
Cassazione civile sez. VI, 27/08/2020, (ud. 04/06/2020, dep. 27/08/2020), n.17879
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9208-2019 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del Ministro pro
tempore, ex lege domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
C.A., D.G.V., CA.AN., tutti in
proprio e nella qualità di eredi di C.a., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio
dell’avvocato ANTON GIULIO LANA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARIO MELILLO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 78/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata in data 8/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 4/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA
SCRIMA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Ministero della Salute ha proposto ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 78, depositata in data 8 gennaio 2019, che ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal predetto Ministero avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 15803/2014, con la quale era stato condannato al risarcimento dei danni in favore di C.A., Ca.An. e D.G.V., in proprio e nella qualità di eredi di C.a., che aveva contratto l’epatite cronica HCV a seguito di trasfusione di sangue infetto, eseguita presso una struttura pubblica, l’Ospedale Militare di Padova, nel 1987.
C.A., Ca.An. e D.G.V., in proprio e nella qualità di eredi di C.a., hanno resistito con controricorso.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
I controricorrenti hanno depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, rubricato “Nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, il ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto inammissibile l’appello sul rilievo che il capo della motivazione della sentenza del Tribunale, riportato testualmente nell’ultimo capoverso di p. 2 e all’inizio di p. 3 della sentenza di secondo grado, “non è stato minimamente confutato dall’appellante che si è limitato ad enunciare affermazioni di principio di carattere generale senza avere alcun riguardo alla situazione in facto de qua, sia in ordine alla decorrenza della prescrizione, sia in ordine al riparto dell’onere della prova, laddove il danneggiato abbia dedotto di avere avuto la consapevolezza della eziologia della patologia in epoca successiva rispetto all’astratta azionabilità del diritto.
Parimenti del tutto generica è la censura in ordine alla liquidazione del danno”.
Deduce il Ministero che, con la prima parte del motivo di appello sub 1), non aveva contestato, perchè sostanzialmente corretta, quella parte della sentenza appellata in cui si ribadiva il consolidato principio di diritto in base al quale la prescrizione del diritto al risarcimento iure hereditario da emotrasfusione è quinquennale e comincia a decorrere dai momento in cui l’originario danneggiato ha avuto consapevolezza che la malattia è dovuta ad un fatto ingiusto causato dal terzo, mentre, come dedotto sub B) nell’ambito del primo motivo di appello, avrebbe censurato effettivamente e chiaramente l’omessa individuazione da parte del giudice di prime cure del dies a quo a partire dal quale la prescrizione di tale diritto iniziava a decorrere, e la mancata considerazione del dies a quo indicato dallo stesso Ministero nel 1987, basandosi sulla diagnosi della patologia(e confermato dalla c.t.u., e dovendosi, comunque, far risalire la consapevolezza dell’interessato, in base ai documenti “più tardivi”, almeno all’8 febbraio 1988.
Inoltre, il ricorrente evidenzia di aver, con il terzo motivo di appello, contestato la liquidazione del danno, lamentando l’illogicità e la contraddittorietà della sentenza di primo grado in punto di quantum debeatur, stante la palese discordanza tra il dispositivo e la motivazione della sentenza, con conseguente nullità della stessa, circa la quantificazione del risarcimento del danno iure proprio.
Sostiene, quindi, il Ministero che, con riferimento ai punti di sentenza relativi alla decorrenza della prescrizione e al quantum debeatur, i motivi di appello proposto sarebbero specifici, puntualmente enucleati e perfettamente in grado di mettere in luce la carenza assoluta di motivazione della sentenza di primo grado e di metterne in rilievo la lamentata violazione di legge sostanziale; rappresenta, inoltre, di aver eccepito con il motivo sub 2) anche la prescrizione del diritto iure proprio; sostiene, quindi, che la Corte di merito, nel ritenere, per le ragioni dette, inammissibile l’appello sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 342 c.p.c..
1.1. Il motivo è fondato.
Le censure formulate con i motivi di appello sono state effettivamente sviluppate attraverso l’indicazione delle parti della sentenza di primo grado ritenute dall’appellante erronee e con la specificazione, sia pure sintetica, delle ragioni poste a fondamento delle doglianze sollevate, offrendo spunti per una decisione diversa. Ed invero, dalla lettura dell’atto di appello, riportato in sintesi nel ricorso (per i singoli motivi v. p. 4-5, 8, 10, 12 del ricorso) ed al quale questa Corte ha accesso quale giudice del fatto processuale (Cass. 5/08/2019, n. 20924), in ragione della natura dello scrutinio richiesto dalla parte ricorrente, emerge che l’esito di inammissibilità dell’appello, cui è pervenuto il Tribunale non risulta corretto (Cass., sez. un., 16/11/2017, n. 27199; Cass., ord., 30/09/2019, n. 24206).
2.6. L’accoglimento del primo motivo del ricorso, resta assorbito l’esame dei motivi secondo, terzo e quarto, rubricati rispettivamente. “Nullità della sentenza per omesso esame del secondo motivo di appello (prescrizione del diritto di risarcimento del danno iure proprio) che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, “Nullità della sentenza per violazione degli artt. 2934 e 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.” e “Nullità della sentenza per omesso esame del terzo motivo di appello (erronea quantificazione del danno) che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.
3. Conclusivamente, va accolto il primo motivo, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 4 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020