Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17879 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. II, 03/07/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 03/07/2019), n.17879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13632-2015 proposto da:

P.R., P.A., P.P.L., G.A.,

F.B., M.V., elettivamente domiciliati in ROMA, GIOSUE’

BORSI 4, presso lo studio dell’avvocato LUDOVICA BERNARDI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO MUNARI;

– ricorrenti –

contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLO MIOTTO;

PA.EL., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 2,

presso lo studio dell’avvocato MARCO MERLINI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI MICHIELI;

– controricorrenti –

e contro

IMPRESA EDILE BE.PE.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 569/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2019 dal Presidente Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MUNARI Alberto, difensore dei ricorrenti, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

uditi Avvocati MERLINI Marco, MIOTTO Giampaolo, difensori dei

rispettivi resistenti che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Chiesto ed ottenuto un accertamento tecnico preventivo, P.A., F.B., G.A., M.V., P.P.L. e P.R., committenti, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso l’arch. Pa.El. e Pe.Be., il primo progettista e direttore dei lavori, il secondo appaltatore. Oggetto della domanda, il risarcimento di danni di varia natura, arrecati ad un immobile su cui erano state eseguite le opere edilizie commissionate.

Entrambi i convenuti nel difendersi eccepivano la decadenza dalla e la prescrizione della azione di garanzia per le difformità dell’opera, “ai sensi degli artt. 2226 e/o 1667 e/o 1669 c.c.” (v. pag. 3 del controricorso Pa.), contestando ad ogni modo le rispettive responsabilità. Pa.El., inoltre, chiamava in garanzia l’assicuratrice della sua responsabilità civile UGF s.p.a. La quale ultima pure si costituiva, dando atto della garanzia.

Il Tribunale, respinte con sentenza non definitiva n. 340/11 (tra altre eccezioni non più in discussione, anche) le eccezioni di decadenza e di prescrizione, accoglieva con pronuncia definitiva n. 13/13 la domanda principale e quella di garanzia. In particolare, condannava Pa. e Pe. al pagamento, in solido tra loro, di Euro 83.400,00, ed il solo Pa. a risarcire l’ulteriore danno a lui ascrivibile per le lesioni perimetrali arrecate all’immobile, danno che liquidava in Euro 115.000,00.

Impugnate entrambe le sentenze, in via principale dalla Unipol Assicurazioni s.p.a. e in via incidentale da Pa.El., la Corte d’appello di Venezia riformava la decisione di primo grado, dichiarando prescritto il diritto al risarcimento liquidato a carico di quest’ultimo.

Limitatamente a quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte distrettuale, individuata la norma di riferimento nell’art. 1669 c.c., e con essa la prescrizione del diritto del committente in un anno dalla denuncia, così motivava: “Detto termine di prescrizione nel caso specifico ha come dies a quo il 10.11.2006, coincidente con la data di denunzia dei vizi, conosciuti dalle parti che avevano contezza della natura ed entità dei vizi attraverso una accurata consulenza di parte, e li avevano denunciati ufficialmente all’arch. Pa.. La questione, non impugnata, è definita dalla sentenza 340/11 (…) dove si afferma che il primo atto interruttivo della prescrizione è costituito dalla notifica dell’accertamento tecnico preventivo”. Quindi osservava che la notifica del ricorso per a.t.p., interruttiva della prescrizione, era avvenuta nei confronti dell’impresa Pe. il 9.11.2007 e nei confronti del Pa. il 14.11.2007, e dunque solo per quest’ultimo a prescrizione già maturata. A tale ultimo riguardo rilevava che il Tribunale, mentre con la sentenza non definitiva, n. 340/11, aveva rigettato l’eccezione di prescrizione applicando l’art. 1310 c.c. sul presupposto della corresponsabilità del Pe. e del Pa., non aveva poi tratto le dovute conseguenze nella pronuncia definitiva, ove, invece, aveva rettificato la supposta corresponsabilità dei convenuti in responsabilità esclusiva del progettista e direttore dei lavori, secondo quanto era emerso dalla relazione del c.t.u.

La cassazione di detta sentenza è chiesta da P.A., F.B., G.A., M.V., P.P.L. e P.R., con ricorso affidato a due motivi.

Resistono con separati controricorsi Unipol Assicurazioni s.p.a. ed Pa.El..

Pe.Be., cui pure è stato notificato il ricorso, è rimasto intimato.

In prossimità della pubblica udienza sia i ricorrenti che Pa.El. hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è dedotta la violazione dell’art. 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (recte, 4), in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere che sull’individuazione del dies a quo del termine di prescrizione si sarebbe formato il giudicato interno. Totalmente vittoriosi sulle questioni di prescrizione e di decadenza, gli attori non avrebbero avuto interesse ad impugnare la sentenza di primo grado, ma solo a soddisfare quanto prescritto dall’art. 346 c.p.c., a maggior ragione considerando che non si trattava neppure della riproposizione di una domanda o di una eccezione, ma di un mero argomento difensivo, seppure diverso da quello seguito dal Giudice di primo grado, e peraltro pure riproposto nella comparsa di costituzione in appello.

1.1. – Riqualificatane l’intitolazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (in generale, sulla non vincolatività dell’intitolazione del motivo di ricorso, cfr. Cass. S.U. n. 17931/13 e, con specifico riferimento all’alternativa tra i nn. 3 e 4 di detta norma, v. Cass. nn. 19882/13 e 1370/13), il motivo è fondato, nei termini e con le precisazioni che seguono.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico. Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo d’appello, nondimeno l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione, così da espandere nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass. nn. 24783/18, 12202/17, 2217/16 e 16583/12).

La miglior dimostrazione di quanto sopra è che, diversamente opinando, la parte interamente vittoriosa su di una questione, che tuttavia sia stata decisa dal giudice di primo grado in base ad una ricostruzione fattuale o giuridica diversa da quella che essa aveva propugnato, per evitare il relativo giudicato interno, invocato dal soccombente ad altri e contrapposti fini, non godrebbe di alcuno strumento di difesa. Ciò in quanto gli sarebbe preclusa tanto l’impugnazione incidentale quanto la riproposizione della questione ex art. 346 c.p.c.: la prima, perchè l’impugnazione incidentale sulla sola motivazione è inammissibile (giurisprudenza costante: v. ex pluribus, Cass. n. 658/15); la seconda perchè l’art. 346 c.p.c. riguarda le (domande e le) eccezioni non accolte – perchè assorbite o semplicemente non decise (cfr. sul tema Cass. S.U. n. 11799/17) – e che siano state proposte dalla stessa parte vittoriosa, proprio perchè, in quanto tale, quest’ultima non ha interesse all’impugnazione principale.

Nè tanto meno è ipotizzabile che su detta parte incomba almeno l’onere (prospettato nel motivo di ricorso, sia pure con mere finalità prolettiche) di riprodurre le difese che la sentenza di primo grado non abbia fatto proprie. In disparte che si tratterebbe, secondo i casi, di un quid aequalis o di un quid pluris rispetto ai suddetti rimedi della cui non configurabilità si è appena detto, il sistema processuale non conosce, e pertanto non impone, alcun onere difensivo a carico della parte interamente vittoriosa sulla singola parte della sentenza impugnata dal soccombente. Con la conseguenza che il preteso giudicato interno non si produrrebbe neppure nel caso di contumacia in appello della parte vittoriosa in primo grado.

1.1.1. – Nella specie, la Corte territoriale non si è attenuta ai superiori principi di diritto, lì dove ha erroneamente ipotizzato il giudicato interno sulla decorrenza del termine prescrizionale, ancorchè di quest’ultimo fosse ancora sub iudice la maturazione.

2. – Il secondo mezzo denuncia la violazione dell’art. 1669 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Deduce parte ricorrente che, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, affinchè decorra il termine di decadenza di un anno per denuncia dei gravi difetti dell’opera, e quindi perchè detta denuncia faccia a sua volta decorrere il termine di prescrizione, che ai sensi dell’art. 1669 c.c., comma 2 decorre dalla denuncia stessa, è necessario non solo che siano note la natura e l’entità dei vizi e dei difetti, ma anche che ne sia acquisita la piena consapevolezza quanto alle cause a alla loro imputabilità al progetto o all’attività del costruttore. Invece, la Corte d’appello, nell’applicare l’art. 1669 c.c., è incorsa nell’errore di attribuire rilievo al momento della prima conoscenza, piuttosto che a quello successivo del deposito della relazione del c.t.u. in sede di a.t.p. (27.5.2008).

2.1. – Tale motivo è assorbito dall’accoglimento del primo mezzo. Escluso, infatti, il giudicato interno sulla data di denuncia quale giorno di inizio della prescrizione, perde il suo sostegno logico-giuridico anche la deduzione che ne ha tratto la sentenza impugnata, che ha qualificato la notifica del ricorso per accertamento tecnico preventivo come primo atto interruttivo della prescrizione.

3. – La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che si atterrà ai principi di diritto sopra esposti e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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