Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17860 del 11/08/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 17860 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 7039-2008 proposto da:
I.N.A.I.L
CONTRO
in

GLI

INFORTUNI
del

persona

elettivamente
144,
2014
1501

LUIGI

presso
e

NAZIONALE

ISTITUTO

SUL

ROMEO

studio

01165400589),

(C.F.

rappresentante

legale

domiciliato
lo

LAVORO,

L’ASSICURAZIONE

PER

in

degli

LUCIANA,

ROMA,

tempore,

IV

NOVEMBRE

VIA

avvocati

giusta

pro

LA

procura

PECCERELLA
speciale

notarile in atti;
– ricorrente contro

SIRNA DANIELE C.F. SRNDNL58B03B202S, domiciliato in

Data pubblicazione: 11/08/2014

ROMA,

VIA

G.

FERRARI

12,

presso

lo

studio

dell’avvocato CASTELLUCCI IGNAZIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato LEONARDI ANTONIO, giusta delega
in atti;
– controricorrente

•di CATANIA, depositata il 02/10/2007 r.g.n. 923/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato CRIPPA LETIZIA per delega ROMEO
LUCIANA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n. 288/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 2.10.2007, la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza di
primo grado, dichiarava il diritto di Sirna Daniele alla rendita conseguente all’infortunio sul
lavoro occorso al predetto in data 14.9.1986, con decorrenza dal febbraio 1998, e
condannava l’INAIL alla corresponsione dei corrispondenti ratei, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi legali a decorrere dalla stessa data, disponendo che l’importo
titolo di rivalutazione.
Rilevava che le conclusioni del C.t.u. officiato in secondo grado erano nel senso che i
postumi derivanti dall’infortunio sul lavoro nel quale il Sirna aveva riportato trauma
distorsivo al ginocchio sinistro, con lesione del menisco mediale, asportato totalmente con
interventi chirurgici in tempi successivi, erano quantificabili nella misura del 12%, con
decorrenza dal febbraio 1998. Tali postumi, conseguenti al secondo intervento chirurgico,
resosi necessario per il fatto che al primo intervento era residuato una porzione del corno
posteriore meniscale, consistevano nella totale asportazione del menisco mediale, nella
condrite rotulea e del piatto tibiale interno da sovraccarico funzionale, lievissima
deviazione in varo dell’asse femoro-rotuleo da prolungato carico alterato sul
compartimento esterno ed in marcate limitazione in flessione del ginocchio.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INAIL con unico motivo, illustrato nella
memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste il Sirna, con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’istituto ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del d.P.R.
1124/1965, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., osservando che il gravame accolto era inteso
ad ottenere il ripristino della rendita per l’inabilità conseguente ad infortunio sul lavoro del
14.9.1986, rendita soppressa in sede di ultima revisione dall’INAIL, in conseguenza della
riduzione del grado di inabilità dal 12% al 6% e che, a norma dell’ad. 83 T.U. del 1965,
rilevano solo i mutamenti delle condizioni di salute del titolare della rendita intervenuti
entro i dieci anni dalla data di decorrenza della stessa. Aggiunge che tale periodo assume
significato ai fini della delimitazione dell’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o
del miglioramento delle condizioni dell’assicurato, che fa sorgere il diritto alla revisione,
sicchè la proposizione della domanda di revisione oltre il decennio – od il quindicennio,
per la malattia professionale – o la visita medica disposta dall’istituto sono ammesse a
i

dovuto a titolo di interessi fosse portato in detrazione da quello eventualmente spettante a

condizione che le stesse abbiano per oggetto l’accertamento di un aggravamento o di un
miglioramento verificatosi entro il decennio o quindicennio dalla costituzione della rendita
ed entro lo stesso periodo il lavoratore dichiarato guarito con postumi non indennizzabili
può chiedere l’aggravamento degli stessi.
Poiché, nella specie, i fatti non risultavano contestati quanto alle date di avvenuta
revisione e soppressione della rendita e tutto ciò risultava anche dalla documentazione
intervenuto nel febbraio del 1998, ben due anni dopo la scadenza del detto termine
decennale, doveva indurre a ritenere stabilizzati i postumi, come tali inidonei al ripristino
della rendita.
Il ricorso è fondato.
Innanzi tutto, deve ritenersi che il rilievo dell’aggravamento ultradecennale dei postumi,
formulato dall’istituto, non sia connotato dal requisito della novità, in quanto la sentenza di
secondo grado aveva riformato quella di prime cure, riconoscendo, all’esito degli
accertamenti peritali, che il peggioramento si era verificato a far data dal febbraio 1998,
rispetto ad una rendita iniziale derivante da infortunio verificatosi nel 1986, ed affermando
il diritto dell’infortunato al suo ripristino con la suddetta decorrenza, pur essendosi
verificata l’effetto preclusivo della intervenuta stabilizzazione dei postumi per decorrenza
del decennio.
Ciò posto, deve rilevarsi che il termine di complessivi dieci anni, per la revisione della
rendita per infortunio sul lavoro, previsto dall’art. 83 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124
(Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali), non è di prescrizione, né di decadenza, ma delimita soltanto
l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni
dell’assicurato, che fa sorgere il diritto alla revisione. Pertanto è ammissibile la
proposizione della domanda di revisione oltre il decennio, a condizione che la parte
interessata provi che la variazione (in meglio od in peggio) si sia verificata entro il
decennio, e purché l’Istituto, entro un anno dalla data di scadenza del decennio dalla
costituzione della rendita, comunichi all’interessato l’inizio del relativo procedimento (cfr.
Cass. 17.2.2011 n. 3870). Secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità
(cfr., ad esempio, Cass. 27 aprile 2004 n. 8066; Cass. 10 novembre 2004 n. 21386; Cass.
22 settembre 2010 n. 20009) il termine decennale dalla data di costituzione della rendita
2

amministrativa, il ricorrente sostiene che il peggioramento delle condizioni di salute

per infortunio di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, entro il quale si può
procedere, a domanda dell’assicurato o per disposizione dell’istituto, alla revisione della
rendita da infortunio sul lavoro, non è di prescrizione, e neppure di decadenza – non
incidendo sull’esercizio ma sull’esistenza del diritto – ma serve semplicemente a delimitare
l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni
dell’assicurato, poiché la legge collega al trascorrere de tempo una presunzione assoluta
discende che l’attivazione del procedimento di revisione e l’accertamento medico legale
possono aver anche luogo oltre il suddetto termine di dieci anni, purché le modificazioni
delle condizioni fisiche dell’assicurato siano avvenute entro il suddetto limite temporale.
È stato, altresì, chiarito (Cass. 7 aprile 2004 n. 6831 e, successivamente, Cass. 12 ottobre
2010 n. 20994) che la data di costituzione della rendita cui si riferisce il citato articolo non
è l’atto formale che costituisce il diritto, atto che ha natura meramente dichiarativa e risulta
fissato casualmente in relazione alle vicende della sua formazione per via amministrativa o
giudiziale, ne’ la data dell’evento materiale che determina la nascita del diritto, ma coincide
con la data in cui il diritto stesso decorre. Coerentemente con i suddetti principi deve
ritenersi che, nel caso in cui entro il termine decennale suddetto si proceda alla revisione
della rendita per infortunio sul lavoro e questa accerti la sussistenza di un miglioramento
dell’attitudine al lavoro che conduca la relativa riduzione in uno spazio di giuridica
irrilevanza, ed in tale spazio si conservi alla scadenza del decennio, si determina
l’irreversibile estinzione del diritto. Conseguentemente, ove dopo il decennio l’attitudine al
lavoro si riduca raggiungendo nuovamente una misura astrattamente rilevante, emerge
una nuova situazione materiale, estranea al preesistente diritto (cfr. Cass. 20994/2010
cit.).
Nel caso di specie è pacifico che l’infortunio sul lavoro si è verificato il 14.9.1986 e che fu
costituita una rendita INAIL commisurata ad una invalidità del 12% con decorrenza dalla
stessa data. È pacifico, altresì, che, a seguito di visita medica di revisione in data 12
novembre 1996, la percentuale di inabilità è stata ridotta al 6% per accertato
miglioramento delle condizioni fisiche dell’assicurato.
Orbene, poiché la sentenza impugnata ha accertato, sulla base di una consulenza tecnica
d’ufficio, la sussistenza di un aggravamento delle conseguenze relative all’infortunio sopra
indicato che hanno determinato una percentuale di invalidità pari al 12% a decorrere dal
3

per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche. Ne

febbraio 1998, e quindi dopo la scadenza del decennio previsto dall’art. 83 del d.P.R.
1124/1965, deve ritenersi, in applicazione dei principi sopra enunciati, che il diritto alla
suddetta rendita si era già estinto, come correttamente sostenuto dall’Istituto ricorrente.
L’accoglimento di tale censura determina l’assorbimento di ogni altro rilievo, laddove
quello formulato con riguardo alla decorrenza del peggioramento avrebbe potuto
assumere rilievo solo ove fosse stata prospettata una palese devianza dalle nozioni
strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non possa prescindersi per la
formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura
costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del
convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta
prestazione. (Principio affermato da Cass. 3 febbraio 2012 n. 1652 ai sensi dell’art. 360 bis
cod.proc.civ.).
La sentenza deve essere in definitiva cassata. Poiché non sono necessari ulteriori
accertamenti di fatto la Corte, decidendo la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma
2, c.p.c., rigetta la domanda proposta da Sirna Daniele.
In applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo, applicabile ratione temporis,
precedente l’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, convertito con
modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, nulla deve essere disposto in materia di
spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta
la domanda.
Nulla per le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 29.4.2014

correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o un’omissione degli accertamenti

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