Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17855 del 09/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 09/09/2016, (ud. 17/06/2016, dep. 09/09/2016), n.17855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12100-2012 proposto da:

SOCIETA’ DI NAVIGAZIONE CANAL GRANDE S.r.l., c.f. (OMISSIS), in

persona dell’Amministratore unico legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO TACCHINI 7, presso lo

studio dell’avvocato FABRIZIO POLESE, rappresentata e difesa

dall’avvocato EMILIO PAOLO SALVIA;

– ricorrente –

contro

COMUNE di VENEZIA, c.f. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati GIULIO GIDONI e ANTONIO IANNOTTA

della Civica Avvocatura;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 241/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/06/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato MARCO SIVIERO, con delega dell’Avvocato EMILIO PAOLO

SALVIA difensore della ricorrente, che si è riportato agli atti

depositati;

udito l’Avvocato GINEVRA PAOLETTI, con delega dell’Avvocato NICOLO’

PAOLETTI difensore del controricorrente, che si è riportato agli

atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Società di Navigazione Canal Grande srl propose opposizione contro l’ordinanza ingiunzione 2201 bis/07 del 18.11.2007 con cui il Comune di Venezia le aveva intimato in solido col conducente il pagamento della sanzione di Euro 344,00 disponendo altresì la confisca di una imbarcazione da trasporto passeggeri “(OMISSIS)” per violazione della L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 5, comma 5 e art. 43 (trasporto pubblico non di linea di 19 passeggeri senza autorizzazione in data 28.5.2007).

2 I1 Tribunale di Venezia respinse l’opposizione con sentenza 1451/2009, successivamente confermata dalla Corte di Appello che con sentenza 6.2.2012 rigettò, a sua volta, l’impugnazione della società sulla base delle seguenti argomentazioni (per quanto ancora interessa in questa sede):

– che correttamente l’amministrazione aveva annullato in autotutela la prima ordinanza ingiunzione del 4.10.2007 (per mancata audizione della parte interessata) e che altrettanto correttamente aveva poi disposto l’avvio di un nuovo procedimento provvedendo alla convocazione della parte (convocazione, questa volta, disertata dalla società);

– che, contrariamente a quanto eccepito dall’appellante, il termine di cui della L. n. 689 del 1989, art. 19, concerne il sequestro e non la confisca;

– il Comune di Venezia era competente ad irrogare le sanzioni in materia di navigazione nel canale (OMISSIS) ove era stata contestata la violazione;

– sui canali lagunari interni coesiste la giurisdizione del Magistrato con il potere attribuito al Comune di Venezia in tema di sanzioni per le violazioni commesse nel proprio ambito territoriale, mentre il luogo di partenza era comunque desumibile dal verbale di sommarie informazioni;

– che non era necessaria una puntuale confutazione di tutte le osservazioni presentate dall’interessato, mentre l’indicazione della contestazione consentiva il diritto di difesa.

3. Avverso tale sentenza la società Canal Grande ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. Il Comune di Venezia resiste alle censure con controricorso seguito da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 97 Cost. e L. n. 689 del 1981, art. 18: la Corte d’Appello, nell’emettere una nuova ordinanza dopo quella originaria 4.10.2007 (annullata per mancata audizione della parte interessata) avrebbe violato l’affidamento della società che, confidando in precedenti atti prodromici endoprocedimentali (i due verbali di accertamento) ritenuti ormai oggetto di annullamento, bene aveva ritenuto di non presentarsi alla nuova audizione personale. Procede quindi a trascrivere le tre ordinanze (quella del 4.10,2007, quella del 31.10.2007 e quella del 28.11.2007.

Il motivo è infondato perchè non considera il principio, da tempo affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, l’annullamento o la revoca dell’ordinanza-ingiunzione, disposti dall’amministrazione nell’esercizio della sua facoltà di autotutela, ancorchè nel corso dell’opposizione proposta dall’interessato davanti al pretore, non privano l’amministrazione stessa (sempre che non sia stata pronunciata sentenza in merito alla proposta opposizione) del potere di adottare un nuovo provvedimento sanzionatorio, in relazione alla stessa infrazione, rimuovendo gli elementi di illegittimità dell’atto (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 2140 del 10/03/1997 Rv. 502923; Sez. 1, Sentenza n. 828 del 27/01/1994 (Rv. 485136; Sez. L, Sentenza n. 2761 del 22/02/2003 Rv. 560670; Sez. 2, Sentenza n. 2310 del 31/01/2008 Rv. 601698).

Nel caso in esame, è pacifico che al momento della emanazione della seconda ordinanza-ingiunzione, non era intervenuta nessuna pronuncia di merito sull’opposizione.

2-3 Col secondo motivo, la società ricorrente denunzia plurime violazioni di legge (L.R. Veneto n. 63 del 1993 e L. n. 3 del 1999; L. n. 366 del 1963; D.P.C.M. 21 dicembre 1995, in relazione al D.P.R. n. 616 del 1977, art. 59; D.M. 6 aprile 1994; R.D. n. 721 del 1904; artt. 28, 226 c.n. e art. 56 reg. c.n.; art. 1 del regolamento per il servizio Marittimo nel Porto di Venezia; artt. 115 e 116 c.p.c. c e art. 2697 c.c.). Deduce altresì difetto di motivazione su un punto decisivo. Rimprovera alla Corte d’Appello di avere errato nell’escludere che il Canale di (OMISSIS) fosse un Canale Marittimo e nel ritenerlo soggetto alla disciplina della navigazione interna e, quindi al Comune di Venezia con totale esclusione della giurisdizione esclusiva del Magistrato delle Acque. Si sofferma nella trattazione del regime giuridico – amministrativo della navigazione all’interno della Laguna Veneta e si duole del fatto che non sia stato dato rilievo decisivo alla certificazione del Magistrato delle Acque 8.10.2008.

Col terzo motivo di ricorso, denunziandosi ancora la violazione delle medesime disposizioni di legge richiamate nel motivo precedente, si censura la sentenza per avere ritenuto che il Canale di (OMISSIS) fosse da considerarsi di navigazione interna e non di navigazione marittima (come tale soggetto alla giurisdizione del Magistrato delle Acque).

Questi due motivi – che ben si prestano a trattazione unitaria – sono privi di fondamento.

La vicenda della competenza del Comune di Venezia ad emettere ordinanze ingiunzioni in materia di violazioni accertate nel Canale di (OMISSIS) non è nuova, essendo stata affrontata recentemente da questa Corte, in fattispecie del tutto analoga, con la sentenza n. 8916/2016.

Ebbene, ribadendo le considerazioni già svolte con la citata pronuncia, rileva il Collegio che la questione di diritto non risulta correttamente impostata: infatti, tra le plurime norme richiamate in ricorso inspiegabilmente non risultano menzionati della L. n. 689 del 1981, artt. 17 e 18, cioè proprio le disposizioni che individuano l’autorità competente a ricevere il rapporto e, successivamente, ad emettere l’ordinanza ingiunzione. Eppure il nucleo della controversia ruota proprio sul contrasto sorto tra le parti in ordine a detta individuazione, dovendosi stabilire se la competenza a sanzionare la violazione accertata spettasse al Comune di Venezia o al Magistrato delle Acque (secondo la tesi della ricorrente).

Ebbene, è assolutamente pacifico che l’illecito amministrativo riguarda la violazione della L.R. n. 63 del 1993, art. 5, comma 5 (Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna e per il servizio pubblico di gondola nella città di Venezia) a norma del quale il trasporto in servizio pubblico non di linea con conducente e natante a motore “può essere esercitato solo da soggetti muniti di apposita autorizzazione rilasciata dal Comune”.

La società ricorrente ritiene che una tale violazione potesse essere contestata solo dal Magistrato delle Acque e non dal Comune di Venezia perchè l’imbarcazione venne sorpresa, non in un canale di navigazione interna, ma in un “canale lagunare demaniale marittimo” assoggettato pertanto alla giurisdizione del Magistrato delle Acque. Procede quindi ad una approfondita disamina normativa per dimostrare l’assunto richiamando, a sostegno ulteriore della tesi, una certificazione dell’8.10.2008 rilasciata dal Magistrato delle Acque in cui si attesta, appunto, che il Canale di (OMISSIS) è sottoposto alla giurisdizione del predetto ufficio, non essendo intervenuto alcun verbale di consegna all’amministrazione comunale di Venezia, precisandosi altresì in detta certificazione che la navigazione è regolata dall’ordinanza n. 93/2007 e successive modifiche ed integrazioni.

Ebbene, la premessa da cui parte la società ricorrente è corretta, perchè non vi è dubbio, già sulla base della citata certificazione, che il Canale di (OMISSIS) trovasi compreso nella giurisdizione del Magistrato delle Acque e che la navigazione all’interno del canale è regolata dall’ordinanza n. 93/2007 del Presidente del Magistrato delle Acque (Ufficio peraltro soppresso dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 18, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114).

Non è invece condivisibile la conclusione a cui perviene la ricorrente (potestà esclusiva del Magistrato delle Acque in materia di sanzioni amministrative per violazioni accertate all’interno di canali rientranti della sua giurisdizione). La predetta ordinanza 93/2007 si limita infatti alla regolamentazione della sicurezza della navigazione all’interno dei suddetti canali, con particolare riferimento alla velocità delle imbarcazioni, agli ormeggi e al transito nelle zone di bassi fondali mentre sulla materia delle autorizzazioni all’esercizio del trasporto pubblico non di linea l’ordinanza nulla prevede (nè poteva prevedere, trattandosi di materia delegata dalla Regione al Comune a norma della L.R. n. 63 del 1993, art. 2).

Logico corollario è che l’esercizio del trasporto non di linea resta regolamentato dal Comune di Venezia, competente per legge (L.R. n. 63 del 1993) al rilascio delle necessarie autorizzazioni.

Del contenuto dei documenti richiamati nella certificazione del Magistrato delle Acque (v. pagg. 38 e 39 ricorso) non vi è traccia e dunque la censura si rivela sotto tale profilo anche priva di specificità.

Peraltro, come pure sottolineato dalla Corte d’Appello, l’art. 6 del Regolamento per il Coordinamento della Navigazione Locale nella Laguna Veneta stabilisce che “I servizi di trasporto pubblico, di linea e non di linea, di persone o di cose, effettuati esclusivamente all’interno della laguna veneta e lungo le vie d’acqua interne ad essa afferenti, inclusi i canali marittimi e portuali, sono soggetti a concessione, licenza o autorizzazione e sono regolati dalle norme regionali del trasporto pubblico locale e da quelle relative alla navigazione interna”. In tale ampia previsione rientrano anche i canali navigabili della laguna veneta di competenza del Magistrato delle Acque (v. art. 4 reg. cit. ove è contenuta la definizione e classificazione delle acque e dei canali navigabili).

Di conseguenza, l’applicazione delle sanzioni amministrative per le relative violazioni commesse nelle aree comunque incluse nel territorio comunale (come nel caso del Canale di (OMISSIS), fatto assolutamente pacifico e certificato, come pure evidenziato nella sentenza impugnata) spetta al Comune di Venezia. La L.R. 28 gennaio 1977, n. 10 (Disciplina e delega delle funzioni inerenti all’applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale) all’art. 1 stabilisce infatti che “a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, le funzioni inerenti l’applicazione delle sanzioni amministrative in tutte le materie di competenza regionale, trasferite o delegate, ivi comprese quelle previste dalla Legge Statale 28 luglio 1971, n. 558, sono delegate o subdelegate, salvo il disposto del comma successivo, ai Comuni nel cui territorio sono accertate le trasgressioni”.

Pertanto, nel caso che ci occupa, del tutto legittimamente il Comune di Venezia ha emesso l’ordinanza ingiunzione contro la società ricorrente per l’esercizio di servizio pubblico non di linea in assenza della prescritta autorizzazione (fatto, peraltro non negato dal contravventore, come già detto sopra, nella trattazione del primo motivo).

Solo per completezza è il caso di aggiungere che, come pure rilevato nella sentenza impugnata, secondo un principio di diritto già affermato da questa Corte, sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali. Non è configurabile, quindi, che su una porzione del territorio inteso in senso lato su cui si esercita la sovranità dello Stato” non convivano i poteri delle autorità regionali e locali (v. Sez. 5, Sentenza n. 13794 del 27/06/2005 Rv. 582282).

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente non era affatto precluso al Comune di Venezia di vigilare all’interno del proprio territorio nelle materie di sua competenza a prescindere dalla concorrente potestà di altri Organi dello Stato.

4 Col quarto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 156 c.p.c.. Riproponendo la questione della differenza tra verbale di accertamento e verbale di sequestro circa l’ora dell’infrazione dell’orario dell’accertamento della violazione (ore 9,20 nel primo e ore 9,00 nel secondo) la società ricorrente, dall’analisi dei due verbali desume la illegittima redazione del verbale di sequestro prima di quello dell’accertamento e censura la Corte d’Appello per non avere dato il giusto peso alla critica svolta nella sede di merito.

Il motivo è infondato.

Dalla sentenza impugnata risulta che il giorno 28.5.2007 l’imbarcazione “(OMISSIS)” venne intercettata nel Canale di (OMISSIS) mentre effettuava un trasporto di 19 passeggeri senza il possesso della autorizzazione comunale. Sempre dalla sentenza impugnata risulta che il fatto, unitamente all’indicazione delle norme violate, venne riportato nell’ordinanza ingiunzione.

A questo punto, non si comprende perchè mai dovrebbe annullarsi l’ordinanza ingiunzione per un mero problema di trascrizione di orari, un mero formalismo, quando invece è assolutamente pacifico il fatto storico e cioè che l’imbarcazione il 28.5.2007 venne fermata da un’unità navale dei Carabinieri mentre effettuava il servizio di trasporto passeggeri senza la prescritta autorizzazione (v. tra l’altro lo stesso ricorso a pagg. 17 e 18 che riporta l’istanza di dissequestro presentata il 14.6.2007 dal legale rappresentante della società ove non si negava assolutamente il fatto contestato, ma si adduceva unicamente l’estraneità, trattandosi di iniziativa dei propri dipendenti difforme dalle istruzioni ricevute). La dedotta violazione di legge pertanto non sussiste. In ogni caso, la Corte d’Appello, del tutto logicamente ha riscontrato che “nel verbale di accertamento viene indicato come orario dell’accertamento le ore 9,00 mentre l’indicazione delle 9,20 corrisponde all’ora in cui fu redatto 11 verbale” escludendo quindi la contraddizione segnalata dall’appellante società (v. sentenza impugnata, ultima pagina).

5. Con il quinto motivo la ricorrente denunzia difetto di motivazione. Rimproverando ai giudici della Corte d’Appello di avere ritenuto che nell’ordinanza ingiunzione non fosse necessaria una specifica risposta a tutte le singole eccezioni sollevate dal soggetto trasgressore nelle note difensive nella fase amministrativa della L. n. 689 del 1981, ex artt. 18 e 19, a condizione che fosse sussistente almeno una motivazione per relationem. Si sofferma sui requisiti che deve possedere una tale motivazione e trascrive integralmente il contenuto dell’ordinanza ingiunzione.

La censura segue la sorte di tutte le altre.

Le sezioni unite hanno affermato che in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto (v. Sez. U, Sentenza n. 1786 del 28/01/2010Rv. 611243; v. anche Sez. 1, Sentenza n. 17799 del 07/08/2014 Rv. 632167 non massimata).

Non era dunque affatto necessario che l’ordinanza-ingiunzione analizzasse una per una le deduzioni dell’interessato e pertanto nessuna censura merita la sentenza della Corte di Venezia laddove ha escluso la necessità di una esplicita e puntuale confutazione delle osservazioni presentate dall’interessato nel procedimento, richiamando anche una pronuncia del Consiglio di Stato.

La censura pertanto ancora una volta non coglie nel segno e – contravvenendo all’onere di specificità (art. 366 c.p.c.) – non indica neppure il contenuto delle note difensive che i giudici di merito avrebbero dovuto esaminare e non hanno esaminato, cosicchè la Corte di Cassazione non è assolutamente in grado di valutare la decisività delle note difensive che si assumono trascurate dall’autorità amministrativa prima e dai giudici di merito poi.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente alle spese secondo la regola della soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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