Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1785 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 26/01/2011), n.1785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8758/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/01/2006 R.G.N. 6411/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 4-5/7/2002 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da D.M. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto ai contrattili lavoro stipulati tra le parti (dal 13- 10-1997 al 31-1-1998 e dal 21-12-1998 al 30-1-1999, per “esigenze eccezionali” ex art. 8 c.c.n.l. 1994 e acc. az. 25-9-97) e, per l’effetto, dichiarava che tra le parti stesse si era instaurato un rapporto a tempo indeterminato a decorrere dal 13-10-1997 e condannava la società convenuta a ripristinare il detto rapporto di lavoro e a corrispondere alla D. la retribuzione globale di fatto dalla messa in mora in data 5-1-2001 fino all’effettivo ripristino.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

La D. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 9-1-2006, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato stipulato il 15-12- 98 e, per l’effetto, dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 21-12-98 “ancora in atto”.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con un unico motivo.

La D. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1362 e ss. c.c., art. 425 c.p.c. e vizio di motivazione, censura la impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto la nullità del termine apposto al contratto 21-12-1998/30-1-1999, concluso per “esigenze eccezionali” oltre il limite temporale del 30-4-1998 fissato dalle parti collettive con gli accordi attuativi dell’acc. az. 25-9-1997.

In particolare la società sostiene la natura meramente ricognitiva degli accordi stessi culminati in quello del 18-1-2001 e lamenta la scarsa considerazione delle informazioni sindacali assunte al riguardo. Il motivo è infondato.

Osserva il Collegio che la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo alla considerazione che il contratto in esame è stato stipulato, per esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data successiva al 30 aprile 1998, “in difetto di contrattazione autrorizzatoria”.

Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al c.c.n.l. del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) – è sufficiente a sostenere l’impugnata decisione, in relazione alla nullità del termine apposto al contratto de quo.

Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v, anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v.

fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 ” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 28-1-2008 n. 28450; Cass. 4-8-2008 n. 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.)-.

In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr.. Cass. 29-7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n. 6703), va quindi confermata la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de quo.

In tal senso, quindi, va respinto il ricorso, non essendo stata, peraltro, avanzata alcuna altra censura, che riguardi in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine.

Al riguardo, osserva il Collegio che, con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la società ricorrente, invoca, in via subordinata, l’applicazione dello ius superveniem, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.

La richiesta della società è contrastata, sotto vari profili, dalla difesa dell’intimata.

Orbene, a prescindere dall’esame delle obiezioni da quest’ultima svolte in ordine alla problematica relativa alla possibilità di ricomprendere tra i giudizi pendenti cui il comma 7 della citata norma applica i precedenti commi 5 e 6 anche il giudizio di cassazione, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070).

Tale condizione non sussiste nella fattispecie.

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore della D..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla D. le spese liquidate in Euro 47,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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