Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1785 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. III, 20/01/2022, (ud. 05/10/2021, dep. 20/01/2022), n.1785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36766/2018 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliata in Roma Via Sistina 48,

presso lo studio dell’avvocato FRANCA LIANI, rappresentata e difende

dall’avvocato SEBASTIANO PAPOTTO;

– ricorrente –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del

procuratore Dott. B.A., elettivamente domiciliata in

Roma Viale Delle Milizie, 38, presso lo studio dell’avvocato

PIERFILIPPO COLETTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AST AUTOLINEE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 425/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 9/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

5/10/2021 da Dott. SCRIMA ANTONIETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2004 G.G. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Patti, Sezione distaccata di Sant’Agata Militello, l’A.S.T. Azienda Siciliana Trasporti S.p.a. (di seguito indicata anche come A.S.T. per brevità) e la Società Cattolica di Assicurazioni coop. a r.l. per sentirle condannare al risarcimento dei danni subiti per una caduta riportata il (OMISSIS) mentre scendeva da un pullman della convenuta azienda di autolinee.

Si costituì la compagnia assicuratrice contestando la fondatezza della domanda mentre rimase contumace l’altra convenuta.

Con sentenza n. 73/11, depositata il 15 marzo 2011, il Giudice adito rigettò le domande della G. e la condannò a rimborsare le spese di lite alla società assicuratrice.

Quel Giudice osservò che, in base alle risultanze dell’istruttoria espletata, il conducente del pullman, sul quale viaggiava la G., aveva arrestato il movimento del veicolo per consentire all’attrice di scendere alla fermata prenotata e quindi aperto le porte di uscita e ritenne che nessuna altra misura avrebbe dovuto adottare l’autista al riguardo, essendo invece esigibile dalla donna almeno un minimo di diligenza, prudenza e senso di responsabilità nella salvaguardia della propria incolumità all’atto di lasciare il mezzo.

Avverso tale decisione G.G. propose appello deducendo che il primo giudice aveva errato nel valutare gli esiti della prova testimoniale, non avendo tenuto conto che il M., conducente del pullman e dipendente della società di trasporto, era soggetto palesemente inattendibile e che invece la teste C. aveva convalidato l’assunto che l’attrice fosse caduta rovinosamente dagli scalini del mezzo “immediatamente dopo la fermata dell’autobus brusca e a sussulti e non sicuramente perfetta”.

L’appellante chiese, pertanto, che fosse affermata la responsabilità del vettore con la condanna in solido della A.S.T. e della sua assicuratrice al pagamento della somma di Euro 48.706,97, previo espletamento di c.t.u. medico legale per la verifica dei danni patiti.

Si costituì la Società Cattolica di Assicurazione coop. a r.l. chiedendo il rigetto dell’appello con vittoria di spese.

A.S.T. S.p.a. rimase contumace anche in secondo grado

La Corte d’appello di Messina, con sentenza n. 425/2018, pubblicata il 9 maggio 2018, rigettò il gravame proposto dalla G. e condannò l’appellante alle spese in favore dell’appellata.

Avverso la sentenza della Corte di merito G.G. ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi e illustrato da memoria.

La Società Cattolica di Assicurazione S.p.a., già Società Cattolica di Assicurazione coop, a r.l. ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria.

L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 13 marzo 2006, n. 150 (G.U. 13/04/2006 n. 87) art. 164 – attuazione direttiva 2003/20/CE; Carta dei servizi AST Regole di viaggio art. 6; dell’art. 1176 c.c., commi 1 e 2; e dell’art. 1218 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti)”.

Con tale mezzo la ricorrente sostiene che erroneamente la Corte di merito avrebbe rigettato la domanda, ritenendo raggiunta la prova escludente la responsabilità del vettore e che il conducente aveva posto in essere tutte le misure idonee ad evitare il danno.

Nel caso in esame, posto che la Corte di merito avrebbe riconosciuto provato il nesso eziologico tra la caduta e l’attività di trasporto (discesa dal pullman alla fermata), ad avviso della ricorrente, quella medesima Corte avrebbe omesso però di esaminare un fatto decisivo dichiarato dallo stesso autista, M.C., in sede di escussione testimoniale nonché quando era stato sentito dagli ispettori di polizia municipale, come risultava dal relativo verbale, e cioè che la G., prima di scendere dall’autobus, si era fermata a parlare qualche minuto con l’autista ed aveva preso poi tre borse e un bidoncino e, mentre scendeva il primo gradino, era caduta sul fianco destro procurandosi delle ferite in dipendenza della frattura delle bottiglie contenute nel bagaglio portato dalla stessa G..

Secondo la ricorrente, il conducente avrebbe violato la direttiva Europea 2003/20/CE, alla quale lo Stato italiano ha dato attuazione con il D.Lgs. 13 marzo 2006, n. 150, secondo cui “ogni passeggero può portare con sé non più di un bagaglio a mano di dimensione inferiore a cm. 30x1x10 che dovrà obbligatoriamente essere sistemato nelle apposite cappelliere portabagagli; i bagagli trasportati non devono contenere materie ed oggetti pericolosi, infiammabili, esplosivi, munizioni, razzi, liquidi combustibili, vernici, diluenti, sostanze maleodoranti che possano in qualche modo creare problemi ai conducenti o ad altri passeggeri”.

Il medesimo conducente avrebbe, altresì, violato la carta dei servizi dell’A.S.T. che, all’art. 6, prevede che: “ciascun viaggiatore avrà diritto di portare con sé gratuitamente un solo bagaglio di dimensioni non superiori a cm. 50x30x25 e di peso non superiore a Kg. 10… i bagagli trasportati non devono contenere materie di oggetti pericolosi, infiammabili, esplosivi e maleodoranti che possono in qualche modo creare problemi ai passeggeri”. Sostiene la ricorrente che, quindi, il conducente dell’autobus non avrebbe impedito che la G. portasse con sé a mano all’interno dell’autobus tre buste contenenti diverse bottiglie di vetro e, quindi, pericolose per sé e per gli altri passeggeri nonché un bidone pieno di olio, anch’esso vietato e pericoloso, mentre quel conducente avrebbe potuto rifiutare il trasporto della ricorrente al momento in cui la stessa si era presentata alla partenza con i suoi voluminosi e pericolosi bagagli e, se avesse usato la diligenza del buon padre di famiglia, avrebbe dovuto assistere la passeggera nella fase di discesa dell’autobus. Il conducente neppure avrebbe considerato che la ricorrente non poteva aggrapparsi ad alcun sostegno mentre scendeva dal veicolo avendo le mani completamente impegnate a tenere i bagagli pericolosi.

1.1. La prima doglianza posta con il mezzo all’esame e con cui si lamenta la violazione della regola probatoria di cui all’art. 1681 c.c., è infondata.

Ed invero, precisato che la Corte territoriale ha solo ritenuto provata “la caduta della G., avvenuta in una fase (discesa dal pullman alla fermata) sicuramente compresa nell’attività di trasporto” ma non ha ritenuto provato il nesso di causa tra la caduta e una condotta addebitabile al conducente del veicolo e, quindi, alla società di trasporto, va osservato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che va ribadito in questa sede, “In tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054 c.c., a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l’attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui il sinistro venga attribuito al fatto del viaggiatore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva respinto la domanda risarcitoria della trasportata, escludendo che fosse caduta, mentre scendeva dall’auto, a causa dell’improvvisa ripartenza del veicolo, in difetto di prova su tale circostanza)” (Cass., ord., 13/01/2021, n. 414; Cass., 23/02/2009, n. 4343).

Nel resto il motivo deduce censure inammissibili in quanto, con le stesse, si introducono questioni non solo di fatto ma anche di diritto, che si risolvono in un inammissibile mutamento della domanda, originariamente basata soltanto sulla deduzione che la caduta di cui si discute in causa era stata determinata da un improvviso movimento dell’autobus, come rappresentato dalla stessa ricorrente a p. 2 del ricorso, laddove riporta l’esposizione del fatto.

Peraltro, nel motivo in scrutinio, la ricorrente omette di precisare se, quando ed in quali esatti termini della questione così come ora proposta e con particolare riferimento alla pretesa violazione della richiamata direttiva Europea sia stato investito il Giudice del merito mentre del fatto di cui si lamenta l’omesso esame da parte del Giudice di merito (precisato a p. 6 -7 del ricorso) risulta aver tenuto conto quel Giudice (v. sentenza impugnata p. 6).

Va evidenziato infatti che l’eventuale vizio del ricorso per cassazione non può essere sanato – come avvenuto nella specie – da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c., comma 2, la cui funzione – al pari della memoria prevista dall’art. 378 c.p.c., sussistendo identità di ratio – è di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass., ord., 28/11/2018, n. 30760).

Si evidenzia altresì che, pur se i fatti di cui si lamenta l’omesso esame sono indicati nella sentenza impugnata, risulta evidente che con riferimento agli stessi viene posta solo in questa sede di legittimità una questione che non ha formato oggetto del thema decidendum dibattuto in appello, da quanto risulta dalla sentenza impugnata, e ciò costituisce un inammissibile mutamento delle caratteristiche del fatto posto a fondamento della domanda.

Questa Corte ha già avuto, infatti, modo di affermare che esorbita dai limiti di una consentita emendatio libelli il mutamento della causa petendi che consista in una vera e propria modifica dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo perché fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella precedente (Cass. 12/12/2018, n. 32146; vedi anche, sia pure con riferimento a questioni poste nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, Cass., ord., 26/02/2019, n. 5503).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 13 marzo 2006, n. 150 (G.U. 13/04/2006 n. 87) art. 164 – Attuazione direttiva 2003/20/CE; Carta dei servizi AST-Regole di viaggio art. 6; art. 1176 c.c., commi 1 e 2; e dell’art. 1218 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 (violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto)”.

Sostiene la G. che la Corte territoriale avrebbe palesemente violato e/o falsamente applicato al caso di specie l’art. 1681 c.c., che pone a carico del vettore una presunzione di responsabilità per i danni subiti dal viaggiatore, ed asserisce che grava sul danneggiato la dimostrazione del nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l’attività del vettore in esecuzione del contratto di trasporto mentre il vettore sarebbe onerato della prova liberatoria della mancanza di colpa.

Ad avviso della ricorrente, nel caso all’esame, invece, la Corte territoriale avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo risultante dalle dichiarazioni rese dello stesso conducente in sede di audizione testimoniale nonché all’ispettore di polizia municipale di Floresta e riportate nel verbale del (OMISSIS) redatto da tale ispettore, ossia che il medesimo conducente avrebbe violato palesemente la direttiva Europea e la carta dei servizi dell’Azienda Siciliana Trasporti già ricordate.

Secondo la ricorrente, se il conducente avesse rispettato le norme e il regolamento menzionati ed avesse usato la diligenza del buon padre di famiglia nonché il buon senso, il sinistro non si sarebbe verificato appunto.

2.1. Le censure proposte nella prima parte del mezzo sono inammissibili, perché non si correlano alla motivazione della sentenza impugnata, che ha ritenuto, come già evidenziato in relazione al primo motivo, non provato il nesso di causa tra la caduta e una condotta addebitabile al conducente del veicolo e, quindi, alla società di trasporto.

Quanto alle ulteriori doglianze dedotte con il mezzo all’esame non può che ribadirsi quanto già rilevato in relazione alla seconda parte del primo motivo.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimata, non avendo la stessa svolto attività difensiva in questa sede.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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