Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17849 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/07/2017, (ud. 04/04/2017, dep.19/07/2017),  n. 17849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO MAURO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24906 – 2015 R.G. proposto da:

R.G., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in

Roma, alla piazza Augusto Imperatore, n. 22, presso lo studio

dell’avvocato Guido Pottino che congiuntamente e disgiuntamente

all’avvocato professor Massimo Franzoni lo rappresenta e difende in

virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.F., – c.f. (OMISSIS) – F.A. – c.f. (OMISSIS)

– FE.AL. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliati

in Roma, alla via Pompeo Magno, n. 1, presso lo studio dell’avvocato

Ilaria Tolomei che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato

Giuseppe Fabrizio Zito rappresenta e difende, la prima, in virtù di

procura speciale per notar R. di (OMISSIS), il secondo, in virtù

di procura speciale per notar B. di (OMISSIS), la terza, in

virtù di procura speciale autenticata presso l’ambasciata italiana

nel Principato di Monaco in data (OMISSIS).

– controricorrenti –

Avverso la sentenza n. 1993 del 9/22.9.2014 della corte d’appello di

Bologna;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2017

dal consigliere dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

L’avvocato R.G. conveniva innanzi al tribunale di Ravenna F.F., Fe.Al. ed F.A..

Deduceva che aveva svolto su incarico e per conto dei convenuti attività professionale in due giudizi risarcitori, del valore complessivamente di Lire 2.105.000.000.000 e di 200.000.000, dagli stessi convenuti intrapresi dinanzi al medesimo tribunale di Ravenna ed iscritti al n. 3743/1993 R.G. ed al n. 4344/1993 R.G.; che le sue spettanze era rimaste insolute.

Chiedeva la condanna delle controparti al pagamento del compenso.

Si costituivano F., Al. ed F.A..

Con sentenza n. 1003/2007 il giudice adito accoglieva in minima parte la domanda ed, alla stregua delle tariffe vigenti nell’anno 2001 e con riferimento allo scaglione relativo alle cause di valore indeterminato elevato, liquidava in favore dell’avvocato R.G. gli importi di Euro 17.280,00 per onorari, di Euro 5.212,00 per diritti, di Euro 632,04 per spese, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge, importi da cui detrarre l’acconto di Euro 15.442,06 già versato dai committenti.

Interponeva appello l’avvocato R.G..

Resistevano F., Al. ed F.A..

Con sentenza n. 1993 dei 9/22.9.2014 la corte d’appello di Bologna rigettava il gravame, confermava la sentenza impugnata e condannava l’appellante alle spese del grado.

Reputava la corte di merito che ai fini della liquidazione degli onorari occorreva prescindere dall’importo oggetto della domanda, giacchè siffatto parametro si palesava del tutto inadeguato rispetto al valore effettivo della controversia.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avvocato R.G.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese.

F., Al. ed F.A. hanno depositato controricorso; hanno chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.M. n. 585 del 1994, art. 6.

Deduce che, contrariamente all’assunto della corte distrettuale ed in ossequio al constante indirizzo giurisprudenziale, occorreva tener conto del valore della controversia quale risultante dal valore indicato nella domanda giusta i criteri indicati dal codice di rito.

Il motivo di ricorso è destituito di fondamento.

Si rappresenta previamente che alla memoria in data 28.3.2017 è allegato certificato di morte in cui si dà atto che il ricorrente è deceduto l'(OMISSIS).

Il sopravvenuto decesso dell’avvocato R.G. tuttavia non è idoneo a produrre l’interruzione del presente giudizio.

E’ sufficiente ribadire l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte secondo cui nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 c.p.c. e segg., onde, una volta instauratosi il giudizio (nel caso di specie il ricorso a questa Corte è stato notificato il 16.10.2015), il decesso di uno dei ricorrenti, comunicato dal suo difensore, non produce l’interruzione del giudizio (cfr. Cass. sez. un. 21.6.2007, n. 14385).

Si rappresenta altresì che l’art. 6, comma 2, della tariffa forense allegata al D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, secondo cui, in sede di liquidazione degli onorari professionali a carico del cliente, “può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile”, comporta l’applicazione di tutte le regole processuali, ivi comprese quelle di cui agli artt. 10 e 14 c.p.c. per la determinazione del valore delle cause relative a somme di denaro o a beni mobili, attribuendo al giudice, qualora venga ravvisata una manifesta sproporzione tra il “petitum” della domanda e l’effettivo valore della controversia, un generale potere discrezionale di adeguare la misura dell’onorario all’effettiva importanza della prestazione (cfr. Cass. 8.2.2012, n. 1805; cfr. Cass. 30.9.2015, n. 19520, secondo cui, in tema liquidazione degli onorari a carico del cliente ed in favore dell’avvocato per l’opera prestata in un giudizio relativo ad azione revocatoria, il valore della causa – laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile – si determina, D.M. n. 127 del 2004, ex art. 6, comma 2, non già sulla base del credito a tutela del quale si è agito in via revocatoria, bensì del valore effettivo della controversia).

Su tale scorta ed in rapporto, appunto, al generale potere discrezionale di conformare il quantum dell’onorario alla reale valenza della prestazione, la decisione della corte territoriale risulta ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congrua ed esaustiva sul piano logico – formale.

La corte bolognese ha debitamente evidenziato che i giudizi risarcitori iscritti al n. 3743/1993 R.G. ed al n. 4344/1993 R.G. si erano chiusi anticipatamente per estinzione ai sensi dell’art. 306 c.p.c.; che gli appellati avevano dedotto che le richieste risarcitorie erano state formulate per un “importo volutamente elevato a fini meramente cautelativi” (così sentenza d’appello, pag. 9) in strumentale collegamento con vicende penali; che nè in primo grado nè in sede di gravame l’appellante aveva contestato, “anche solo formalmente, gli assunti di controparte” (così sentenza d’appello, pag. 10).

Si badi che tal ultima affermazione della corte d’appello non è stata, a sua volta, specificamente censurata in questa sede dal ricorrente.

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

Si dà atto che il ricorso è datato 9.10.2015.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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