Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17848 del 31/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 31/08/2011), n.17848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ANSA – AGENZIA NAZIONALE STAMPA ASSOCIATA SOC. COOP., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MORRICO ENZO, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TERENZIO 7,

presso lo STUDIO TITOMANLIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

ABBAMONTE ORAZIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4526/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/07/2008 R.G.N. 58/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato GIANNI’ GAETANO per delega MORRICO ENZO;

UDITO L’Avvocato COMO’ SERGIO per delega SERGIO ABBAMONTE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 2.7.2008, accoglieva il gravame proposto da D.M. e, in riforma dell’impugnata decisione, annullava la sanzione disciplinare dell’ammonizione scritta intimata il 26.6.2003, irrogata all’appellante dall’ANSA all’esito di procedimento disciplinare riguardante incongruenze in certificazioni mediche presentate dal lavoratore e lo svolgimento di incarichi senza l’autorizzazione prevista dall’art. 8 CCNLG. Rilevava la Corte territoriale che la prima delle condotte contestate assumeva rilevanza disciplinare, ma che la seconda doveva ritenersi insussistente, atteso che la norma di cui all’art. 8 CCNLG, interpretata secondo l’art. 1362 c.c. e segg., – che vietava al giornalista di contrarre più di un rapporto di lavoro regolato dall’art. 1 (rapporto a tempo pieno) – si riferiva chiaramente ad altri eventuali rapporti giornalistici, come desumibile anche dall’ultimo comma dello stesso articolo. Osservava che l’attività di ricercatore universitario non era incompatibile con quella giornalistica e che, comunque, la stessa non era materia di autorizzazione del datore lavoro privato, onde l’addebito veniva totalmente a cadere e restava in piedi soltanto quello relativo ai certificati medici inviati in relazione alla partecipazione del D. alla commissione di concorso presso la Sapienza di (OMISSIS).

Trattandosi di una sola violazione, anche accedendo al concetto di recidiva come mera reiterazione della condotta, non sussisteva la fattispecie prevista dal CCNLG art. 50, perchè la condotta disciplinarmente rilevante era una sola.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’ANSA, affidando l’impugnazione a tre motivi.

Resiste il D. con controricorso. L’ANSA ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’ANSA deduce la violazione e/o falsa applicazione degli arti 2106, 2104 e 1375 c.c., nonchè della L. n. 300 del 1970, art. 7 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che la prima delle condotte contestate, ritenuta sussistente da entrambi i giudici del merito, era costituita da comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’impresa, per cui non era necessaria la specifica inclusione nel codice disciplinare, con la conseguenza che la stessa era sanzionabile disciplinarmente al di là delle previsioni collettive; pone quesito di diritto domandando se è vero che, al fine di sanzionare disciplinarmente con rimprovero scritto un comportamento quale quello posto in essere dal D. (assentatosi dal lavoro per quattro giorni al fine, sottaciuto, di dedicarsi alla propria concorrente attività lavorativa, adducendo la necessità, inveritiera, di sottoporsi ad accertamenti medici) non è necessaria la sua specifica inclusione nel codice disciplinare ex art. 7 dello Statuto dei lavoratori (il quale prevede, nella specie, che il richiamo scritto possa applicarsi per recidiva, ovvero per mancata comunicazione dell’assenza), trattandosi di comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’azienda e, comunque, contrastante con i valori e principi fondamentali del vivere civile e generalmente accettati, rispetto al quale il potere disciplinare datoriale trova fondamento direttamente nella legge (artt. 1375, 2104, 2105, 2106, 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 3).

Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 8 comma 2 ccnl nazionale di L G., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, evidenziando come la rubrica della norma e la previsione del secondo comma dell’art. 8 ccnlg inducano a ritenere che il termine “incarico” possa essere riferito anche ad attività diversa da quella giornalistica.

La Corte d’appello – secondo la ricorrente – avrebbe dovuto ritenere la sanzionabilità del contegno del D. in violazione dell’art. 8, in quanto la previa autorizzazione del direttore, d’accordo con l’editore, è richiesta al giornalista con obbligo di esclusiva anche per l’assunzione di incarichi di natura non giornalistica. All’esito della parte argomentativa formula quesito di diritto, domandando se è vero che il limite previsto dall’art. 8, comma 2, ccnlg deve essere interpretato, alla luce, tanto del dato letterale, che della ratio complessiva della disposizione, nonchè del criterio di interpretazione complessiva delle clausole, nel senso che l’autorizzazione è necessaria anche per l’assunzione di incarichi che esulino dall’attività giornalistica.

Infine, lamenta, con il terzo motivo, la violazione dell’art. 50, n. 2 ccnlg, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sostenendo, in ordine al concetto di recidiva previsto dalla norma, che il contratto non faccia riferimento alla “recidiva” in senso tecnico, giusta applicazione dell’art. 99 c.p., ma che questa abbia una valenza atecnica e formula quesito con il quale chiede affermarsi che in forza di quanto previsto da art. 50, comma 2 del ccnlg, il termine debba essere riferito alla mera reiterazione materiale di una condotta disciplinarmente rilevante, sia stata o meno quest’ultima concretamente sanzionata dal datore in forza di un previo provvedimento disciplinare.

Il secondo ed il terzo motivo devono dichiararsi improcedibili, a causa del mancato deposito dei CCNL in forma integrale, avendo la ricorrente depositato solo stralci della normativa contrattuale di riferimento.

La giurisprudenza maggioritaria di questa Corte (Cass. sez. lav., 11.2.2008 n. 6432, Cass. sez. lav., 5.2.2009 n. 2855, Cass. sez. lav., 2.7.2009 n. 15495) si è, invero, orientata nel senso che è necessario il deposito del testo integrale del contratto, in forza del dettato letterale dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), il quale prevede che gli atti processuali, i documenti e i contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda devono essere depositati insieme al ricorso a pena di improcedibilità, norma che non sembra prevedere deroghe, consentendo il deposito solo di stralci del contratto collettivo da interpretare. Sono stati considerati i rilievi già svolti sul punto nei giudizi ex art. 420 bis c.p.c. ritenendosi che essi possano valere anche quando non si tratta di quella speciale procedura, ma del normale ricorso per cassazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in cui si assume che la sentenza impugnata abbia violato o falsamente applicato i contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

Ha ritenuto, invero, questa Corte – richiamando i rilievi già svolti sul punto con riguardo ai giudizi ex art. 420 bis c.p.c. ed alla possibilità per la Corte di ricercare liberamente all’interno del contratto a collettivo, da prodursi integralmente, ciascuna clausola, comunque ritenuta utile all’interpretazione, indipendentemente da fatto che la stessa abbia costituito oggetto dell’esame delle parti e del primo giudice (cfr. Cass 21 settembre 2007 n. 19560 e Cass. 16 luglio 2009 n. 16619). – che alla stessa conclusione si debba pervenire in relazione all’ambito dell’interpretazione che compete alla Corte nel caso in cui venga proposto ordinario ricorso per cassazione ex art.360 c.p.c., n. 3 (cfr. Cass 18 febbraio 2010 n. 3894). E’ stato osservato che il procedimento ex art. 420 bis c.p.c. trova necessario fondamento nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e che nulla autorizza a ritenere che, nell’un caso, l’analisi della contrattazione collettiva debba essere più limitata rispetto a quanto previsto per l’altro, nessuna disposizione diversificando il processo interpretativo da applicare in caso di ricorso normale ed in caso del ricorso per saltum e dovendo ritenersi che la nomofilachia, cui le nuove norme sono finalizzate, sarebbe pregiudicata ove si ritenesse che, nell’un caso, l’interpretazione debba essere astretta alle clausole contrattuali esaminate nei gradi di merito, mentre, nell’altro, la interpretazione si possa svolgere a tutto campo, reperendo nel contratto altre clausole, non esaminate, che però potrebbero risolvere ogni margine di incertezza (cfr. sent n. 3894/2010 cit.).

Questo Collegio ritiene, in mancanza di motivi che inducano a diverse conclusioni, di aderire al principio di diritto suddetto per cui la produzione di meri stralci del contratto collettivo nazionale di lavoro non corrisponde alla prescrizione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (confr. anche Cass. 2 luglio 2009 n. 15495; Cass. 30 dicembre 2009 n. 27876; Cass 19 marzo 2010 n. 6732) e, pertanto, deve affermarsi, in coerenza con tale principio la improcedibilità dei motivi di ricorso (secondo e terzo) con i quali si censura la violazione di norme di contratto prodotti – o meglio richiamati con riferimento alla sede della relativa produzione nelle precedenti fasi di merito – limitatamente alle norme censurate senza che sia stato allegato l’intero contratto.

Quanto al primo motivo, benchè con lo stesso non si censuri apertamente la falsa applicazione o la violazione di norme del medesimo contratto di lavoro giornalistico, sostanzialmente si fa richiamo al contenuto delle previsioni contrattuali collettive, per sostenere la non indispensabilità della inclusione di un comportamento manifestamente contrario agli interessi dell’impresa nel codice disciplinare, che, tuttavia, nella parte argomentativa della decisione del giudice del merito ha assunto una rilevanza decisiva ai fini valutativi del contegno del dipendente, per sostenere che la contestazione disciplinare, per come effettuata dal datore di lavoro, non rispondesse ai contenuti della previsione sanzionatoria di determinate ed individuate condotte poste in essere in violazione di precisi obblighi contrattualmente previsti. A ciò consegue che la produzione del ccnl debba considerarsi rilevante anche in rapporto a tale doglianza e che, pertanto, l’intero ricorso debba essere dichiarato improcedibile per le considerazioni già svolte.

Peraltro, il motivo di ricorso, per come articolato, presuppone che possa prescindersi dalla contestazione formulata e posta a base della sanzione irrogata, che rende, al contrario, palese il giudizio espresso dal datore di lavoro di considerare insufficiente il solo primo addebito a giustificare l’ammonizione scritta, con ciò ponendosi in violazione del principio di immodificabilità della contestazione, consacrata in un atto scritto ed insuscettibile di modificazioni quanto agli elementi di fatto ritenuti di rilevo ai fini disciplinari, anche in funzione delle esigenze difensive del lavoratore.

L’esito della controversia induce, in applicazione della regola della soccombenza, a porre le spese del presente giudizio a carico dell’ANSA, nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2500,00 per onorario, Euro 20,00 per esborsi, oltre spese generali IVA e Cpa.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2011

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