Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17847 del 09/09/2016

Cassazione civile sez. II, 09/09/2016, (ud. 26/04/2016, dep. 09/09/2016), n.17847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott.. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17315/2019 proposto da:

L.F., G.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUCREZIO CARO, 62, presso lo studio dell’avvocato

SEBASTIANO RIBAUDO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALDO ALCANI;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 12220/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 30/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/04/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

udito l’Avvocato RIBAUDO Sebastiano, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

E’ impugnata per revocazione la sentenza n. 12220/2014 della Corte con cui è stato rigettato il ricorso proposto da L.F. e G.M. avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia con cui ai medesimi era stato ordinato di arretrare a distanza legale la porzione di fabbricato costruito in aderenza dell’edificio del Condominio (OMISSIS), con condanna in solido degli stessi odierni ricorrenti al risarcimento del danno causato dall’illegittima costruzione. La Corte di merito aveva nella circostanza qualificato come costruzione completamente nuova, diversa quindi da quella preesistente, l’intervento edilizio posto in atto. La Corte di cassazione ha rilevato che l’ordine dei demolizione è legittimo, non potendo il nuovo corpo di fabbrica essere costruito in violazione delle distanze come previste dal piano regolatore in vigore al tempo del rifacimento dell’edificio, dal momento che anche il nuovo strumento urbanistico parrebbe profilare una disciplina più restrittiva “laddove all’art. 30 n. 1 per la zona A) stabilisce che per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale ed essendo “precisato al successivo art. 31 che le trasformazioni compatibili non possono avvenire con incrementi di densità di zona e fondiaria nè di altezza, ma dovendosi invece osservare la distanza minima legale di 5 metri dal confine imposta per le nuove costruzioni dalle nuove disposizioni urbanistiche (art. 16 – grado 6) del Piano Particolareggiato del Comune di San Pietro”. Nel ricorso per revocazione è lamentata la ritenuta inesistenza dello jus superveniens, consistente nella sopravvenienza di norme dello strumento urbanistico del Comune di Ponte San Pietro che renderebbero legittima la costruzione eseguita dai ricorrenti. La Corte avrebbe trascurato di considerare il nuovo piano di governo del territorio dell’anno 2011 che avrebbe modificato lo strumento urbanistico generale comunale, rendendo inefficace il piano particolareggiato per il centro storico, stralciando dal detto centro storico l’edificio oggetto di causa e quello confinante, “inserendoli in zona del sistema residenziale, in ambito con planivolumetrico definito, nella quale gli interventi sono disciplinati dall’art. 8.6 delle norme tecniche di attuazione”. Secondo i ricorrenti vi sarebbe stata una falsa percezione dei documenti della causa, tanto più che era stata la Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria del 17 giugno 2013, a richiedere al Comune di trasmettere copia dello strumento urbanistico locale, vigente negli anni 1995 – 1996, con cui era regolamentata la distanza tra costruzioni e delle eventuali successive modificazioni intervenute. La causa era stata avviata alla definizione in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 bis c.p.c., da parte del relatore, che ha osservato: “Il ricorso appare inammissibile, perchè il motivo veicolato si pone al di fuori dello statuto dell’errore revocatorio. Con il motivo, infatti, viene prospettato un errore di diritto (sull’applicazione e sull’interpretazione del nuovo piano di governo del territorio), posto che le prescrizioni dei piani regolatori e, in generale, degli strumenti urbanistici che disciplinano le distanze nelle costruzioni sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche”. Disposta la trattazione della causa alla pubblica udienza, il Condominio non ha svolto attività processuale in questa sede. I ricorrenti hanno depositato memoria. Il Collegio rileva non esservi ragione per discostarsi dal principio, ampiamente consolidato presso questa S.C., per cui le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, hanno valore di norme giuridiche (per tutte: Cass. 2 dicembre 2014, n. 25501; Cass. 15 giugno 2010, n. 14446). Non può configurarsi quindi un vizio revocatorio per la falsa percezione del contenuto dei documenti che riproducono strumenti urbanistici, in quanto l’errore che si denunci con riguardo a quel contenuto non ha ad oggetto elementi di fatto, ma elementi normativi: e infatti i documenti in questione non hanno alcuna funzione probatoria, ma rappresentano l’esistenza di norme che il giudice è tenuto a conoscere, tanto che ne è ammessa la produzione in sede di legittimità. Ne segue che l’errore denunciato non può ricondursi all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, stante la mancata costituzione del Condominio (OMISSIS). I ricorrenti sono tenuti per legge al versamento del contributo aggiuntivo contemplato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dell’obbligo, da parte dei ricorrenti, di procedere al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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