Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17846 del 09/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 09/09/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 09/09/2016), n.17846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27863/2011 proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI LEGGE in persona del P.M. Dott.

M.C.;

– ricorrente –

contro

C.I., (OMISSIS), I.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE APRILE, rappresentati e difesi

dall’avvocato MASSIMO FRANCO;

– controricorrenti –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di LECCE emesso nel Proc. N.

929/10, N. 945/10 V.G., Rep. N. 1626/11 e depositato il 22/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce propone ricorso avverso il provvedimento emesso il 22.7.2011 da detto Tribunale, in persona del magistrato delegato dal Presidente, su ricorso presentato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, il 5.3.2010 da C.I. e da I.A., per la liquidazione dell’attività di consulenti del P.M. che questi ultimi hanno svolto nel procedimento penale n. 1327/07 R.G.N.R..

Col provvedimento impugnato il Tribunale ha ritenuto che il P.M. avesse emesso un primo decreto di liquidazione il 24.2.2009, seguito da quello del 16.11.2009 impugnato da C.I. e da I.A.; che il primo decreto non poteva essere revocato; che detto provvedimento, pur non liquidando l’importo dovuto nel suo esatto ammontare, aveva indicato i criteri per la relativa quantificazione; che il decreto del 16.11.2009 doveva essere modificato, applicandosi i criteri del primo provvedimento; e che, pertanto, dovevano liquidarsi in favore dei due consulenti n. 1.000 vacazioni, per un totale di Euro 8.156,53, tariffe medie D.M. n. 182 del 2002, ex art. 2, aumentate del 40%, e così Euro 34.655,92, e spese documentate per Euro 3.483,12, e così in totale Euro 46.295,57.

Resistono con controricorso C.I. e I.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – L’esposizione sommaria dei fatti si desume dai motivi di ricorso, il quale ultimo, pertanto, deve ritenersi ammissibile (la possibilità di ricavare il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, dai motivi d’impugnazione si desume da Cass. S.U. n. 5698/12).

2. – Il primo motivo di ricorso deduce che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che siano stati emessi due provvedimenti di liquidazione del compenso da pane del P.M.. Il primo, sostiene parte ricorrente, in realtà è solo un appunto manoscritto in calce all’istanza dei due consulenti, privo d’ogni requisito formale, senza intestazione dell’ufficio nè indicazione del suo autore, contenente solo indicazioni di massima per la successiva redazione del decreto di liquidazione emesso dal Procuratore aggiunto.

2.1. – Il secondo motivo lamenta che l’ordinanza del Tribunale abbia erroneamente opinato che il primo provvedimento non potesse essere revocato d’ufficio, visto che tale atto non è stato emesso da alcun giudice ma dal magistrato del P.M. procedente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168.

2.2. – Il terzo mezzo lamenta che l’ordinanza impugnata abbia violato anche i criteri riguardanti la validità degli atti, avendo considerato quale valido provvedimento giudiziario un semplice appunto manoscritto.

3. – Tutti e tre i motivi non possono trovare accoglimento, perchè pongono una medesima questione priva di rilievo.

3.1. – L’ordinanza emessa all’esito del procedimento previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168 (nel testo, applicabile ratione temporis, in vigore anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2011) sostituisce il decreto impugnato, ponendosi nel rapporto fra le parti quale solo provvedimento giurisdizionale idoneo a regolare il conflitto insorto sull’an e sul quantum della liquidazione.

Di riflesso, il ricorrente per cassazione che se ne dolga ha l’onere di dimostrare, nei limiti e nel rispetto del catalogo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, che la liquidazione operata sia affetta da un error in iudicando ovvero che l’ordinanza sia stata emessa in virtù di un procedimento viziato da nullità processuale.

4. – Nè l’uno nè l’altro nel caso di specie.

Infatti, posto che nessuna delle censure mira a dimostrare che gli onorari siano stati liquidati in misura superiore ai parametri legali applicabili (siano essi fissi, variabili o a tempo: D.P.R. n. 115 del 2002, art. 49, comma 2), ovvero che la loro quantificazione sia frutto d’omesso, incongruo o illogico apprezzamento di fatti sostanziali (chè l’art. 360 c.p.c., n. 5, solo a questi ultimi si riferisce), va osservato che le doglianze svolte riguardano esclusivamente l’interpretazione dell’iter seguito dall’ufficio del P.M. nel determinare la somma spettante ai due consulenti. Iter il cui esame, però, quale che ne sia la valutazione corretta, non conduce a dimostrare alcun error in procedendo, ove si consideri che il procedimento previsto dall’art. 170, comma 2, D.P.R. cit. si instaura con l’atto d’opposizione e non è dipendente nella sua validità dall’interpretazione del provvedimento contro cui si rivolge, purchè quest’ultimo sia suscettibile d’opposizione. Come pacificamente è nella specie.

5. – Il ricorso va dunque respinto.

6. – Nulla per le spese, poichè l’ufficio del P.M. non può essere condannato al loro pagamento nell’ipotesi di soccombenza, trattandosi di organo propulsore dell’attività giurisdizionale cui sono attribuiti poteri, diversi da quelli svolti dalle parti, meramente processuali ed esercitati per dovere d’ufficio e nell’interesse pubblico (Cass. nn. 19711/10, 3824/10 e 8585/90).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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