Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17843 del 19/07/2017

Cassazione civile, sez. trib., 19/07/2017, (ud. 11/07/2017, dep.19/07/2017),  n. 17843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16396/2012 R.G. proposto da:

Marano s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Falcone,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Antonio Iorio

in Roma al corso Vittorio Emanuele II n. 287, per procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Rende, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Chiarello,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Lecce alla via

Ludovico Ariosto n. 43, per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Calabria n. 98/8/11 depositata il 20 maggio 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 luglio

2017 dal Consigliere Enrico Carbone;

Letta la memoria depositata dalla ricorrente, che insiste per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ATTESO CHE

– In relazione a cartella di pagamento emessa dal Comune di Rende per le annualità TARSU 2003-2005, Marano s.r.l. ricorre per cassazione con cinque motivi avverso il rigetto del suo appello contro la reiezione dell’impugnazione di primo grado.

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7,L. n. 241 del 1990, art. 3 il secondo denuncia vizio logico, per aver il giudice d’appello ritenuto sufficientemente motivata la cartella: i motivi sono inammissibili, poichè il ricorso non trascrive la cartella della cui motivazione trattasi; il ricorso per cassazione avverso la declaratoria di legittimità di una cartella di pagamento è inammissibile per difetto di autosufficienza qualora ometta di trascrivere il contenuto della cartella medesima, in tal modo precludendo al giudice di legittimità le pertinenti verifiche (Cass. 29 luglio 2015, n. 16010, Rv. 636268).

Il terzo motivo di ricorso denuncia omessa pronuncia, il quarto violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, art. 11 reg. com. TARSU, il quinto omessa motivazione, per non aver il giudice d’appello riconosciuto la spettanza dell’esenzione totale per i locali contigui a quelli di produzione, nonostante vi si formassero rifiuti speciali smaltiti in proprio: i motivi sono inammissibili, poichè sollecitano una rivalutazione istruttoria; l’esenzione D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 62, comma 3, vale solo per le aree di formazione ordinaria e prevalente di rifiuti speciali (Cass. 23 luglio 2004, n. 13851, Rv. 574916) ed è onere del contribuente provare la sussistenza dei presupposti di tale esenzione, anche in rapporto all’eventuale coesistenza tra rifiuti speciali e non speciali (Cass. 24 luglio 2014, n. 16858, Rv. 632210); nel caso in esame, il giudice d’appello ha ritenuto insoddisfatto tale onere probatorio, quantomeno circa l’inidoneità dell’area a produrre ordinariamente rifiuti non speciali, il che non tradisce errori di diritto, nè cadute motivazionali, bensì rimanda ad un’insindacabile valutazione di merito.

– Nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, la ricorrente ha dedotto che a) per l’annualità 2007 questa Corte ha accolto il suo ricorso e b) il controricorso del Comune è inammissibile per incertezza sull’identità del conferente la procura a margine: quanto ad a), premesso che per gli anni 2000-2002 il ricorso della società è stato respinto (Cass. 14 maggio 2013, n. 11502), l’accoglimento del ricorso per l’anno 2007 è strettamente correlato alla trascrizione per autosufficienza di una perizia redatta da tal ing. G. (Cass. 15 aprile 2015, n. 7672), perizia della quale il ricorso oggi in esame non fa menzione; quanto a b), l’illeggibilità della sottoscrizione della procura alle liti e la mancata indicazione del nome del Sindaco che l’ha conferita non rendono nulla la procura e inammissibile l’atto, giacchè l’identità della persona che riveste pro tempore la qualità di Sindaco di un determinato Comune è un dato di pubblico dominio, spettando alla controparte l’onere di contestare specificamente che la firma di mandato provenga dal Sindaco in carica (Cass. 3 maggio 2004, n. 8320, Rv. 572529; Cass. 17 luglio 2014, n. 16366, Rv. 632130).

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 11 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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