Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1784 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/01/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 26/01/2011), n.1784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI

131, presso lo studio dell’avvocato SERRA IGNAZIO, rappresentato e

difeso dagli avvocati PILLI ROMANO, FERRADINI GUIDO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 2 5/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1444/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/11/2006 R.G.N. 68/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/11/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

Udito l’Avvocato FERRADINI GUIDO;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega PESSI ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Poste italiane con comunicazione del 25 giugno 2001, ai sensi della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24, iniziò una procedura per il licenziamento collettivo nei confronti di 9.000 lavoratori in eccedenza rispetto alla proprie esigenze tecnico-produttive.

2. In tale comunicazione alle RSU, ai sensi dell’art. 4 su citato, comma 3, venivano indicati: i motivi che determinano la situazione di eccedenza; i motivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure dirette a porre rimedio alla situazione; numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale in eccedenza e del personale abitualmente impiegato; tempi di attuazione del programma di mobilità; misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione del programma.

3. Alla comunicazione erano allegati l’organico dei dipendenti alla data del 1 maggio 2001, distinto per regioni e diverse aree di inquadramento, nonchè le eccedenze, alla medesima data, ripartite per regione e con riferimento alle diverse aree di inquadramento, poi ulteriormente specificate con successive comunicazioni.

4. L’esame congiunto con i sindacati, protrattosi in vari incontri, si è esaurito con esito negativo. In seguito, presso il Ministero del lavoro, tra Poste italiane e sindacati, venne raggiunto un accordo per la definizione della procedura. “Nell’intento comune di ridurre le conseguenze sul piano sociale” derivanti dall’attuazione del piano di riorganizzazione e ristrutturazione, le parti concordarono la risoluzione del rapporto di lavoro del personale che alla data del 31 dicembre 2001 e del 31 dicembre 2002 fosse in possesso dei requisiti per il pensionamento. Poste italiane ha quindi comunicato ai lavoratori in tale condizione la cessazione dal lavoro.

5. Fra costoro vi era il N., il quale impugnò impugnò il licenziamento dinanzi al Tribunale di Siena, che accolse il ricorso e dichiarò illegittimo l’atto di recesso, con le conseguenze di legge.

6. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 26 ottobre 2006, ha invece accolto l’impugnazione di Poste, dichiarando infondata la domanda.

7. Il N. ha proposto ricorso per cassazione. Poste si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato una memoria.

8. I motivi di ricorso sono i seguenti.

9. Primo. Violazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5, nonchè difetto di motivazione. Con il quesito si chiede di stabilire se violi gli articoli su indicati una procedura di licenziamento collettivo avente oggetto l’intero territorio nazionale che non contenga la specificazione della collocazione aziendale, relativamente alle unità produttive alle quali i lavoratori sono addetti, ma fornisca una mera suddivisione del personale da licenziare in magroaccorpamenti a base regionale, senza che vengano indicati gli specifici profili professionali del personale eccedente, limitandosi ad un generico richiamo alle quattro categorie”.

10. Secondo (indicato come quarto). Violazione della L. n. 223 del 1991, art. 5, relativamente al profilo della determinazione del personale da porre in mobilità. Si contesta la scelta di individuare tale personale in funzione del criterio della sussistenza dei requisiti per andare in pensione. Il quesito è: “se costituisca violazione dell’art. 4 e 5 l’utilizzazione del solo criterio della maggiore anzianità contributiva per il ridimensionamento della forza lavoro da licenziare senza considerare il nesso di causalità tra il programma di ristrutturazione aziendale e la posizione aziendale dei singoli lavoratori”.

Il Terzo (indicato come quinto). Violazione degli artt. 4 e 5 cit., in relazione all’art. 13 del trattato dell’Unione europea, così come modificato dal trattato di Amsterdam, dell’art. 21 della carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’art. 3 Cost., nonchè del D.Lgs. n. 216 del 2003 nell’adozione del criterio dell’anzianità contributiva quale canone di identificazione del personale eccendentario. Con il quesito si chiede se violi le indicate l’aver adottato, quale criterio per la determinazione degli esuberi, il solo criterio dell’anzianità contributiva”.

12. Questa Corte ha già analiticamente esaminato i problemi, connessi, posti con i tre motivi su richiamati, in più decisioni ed in particolare, tra le ultime, nella sentenza 12 agosto 2009, n. 18253, che si è occupata di una situazione del tutto sovrapponibile a quella in esame.

13. Si è affermato il seguente principio di diritto: “in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione del personale dalla L. n. 223 del 1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, sottratti al controllo giurisdizionale, cosicchè, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura, che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio di scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione”.

14. La motivazione della sentenza, alla quale si rinvia, spiega perchè, in quel contesto specifico, le indicazioni fornite nella comunicazione del datore di lavoro siano conformi a quanto richiesto dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, e spiega, più in generale, perchè il criterio adottato per la individuazione dei lavoratori da licenziare sia conforme ai principi desumibili dalla L. n. 223 del 1991, artt. 1 e 24 e dall’assetto complessivo dell’ordinamento (schematizzati al paragrafo n. 7).

15. Il criterio della prossimità al trattamento pensionistico è stato, inoltre, ritenuto da questa Corte conforme al principio di non discriminazione in ragione dell’anzianità, anche nella sua dimensione europea, nonchè a criteri di razionalità ed equità (cfr, in particolare, 24 aprile 2007, n. 9866; e 21 settembre 2006, n. 20455, alla cui motivazioni si rinvia).

16. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. L’evoluzione della controversia nei suoi diversi gradi giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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