Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1784 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. III, 20/01/2022, (ud. 07/07/2021, dep. 20/01/2022), n.1784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18310/2018 proposto da:

L. Automobili Spa in persona del Legale Rappresentante

L.P.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Monte Zebio, 32,

presso lo studio dell’avvocato Accardo Fabio, rappresentata e difesa

dall’avvocato Renzo Gianpiero;

– ricorrente –

contro

Broker Net Italia S.r.l. in persona dell’Amministratore Unico e

Legale Rappresentante pro tempore C.E.C., elettivamente

domiciliata in Roma Circonvallazione Clodia 86, Piano 1, Int. 5,

presso lo studio dell’avvocato Martire Roberto, rappresentata e

difesa dall’avvocato Fusi Sabrina;

– controricorrente –

e contro

Euroconsul Srl;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2783/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2021 da Dott. GRAZIOSI CHIARA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Avendo Euroconsul S.r.l. convenuto davanti al Tribunale di Prato L. Automobili S.p.A. per ottenerne la condanna a pagarle la somma di Euro 4632,92, oltre accessori, quali provvigioni per attività di brokeraggio maturate per polizze assicurative scadenti il 31 dicembre 2007 e rinnovate per la tardività della disdetta, ed essendosi costituita controparte resistendo, il Tribunale, con sentenza n. 699/2014, rigettava la domanda attorea, ritenendo non provato il contratto posto a sua base.

Euroconsul proponeva appello, cui resisteva L. Automobili. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza dell’11 dicembre 2017, accoglieva il gravame, condannando l’appellata a pagare all’appellante, nelle more divenuta Broker Net Italia S.r.l., la somma di Euro 4632,92, oltre interessi legali dalla notifica dell’atto di citazione al saldo, e condannandola altresì a rifondere a controparte le spese dei due gradi di giudizio.

L. Automobili ha proposto ricorso, da cui Broker Net Italia si è difesa con controricorso, depositando altresì memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 In primo luogo, per quel che ora si verrà a constatare, occorre verificare la tempestività del controricorso.

Il controricorso risulta essere stato dapprima oggetto di un tentativo di notifica affidata all’ufficiale giudiziario, tentativo risultato il 13 luglio 2018 – ovvero ancora entro il termine di legge, essendo stato notificato il ricorso l’8 giugno 2018 – privo di buon esito per trasferimento dell’avvocato presso cui il ricorrente era domiciliato: la notifica del controricorso, infatti, emerge dagli atti che era stata diretta a L. Automobili S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore nel domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gianpiero Renzo, presso l’avv. Fabio Accardo, e la relata di notifica attesta che non si è raggiunto il perfezionamento “in quanto trasferito altrove l’Avv. Accardo”.

Un’altra notifica del controricorso è stata quindi avviata il 20 luglio 2018 e si è perfezionata il 23 luglio – ovvero oltrepassando i quaranta giorni del termine di cui all’art. 370 c.p.c. -, pervenendo all’effettivo studio dell’avv. Accardo.

1.2 Nella sua memoria, la controricorrente, ben consapevole della criticità temporale, si premunisce di osservare che “l’esito negativo della prima notifica dipende… da causa non imputabile al controricorrente”, essendo stata “effettuata nel domicilio indicato appena un mese prima da L. Automobili S.p.A. nel proprio ricorso (in (OMISSIS) c/o Avv. Fabio Accardo), nel mentre era stato possibile appurare che il suindicato domiciliatario erasi trasferito presso altro recapito da più di due anni”, argomentando poi nel senso che la giurisprudenza insegna che “la riattivazione del procedimento di notificazione effettuata spontaneamente a seguito di una prima notifica nulla produce gli stessi effetti della rinnovazione della notifica concessa dal Giudice entro un termine perentorio: ove conclusa con esito positivo, essa sana la nullità della notificazione con effetti retroattivi”.

Invero, nel suo ricorso L. Automobili S.p.A. si dichiara rappresentata e difesa dall’avv. Gianpiero Renzo “ed elettivamente domiciliata… presso il suo studio in (OMISSIS) (c/o Avv. Fabio Accardo…)”. Dalle relate delle due notifiche sopra ricordate – ovvero della prima che sarebbe stata tempestiva se perfezionatasi, e della seconda perfezionatasi ma tardiva risulta proprio che dapprima l’attuale controricorrente si è mossa in correlazione a quanto dichiarato nel ricorso, cioè ha diretto la notifica del controricorso in (OMISSIS) quale studio dell’avv. Accardo; emerso poi che quest’ultimo da (OMISSIS) aveva trasferito il suo studio “altrove”, come attesta la relata, la controricorrente ha notificato la seconda volta – notifica avviata appunto il 20 luglio 2018 e perfezionata il 23 luglio 2018 -, con esito positivo, presso lo studio del suddetto avvocato in (OMISSIS).

1.3 La giurisprudenza di questa Suprema Corte non disconosce, naturalmente, l’istituto della sanatoria della nullità neppure nel caso in cui nullo sia lo strumento di impulso procedurale rappresentato dalla notificazione dell’atto.

Tuttavia, a proposito della fattispecie in cui si verifica un mancato rispetto del termine di notifica occorrono alcune precisazioni.

E’ noto, infatti, che qualora si tratti di atto relativo a una fase di impugnazione, la sanatoria non può giammai verificarsi se, prima del compimento di quest’ultima, si è già oltrepassato il termine dettato per la notifica di tale atto dal legislatore. Ciò è stato riconosciuto espressamente per l’ipotesi dell’atto impulsivo della impugnazione, fondandolo sulla coincidenza tra la scadenza del termine e l’insorgenza del giudicato (cfr. da ultimo, a proposito della proposizione di appello – ma ciò sine dubio vale anche per il ricorso in cassazione Cass. sez. 3, ord. 5 marzo 2020 n. 6164, che, proprio a proposito di notificazione nulla per un errore relativo allo studio del difensore, riconosce la nullità della notifica “con la conseguenza che il relativo vizio è sanato dalla costituzione in giudizio della parte a cui la notificazione era destinata, a condizione che non sia “medio tempore” passata in giudicato la sentenza impugnata.”; sulla stessa linea v. pure Cass. sez. 1, 5 agosto 2011 n. 17023, che, ancora a proposito di una notifica nulla di un atto d’appello, riconosce la sanatoria solo se medio tempore non si è raggiunto il giudicato per la sentenza impugnata).

1.4 Nel caso in esame, peraltro, essendo la notifica relativa all’atto “di risposta” – qui, appunto, il controricorso -, l’unica decadenza deriverebbe direttamente dal superamento del termine assegnato dal legislatore per la notifica dell’atto. Tuttavia, a ben guardare, il controricorso qui non incorre nella inammissibilità per tale superamento, poiché il generale principio della retta condotta processuale insito come obbligo nella condotta delle parti (cfr. art. 88 c.p.c., radicato nel fondante principio costituzionale del “giusto processo” da intendersi come frutto anche della collaborazione leale dei litigatores all’attività giudiziaria in senso complessivo) non può non incidere, in relazione all’origine della tardività.

Invero, nel ricorso, come sopra si è visto, L. Automobili S.p.A. ha espressamente indicato, quale luogo del suo domicilio, uno studio da tempo non più fruito dall’avv. Accardo, così oggettivamente inducendo la controparte a notificare, confidando nella lealtà della ricorrente, il controricorso nel luogo indicato in modo chiaro e inequivoco nel ricorso stesso.

L’errore della controricorrente, dunque, è derivato in via diretta da una erronea indicazione della ricorrente presente nella enunciazione dei dati identificativi del ricorso (che poi tale indicazione sia stata meramente colposa – una distrazione nel compilare l’incipit dell’atto – o consapevolmente ingannevole, ovviamente, non rileva dal lato della sua destinataria), per cui è ragionevole, per la sopra rimarcata esistenza dei reciproci obblighi di lealtà collaborativa il cui inadempimento non può rimanere privo di effetto, escluderne la ricaduta proprio sulla controricorrente.

Deve pertanto riconoscersi la sussistenza di una fattispecie assimilabile ad una oggettiva e automatica rimessione in termini a favore della parte che ha subito l’erronea indicazione, la quale conduce a qualificare sanata l’introduzione di tale parte nel giudizio impugnatorio in forza dall’immediata iniziativa di nuova notifica del suo atto d’ingresso – il controricorso – assunta dalla medesima parte, la quale con siffatta immediatezza ha d’altronde dimostrato che la fonte dell’errore non è costituita da una sua negligenza.

1.5 Il controricorso, quindi, deve ritenersi tempestivo e pertanto ammissibile, essendosi protratta in questo caso la durata del termine di notifica in forza della regola evincibile a livello codicistico dall’art. 153 c.p.c., comma 2, ma ictu oculi discendente altresì direttamente dalla valenza costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2) ed è parimenti correlato al principio sovranazionale di effettività della tutela giurisdizionale (art. 19 TUE, art. 263 TFUE e art. 6 CEDU).

2. Deve ora procedersi all’esame del ricorso, che è composto di cinque motivi.

2.1 Il primo motivo denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” in ordine a un fatto discusso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ad avviso del ricorrente, il motivo “attiene alle gravi omissioni” presenti nella sentenza impugnata in ordine a questioni di “carattere certamente assorbente e decisivo”.

In primo luogo, il giudice d’appello ha affermato il fatto che “il rapporto di brokeraggio risultasse sempre ancorato alla scadenza annuale di settembre, in quanto solo le scadenze delle polizze assicurative sarebbero state portate dalle parti al 31 dicembre di ogni anno”; ciò sarebbe non solo inverosimile e illogico, ma anche smentito da quanto riconosciuto da controparte nell’atto di citazione. Come infatti già aveva l’attuale ricorrente “adeguatamente evidenziato in tutte le fasi della vicenda processuale”, controparte aveva proposto domanda di pagamento delle provvigioni di brokeraggio maturate sino al 31 dicembre 2007, e non fino al settembre dello stesso anno. Dunque sarebbe stata l’attrice a individuare in modo inequivoco “la conclusione della sua attività di brokeraggio a dicembre 2007 e non, invece, al settembre del 2007 o addirittura al settembre 2008, data quest’ultima a cui l’eventuale disdetta, inefficace al dicembre 2007 secondo i ragionamenti del Giudice di appello, doveva in ipotesi riportarsi come nuova scadenza”.

Inoltre sarebbe stato “indubbio ed anche naturale” concludere l’attività alla scadenza delle polizze, cioè nel dicembre di ogni anno; e non sarebbe stato logico né giuridico “concepire che la scadenza dell’attività di brokeraggio precedesse quelle delle polizze”, essendo la provvigione collegata alla conferma e alla sottoscrizione del prodotto assicurativo. Ne deriva che l’interpretazione del contratto ai sensi dell’art. 1362 c.c., quanto al comportamento delle parti adottata dal giudice d’appello dovrebbe ritenersi “del tutto illogica, anormale e frutto evidente di una viziata, parziale, erronea ed approssimativa valutazione di fatti”.

Ancora, si nota che tale pattuizione su un elemento essenziale del rapporto, evidentemente diverso rispetto al negozio del 2002, “confermerebbe l’assoluta libertà ed autonomia delle parti rispetto al contratto del 2002 e le più estese libertà e possibilità formali e temporali per i contraenti di interrompere il relativo rapporto, sicché la disdetta del contratto posta in essere dalla L. Automobili S.p.A. (ed in qualunque data antecedente essa sia stata posta in essere) apparirebbe perfettamente legittima”.

2.2 Il secondo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto discusso e decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonché “violazione ed erronea applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sarebbe affetta da infondatezza e incoerenza “una delle speciali deduzioni” del giudice d’appello formulate per giustificare la riforma della sentenza di primo grado, cioè la seguente: “inoltre nessun patto nel senso indicato dalla parte convenuta appellata è in atti, mentre sarebbe risultato stato (sic) verosimile che per stipulare un nuovo contratto si fosse utilizzata la stessa forma scritta del primo”.

Ad avviso della ricorrente la circostanza “che per la riforma del contratto del 2000 le parti non potessero usare… altra forma rispetto a quella scritta” è smentita dalla legge (che non esige particolare forma) ma soprattutto dalla volontà delle parti “esplicitata non di certo per iscritto, su un altro degli aspetti fondamentali del rapporto negoziale del 2002”. Anche qui vi sarebbe violazione dell’art. 1362 c.c. e il giudice d’appello avrebbe mantenuto “silenzio” su una questione così importante: il che creerebbe “molteplici profili di illegittimità” nonché costituirebbe il fondamento per una censura sia in relazione al n. 3 sia in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Infatti nel contratto di brokeraggio del 2002 sarebbe inclusa una clausola per cui il servizio di brokeraggio di controparte reso alla ricorrente “si intende, ove non diversamente preventivamente concordato, senza alcun onere”, essendo le prestazioni di brokeraggio “compensate da quanto riconosciuto dalle compagnie di assicurazione”. Quindi, benché le parti avessero pattuito nel 2002, in forma scritta, l’assenza di corrispettivo per le prestazioni del broker in quanto compensate da quanto riconosciuto dalle compagnie assicuratrici, controparte ha agito per le provvigioni maturate fino al 31 dicembre 2007: in tal modo le parti avrebbero “confermato con i fatti… di avere modificato concordemente” la pattuizione. Tale accertamento su uno degli elementi essenziali del contratto, cioè il corrispettivo, comporterebbe “decisive conseguenze” a livello interpretativo ex art. 1362 c.c., così da confermare “il grave vizio motivazionale” del giudice d’appello.

Inoltre, ad avviso della ricorrente, la condotta delle parti nel senso di “apportare modifiche sostanziali in maniera assolutamente informale e libera anche su una questione centrale del rapporto negoziale”, oltre a smentire il ragionamento della corte territoriale, ribadisce la libertà di forma con cui le parti regolavano i loro rapporti.

2.3 Il terzo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto discusso e decisivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ancor più importante di quanto sopra denunciato nel senso di illegittimità della sentenza impugnata sarebbe “la certezza” che, anche se “per ipotesi dovesse considerarsi valido ed efficace dalle parti il contratto di brokeraggio sino al settembre o dicembre del 2007”, l’attuale ricorrente non doveva comunque alcuna provvigione, in quanto “le citate polizze non erano state rinnovate” alla loro scadenza e quindi non erano “brokerate” da controparte nel dicembre 2007, in relazione al quale non aveva alcun titolo per chiedere provvigione. Controparte non avrebbe poi contestato che le polizze erano state oggetto di disdetta dall’attuale ricorrente alla scadenza naturale del dicembre 2007 o comunque che richiedessero un esplicito rinnovo; e la provvigione non poteva non essere corrisposta come prestazione sinallagmatica. In realtà le polizze sarebbero state disdettate dall’attuale ricorrente, per cui nulla spettava a controparte.

2.4 Il quarto motivo denuncia “violazione ed erronea applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La ricorrente lamenta che tutti i suddetti “decisivi profili ed aspetti” sarebbero stati omessi nelle valutazioni del giudice d’appello, così da cagionare “plurimi motivi e profili di illegittimità e di violazione di legge, tra cui rientra sicuramente quello di cui all’art. 2697 c.c.”.

La corte territoriale, infatti, non avrebbe considerato che la parte che allega un fatto a sé favorevole ha l’onere di provarlo, per cui controparte avrebbe dovuto dimostrare i fatti posti a base della sua domanda. Viene riportato un passo della sentenza di primo grado per dedurne che la controparte avrebbe dovuto provare il contenuto del contratto, mentre “in assenza di prova della pattuizione di un termine per la disdetta del contratto, pacificamente di durata annuale, la disdetta era stata regolarmente effettuata prima della scadenza ed era perfettamente valida”.

2.5 Il quinto motivo denuncia anch’esso “violazione ed erronea applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il contratto di cui è causa – sostiene la ricorrente – non necessitava “di alcuna comunicazione di recesso volta ad evitare la rinnovazione tacita”, e ciò a prescindere dal suo contenuto, bensì per il principio relativo al contratto di somministrazione che questa Suprema Corte ha riconosciuto (Cass. 2374/2016), qui applicabile essendo il contratto a tempo determinato: la non necessità di una comunicazione di recesso o disdetta. E nel caso in esame non vi sarebbe stato alcun recesso anticipato, bensì la comunicazione dell’attuale ricorrente “di non voler rinnovare il contratto alla sua scadenza naturale dell’anno”: comunicazione verbale resa per “mera cortesia e correttezza negoziale”. Il contratto, infatti, sarebbe cessato alla sua scadenza naturale senza necessità di comunicazione “per realizzare un evento (la scadenza naturale) inevitabile”; e varrebbe il principio, tratto dall’art. 1341 c.c., comma 2 (Cass. 11734/2004), che prevede l’inefficacia e la nullità rilevabile anche d’ufficio di ogni pattuizione nel senso di rinnovazione e proroga tacita del contratto “qualora, rientrando tale previsione tra quelle sancite a carico del contraente aderente, non sia stata specificatamente approvata per iscritto dal contraente aderente”, il quale, nel caso in esame, è l’attuale ricorrente.

3. Premesso che erroneamente la rubrica dei primi tre motivi, per identificare il contenuto dell’invocato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con assoluta costanza inseriscono il dettato del testo previgente di tale norma, si osserva comunque che, per il loro reale contenuto, tutti e cinque i motivi possono essere vagliati congiuntamente.

Essi, invero, ictu oculi condividono appieno la medesima natura di perseguimento di un terzo grado di merito.

In effetti, viene mediante tali censure criticata in via diretta la ricostruzione dei fatti – e precisamente la ricostruzione del contenuto della volontà contrattuale e della successiva condotta di non tempestiva disdetta – operata dal giudice d’appello, che proprio su questo aspetto fattuale è pervenuto ad una soluzione opposta rispetto a quella del primo giudice.

I riferimenti normativi, poi, che la ricorrente si sforza di inserire in questo ininterrotto tessuto fattuale che sarebbe stato proprio di un gravame – e in particolare, i riferimenti all’art. 1341 c.c., comma 2, artt. 1362 e 2697 c.c., costituiscono, in realtà, un chiaro tentativo di schermo (già di per sé fallace, si nota ad abundantiam, per quanto concerne l’art. 1341 c.c., comma 2, trattandosi nel caso in esame di un negozio paritario) della sostanza effettiva delle censure, che è assolutamente propria, non può non ripetersi, di un gravame di merito.

4. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, come liquidate in dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 2000, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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