Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17838 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/07/2017, (ud. 10/07/2017, dep.19/07/2017),  n. 17838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Maria Angelina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1316/2011 R.G. proposto da:

Autotrasporti M.M. di M.G. & C. Sas, in

liquidazione e Seven Autotrasporti Srl in liquidazione,

rappresentate e difese dall’Avv. Alessandro Zanzi, dall’Avv.

Giovanna Fandella e dall’Avv. Lorenza Dolfini, con domicilio eletto

presso quest’ultima, in Roma, via Giuseppe Avezzana n. 45, giuste

procure speciali in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 99/33/09, depositata il 24 novembre 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio

2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli;

Letta la memoria depositata dagli Avv.ti Alessandro Zanzi e Giovanna

Fandella per le ricorrenti.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– le società Autotrasporti M.M. di M.G. & C. Sas, in liquidazione, e Seven Autotrasporti Srl in liquidazione impugnano per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto fondata la ripresa per Iva non versata, oltre sanzioni, in relazione ad un accordo transattivo intervenuto tra le contribuenti e la società Omniatransit Srl, ritenendo le somme così corrisposte dovute per differenze tariffarie e, dunque, soggette ad Iva, mentre solo in ridotta parte erano escluse perchè ascrivibili a causa risarcitoria;

– censurano la sentenza, con cinque motivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione:

– (a) in ordine all’eccepita illegittimità degli avvisi di accertamento per contraddittoria motivazione;

– (b) in ordine al diritto delle parti di qualificare l’atto di transazione tra esse perfezionato;

– (c) in ordine al presunto scopo elusivo della transazione;

– (d) in ordine all’onere della prova dell’Agenzia delle entrate;

– (e) in ordine all’applicazione delle sanzioni.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– va dichiarata, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero delle Finanze, neppure parte nei precedenti gradi di giudizio e, comunque, difettante di legittimazione, spettando essa, in forza del D.Lgs. n. 300 del 1999, istitutivo delle Agenzie fiscali, all’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1 gennaio 2001, data di operatività della disciplina;

– passando all’esame del ricorso proposto avverso l’Agenzia delle entrate, il primo motivo è inammissibile per una pluralità di concorrenti ragioni risultando la doglianza, diretta, invero, più a censurare l’atto di accertamento che la decisione impugnata, del tutto carente di autosufficienza, non avendo le ricorrenti riprodotto l’avviso di accertamento (se non per limitati frammenti), nè gli atti, d’appello e di primo grado, ove la stessa risulterebbe stata dedotta, sicchè la questione è pure inammissibile perchè nuova;

– il secondo motivo è pure inammissibile, traducendosi la doglianza, in realtà, in una asserita violazione di legge per la supposta lesione dell’autonomia contrattuale delle parti nel qualificare il rapporto inter partes;

– giova osservare, peraltro, che, ai fini tributari, l’opera di qualificazione non si esaurisce, necessariamente, nell’esame del solo dato contrattuale ma investe, più specificamente, il fenomeno economico che il rapporto (o i rapporti) mira a realizzare, sì da valutare l’effettiva consistenza dell’operazione e, in caso di pluralità di operazioni, se esse abbiano una medesima “sostanza economica” anche se vi sia una differente “sostanza giuridica”;

– tale indicazione, invero, è esplicitamente e positivamente regolata in numerose disposizioni quali, ad esempio, l’art. 109, comma 8 tuir (v. Cass. n. 11872 del 2017) od anche il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 (v. Cass. n. 6758 del 2017);

– risponde, peraltro, ad un criterio di ordine generale, tant’è che pure in materia di Iva, seppure ciascuna prestazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente, come risulta dall’art. 1, par. 2, comma 2 direttiva IVA, vi sono tuttavia casi in cui più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti;

– come infatti ribadito recentemente dalla Corte di Giustizia, 8 dicembre 2016, Stock ‘94 Szolgaltatò Zrt, C-208/15, una pluralità di prestazioni vanno considerate “un’unica operazione quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Ciò accade anche nel caso in cui una o più prestazioni costituiscono una prestazione principale, mentre la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. Una prestazione dev’essere considerata accessoria e non principale quando non costituisce per la clientela un fine a sè stante, bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore” (p. 27);

– la Corte di Giustizia ha precisato ulteriormente che per stabilire se una pluralità di prestazioni costituisca più prestazioni indipendenti o una prestazione unica, occorre “individuare gli elementi caratteristici dell’operazione di cui trattasi”, tenendo conto “dell’obiettivo economico di tale operazione” (p. 29; v. anche Corte di Giustizia 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed, C-461/08, p. 39), nonchè “dell’interesse dei destinatari delle prestazioni” (Corte di Giustizia, 16 aprile 2015, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, C 42/14);

– tale esito del resto è coerente con il principio, generale, per cui il contribuente ha l’obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello da lui scelto in base a sue considerazioni soggettive (v. Cass. n. 18764 del 2014) comunque esse siano state tradotte in atti formali;

– il terzo motivo è, conseguentemente, infondato, dovendosi escludere che la CTR abbia considerato elusivo l’atto di transazione, essendo limitata, in relazione a quanto sopra evidenziato, a procedere alla qualificazione del rapporto;

– il quarto motivo è inammissibile, avendo la CTR espressamente affermato che l’Agenzia delle entrate “depositava tutta la documentazione richiesta”, dovendosi ritenere che l’eventuale mancanza di alcuni degli atti originariamente richiesti sia stata valutata come superflua dalla stessa CTR, con implicita revoca, in parte qua, della stessa primitiva ordinanza che ne disponeva la produzione, per l’esaustività della documentazione prodotta;

– in ogni caso, la doglianza è carente di interesse avendo la CTR ritenuto compiutamente raggiunta la prova, senza che tale profilo sia stato in alcun modo censurato;

– quanto alle eventuali ulteriori autonome allegazioni da parte dell’Agenzia, la legittimità della relativa produzione discende direttamente dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, senza che su tale punto sia stata dedotta alcuna censura;

– il quinto motivo, infine, è inammissibile attesa la totale genericità della doglianza, in ogni caso difettante di autosufficienza;

– il ricorso va pertanto rigettato con regolamento delle spese – a favore della sola Agenzia delle entrate, non essendosi costituito il Ministero delle Finanze – come in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze; rigetta il ricorso contro l’Agenzia delle entrate; condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 10 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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