Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17836 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 03/07/2019), n.17836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7302/2018 proposto da:

Fondazione Villaggio dei Ragazzi Don Salvatore D’Angelo, in persona

del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliato

in Roma, Piazzale Clodio n. 32, presso lo studio dell’avvocato

Bertone Pasquale, rappresentata e difesa dagli avvocati Bassi

Amedeo, Imondi Augusto, Sparano Ernesto, giusta procura in calce al

ricorso;

0- ricorrente –

contro

Massa dei Creditori della Fondazione, Procura della Repubblica presso

il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE,

depositata il 21/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/06/2019 dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

MATTEIS STANISLAO, che si riporta alle osservazioni scritte già

depositate e chiede l’inammissibilità del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Amedeo Bassi che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato il reclamo proposto dalla Fondazione Villaggio dei Ragazzi Don Salvatore D’Angelo contro la decisione di rigetto della domanda di ammissione alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento nelle forme della liquidazione del patrimonio (L. n. 3 del 2012, art. 14-ter).

Ha osservato che la Fondazione svolgeva attività d’impresa di tipo commerciale, così da essere assoggettabile, per dimensioni, alle procedure concorsuali maggiori, e che a ogni modo la proposta di liquidazione, avendo previsto la continuazione dell’attività dell’ente e la sottrazione alla procedura di beni a ciò funzionali, delle rette scolastiche e dei fondi pubblici stanziati annualmente, si palesava in contrasto con la finalità della norma.

La Fondazione ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati da memoria.

L’organismo di composizione della crisi è rimasto intimato.

Il procuratore generale ha presentato una requisitoria scritta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

La facoltà del debitore di richiedere la liquidazione concorsuale dei propri beni in alternativa all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (o al piano del consumatore, ove ne ricorrano i presupposti soggettivi) è accordata dalla L. n. 3 del 2012 su base pienamente concorsuale.

Le corrispondenti norme (art. 14-ter e seg. Legge citata) mutuano non solo lo schema generale delle procedure concorsuali liquidatorie (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria), ma anche la struttura procedimentale, che postula un decreto di apertura, una fase di definizione della consistenza dell’attivo, un sub-procedimento di accertamento del passivo, una fase di liquidazione, un sub-procedimento di esdebitazione.

Unica mancante è la disciplina della ripartizione dell’attivo.

Questa specificità non rileva in vista del regime di impugnazione del provvedimento di diniego di apertura (o di rigetto della domanda).

Poichè si discute dell’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, occorre tener conto della giurisprudenza di questa Corte su tale istituto, la quale, come noto, ammette il rimedio in questione avverso i provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentino tuttavia i requisiti della decisorietà e della definitività.

Da ogni punto di vista codesti requisiti fanno difetto.

Innanzi tutto, tenuto conto della similitudine procedimentale appena sopra rappresentata, debbono essere anche in questa fattispecie applicati i principi desunti dall’orientamento sedimentato con riguardo al decreto di rigetto della domanda di fallimento.

E’ assolutamente pacifico che il decreto reiettivo dell’istanza di fallimento – al pari di quello confermativo del rigetto in sede di reclamo – non è idoneo al giudicato e non è, dunque, ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di provvedimento non definitivo e privo di natura decisoria su diritti soggettivi, dal momento che nessun istante è portatore di un diritto al fallimento (v. Cass. n. 5069-17, Cass. n. 16411-18; cfr. pure Cass. n. 6683-15) e men che meno lo è il debitore.

Alla stessa conclusione deve accedersi considerando l’orientamento di questa Corte sul tema specifico della soluzione delle crisi da sovraindebitamento.

Più volte si è affermato che avverso il decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, presentata dal debitore che versi in stato di sovraindebitamento, non è proponibile ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., perchè il provvedimento è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, e pertanto non è suscettibile di passaggio in giudicato (di recente Cass. n. 30534-18, Cass. n. 4500-18 e altre); conclusione, codesta, che non determina alcun vulnus al diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., dal momento che il decreto, in relazione al quale non è prevista alcuna forma di impugnazione, non preclude la riproposizione della medesima domanda, anche prima del decorso dei cinque anni di cui alla L. n. 3 del 2012, art. 7, comma 2, lett. b), operando tale termine preclusivo nella sola ipotesi che il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura.

La comunanza di funzione – il superamento giustappunto della crisi da sovraindebitamento – rende i detti principi estensibili anche al caso in cui la composizione sia prospettata nella forma della liquidazione del patrimonio.

Da ogni angolo visuale lo si consideri, dunque, il presente ricorso va ritenuto inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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