Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17833 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 03/07/2019), n.17833

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21384/2017 proposto da:

(OMISSIS) S.n.c., in persona dei soci legali rappresentanti pro

tempore, nonchè dei medesimi soci M.G., M.V.,

M.R., F.F., M.A. personalmente,

elettivamente domiciliati in Roma, Viale Cortina d’Ampezzo n. 269,

presso lo studio dell’avvocato De Santis Francesco, rappresentati e

difesi dagli avvocati Didone Andrea, Picarelli Gennaro, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Curatela del Fallimento di (OMISSIS) S.n.c., nonchè del fallimento

dei soci illimitatamente responsabili M.G.,

M.V., M.R., F.F., M.A., in persona

del curatore avv. Diego Cuccù, elettivamente domiciliata in Roma,

Via Macedonia n. 68, presso lo studio dell’avvocato Antonelli

Antonello, rappresentata e difesa dall’avvocato Valentini Giorgio,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

AGN Team Consulting S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato D’Alesio Divinangelo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Procura della Repubblica presso il Tribunale Civile di Fermo, Procura

Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Ancona;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1171/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

pubblicata il 08/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/06/2019 dal cons. Dott. Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO, che si riporta alle osservazioni scritte e chiede

il rigetto del primo, l’accoglimento del secondo, l’assorbimento del

terzo e quarto motivo;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato Francesco De Santis, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento;

udito, per la controricorrente Curatela Fallimento, l’Avvocato

Giorgio Valentini che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 13-4-2017 il tribunale di Fermo dichiarava il fallimento della (OMISSIS) s.n.c. e dei soci in proprio.

Per quanto ancora di interesse, osservava che la proposta di accordo di ristrutturazione avanzata dalla debitrice dopo la rinuncia a una anteriore domanda di concordato preventivo non garantiva il regolare pagamento di uno dei creditori estranei (la società AGN Team Consulting), in relazione a un credito contestato ma fondato su cambiali.

Da questo punto di vista il tribunale rigettava, invero, l’istanza di sospensione delle azioni esecutive e cautelari formulata ai sensi della L. Fall., art. 182-bis, comma 6.

Contro la sentenza i falliti proponevano reclamo ai sensi della L. Fall., art. 18.

Il reclamo veniva rigettato dalla corte d’appello di Ancona, sul rilievo che il tribunale aveva preso in considerazione l’accordo di ristrutturazione dopo aver verificato la votazione negativa sul concordato, così operando secondo l’alternativa prospettata dalla debitrice nel suo ricorso, senza determinare con ciò, in termini sostanziali, alcun pregiudizio alle ragioni delle parti. Per contro correttamente il tribunale, seppur dandone atto, aveva evidenziato l’inconferenza ai fini di causa della contestazione del credito dell’istante società AGN, attesa la presenza dei titoli cambiari a supporto del credito stesso. In particolare la mancata restituzione dei titoli e il riconoscimento del credito da parte della debitrice nella fase concordataria portavano a escludere – anche ai fini della legittimazione – che il creditore fosse stato soddisfatto.

Avverso la sentenza, depositata l’8-8-2017, la società fallita e i soci hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da quattro motivi.

La curatela fallimentare ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie e il procuratore generale una requisitoria scritta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – Col primo motivo i ricorrenti denunziano la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c.e l’omessa motivazione in ordine alla mancata concessione del termine previsto dalla L. Fall., art. 182-bis, comma 6. In effetti, dopo aver lamentato la “assoluta carenza di argomentazioni e motivazioni in ordine alla mancata concessione, da parte del tribunale di Fermo, del termine” detto, ascrivono alla corte d’appello di non essersi pronunciata sulle censure svolte a proposito del rigetto dell’istanza ex art. 182-bis.

Col secondo mezzo i ricorrenti ulteriormente denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti secondo cui l’istanza L. Fall., ex art. 182-bis, comma 6, proposta dinanzi al tribunale, era stata ingiustamente rigettata, seppur in presenza di tutti i presupposti per il sicuro accoglimento della stessa.

II. – I primi due mezzi sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Comune premessa è che in base al ricorso la debitrice, contro la quale erano state proposte distinte domande di fallimento (e una di questa da parte della società AGN), aveva presentato, dopo il mancato raggiungimento delle maggioranze per l’approvazione del concordato preventivo, un’istanza L. Fall., ex art. 182-bis, comma 6, tesa a ottenere la sospensione delle azioni esecutive e cautelari, avendo intrapreso trattative con la maggior parte dei creditori per la predisposizione di un accordo di ristrutturazione.

La L. Fall., art. 182-bis, comma 6, consente all’imprenditore di ottenere il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al comma 3 anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo.

Ciò può esser fatto depositando presso il tribunale competente ai sensi dell’art. 9 la documentazione di cui alla L. Fall., art. 161, comma 1 e comma 2, lett. a), b), c) e d) e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti, e da una dichiarazione del professionista (avente i requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.

L’istanza di sospensione è pubblicata nel registro delle imprese e produce – temporaneamente e direttamente – l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, e del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione. Dopodichè il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al comma 6, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa; e nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al comma 1 e delle condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati, assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del comma 1.

Il nesso tra l’accordo e il fallimento è incentrato essenzialmente sul profilo della valutazione dell’insolvenza, nel senso che l’insolvenza può essere esclusa giustappunto dal contenuto dell’accordo.

III. – Orbene il primo motivo – ove non inammissibile per il fatto di denunciare in unico contesto vizi (di omessa pronuncia e di omessa motivazione) tra loro logicamente incompatibili (chiaro essendo che il secondo postula esistente la pronuncia che il primo, invece, esclude) – non ha fondamento.

Riferito a una supposta omissione (di pronuncia o di motivazione che sia) della corte d’appello in ordine alle censure sollevate avverso la decisione del tribunale di Fermo di non accordare il termine di cui alla L. Fall., art. 182-bis, esso non tiene conto dell’avere la corte reso la statuizione, sinteticamente condividendo quanto affermato dal primo giudice.

Difatti la corte ha dato atto della ragione per la quale il tribunale aveva negato il termine di cui all’art. 182-bis, comma 7 e ha precisato che ciò era avvenuto proprio perchè il paventato accordo di ristrutturazione non garantiva il regolare pagamento del creditore estraneo AGN, il cui credito era fondato su cambiali.

Nell’affermare la correttezza della decisione a petto della infondatezza della contestazione del suddetto credito ai fini di causa, l’impugnata sentenza ha implicitamente fatto propria la motivazione del tribunale anche in relazione al profilo del termine.

Vero è che al diniego del termine aveva fatto seguito il rigetto de plano dell’istanza e, poi, la dichiarazione di fallimento. Ma è decisivo considerare che nel ricorso non è prospettata l’eventuale illegittimità di una tale sequenza, perchè ad esempio determinativa di una compromissione delle possibilità di difesa, visto che in nessun altro modo, che quello dianzi indicato, la statuizione è stata censurata.

IV. – Il secondo motivo, invece, è inammissibile.

Contrariamente a quanto ritenuto dal procuratore generale, i ricorrenti – conformando la censura alla rubrica del mezzo (“omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”) – hanno denunziato non violazioni di legge ma semplici vizi della motivazione, asseritamente rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

In questa prospettiva hanno invero lamentato come decisivo il fatto che l’istanza della società L. Fall., ex art. 182-bis, comma 6, proposta dinanzi al tribunale, era stata “ingiustamente rigettata seppur in presenza di tutti i presupposti per il sicuro accoglimento della stessa”; e dopo aver riportato le argomentazioni svolte col reclamo hanno censurato la sentenza perchè “nulla ha argomentato e motivato sul punto, ritenendo la questione assorbita nelle precedenti (e del tutto inconferenti) motivazioni” (pag. 19 del ricorso).

In definitiva i ricorrenti hanno sostenuto (e si sono doluti di) questo soltanto (pag. 20): che la corte d’appello avrebbe dovuto ritenere la validità e l’efficacia della scrittura privata di risoluzione del 29-1-2014 ed escludere il credito di AGN dal computo delle percentuali previste dal L. Fall., art. 182-bis, ovvero, e all’inverso, che, ove anche ritenuta l’esistenza del detto credito, avrebbe dovuto considerare comunque esistenti i requisiti di accoglimento dell’istanza ex art. 182-bis, poichè le trattative erano in corso con i creditori rappresentanti oltre il 60% dei crediti complessivi e poichè la relazione del professionista aveva attestato la fattibilità del piano e l’idoneità dello stesso di assicurare in ogni caso il pagamento di tutti i creditori esclusi.

Sennonchè il motivo, nelle riferite asserzioni, non soddisfa minimamente l’onere di specificità richiesto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (v. Cass. Sez. U n. 8053-14), poichè la corte d’appello ha esplicitamente ritenuto ininfluente, come tra un momento meglio si dirà, la suddetta scrittura privata, concludendo nel senso della sussistenza del credito di AGN poichè portato, tra l’altro, dalle cambiali.

La critica di tale argomentazione si risolve in un sindacato di merito, giacchè l’affermazione di esistenza o meno di un credito, ove desunta da elementi concretamente indicati (non solo, nella specie, l’esistenza di cambiali presso il creditore, ma anche – si dice in sentenza – “il riconoscimento del credito da parte della debitrice nella fase concordataria”), integra un giudizio di fatto. Ed è risolutivo considerare che nessun distinto fatto storico, nella prospettiva del vizio di omesso esame di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, è specificato nel ricorso onde potersi dire la valutazione manchevole.

Si scontra poi con la valutazione di merito anche l’ulteriore assunto di idoneità del piano ad assicurare in ogni caso il pagamento di tutti i creditori esclusi.

La corte d’appello ha difatti esplicitamente escluso tale idoneità.

Nè il ricorso, nuovamente formulando il sindacato come omesso esame di fatti, soddisfa il fine di autosufficienza, dal momento che la critica in ordine all’apprezzamento dei presupposti di accoglimento dell’istanza L. Fall., ex art. 182-bisavrebbe imposto di riportare per lo meno i tratti salienti della relazione del professionista – la cui considerazione, secondo l’asserto, sarebbe mancata; cosa che invece non è avvenuta, avendo i ricorrenti fatto riferimento alla relazione soltanto di riflesso a quanto da essi stessi sostenuto nei propri anteriori scritti difensivi.

V. – Possono essere esaminati unitariamente anche il terzo e il quarto motivo di ricorso.

Col terzo mezzo i ricorrenti denunziano la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c. in ordine all’efficacia e alla validità tra le parti della su richiamata scrittura privata del 29-1-2014, risolutiva del contratto di assistenza e consulenza con AGN, nonchè la nullità per motivazione solo apparente, e comunque incongrua e illogica, in ordine alla legittimazione di questa società a richiedere il fallimento.

Col quarto denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame del fatto decisivo costituito dalla circostanza che la società AGN si era impegnata a restituire le cambiali poste a fondamento del credito asseritamente vantato.

VI. – Il terzo motivo è manifestamente infondato.

La mancanza o l’estrema concisione della motivazione determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum o delle ragioni poste a fondamento del dispositivo.

Nel caso specifico sia il tema, sia le ragioni svolte dalla corte d’appello sui profili indicati nel terzo motivo, per quanto sintetiche, si evincono dalla motivazione.

Il tema è fuori discussione.

Le ragioni di rigetto della tesi sostenuta dalla reclamante si sostanziano nella considerazione che la scrittura del 29-1-2014 era stata fatta valere a dimostrazione di un’asserita remissione del debito, mentre, anche a prescindere da ogni considerazione sul contenzioso esistente in merito, la mancata restituzione dei titoli cambiari e il riconoscimento del credito da parte della debitrice nella fase concordataria portavano a escludere che il credito fosse venuto meno.

VII. – Il quarto motivo è invece inammissibile perchè non univocamente formulato e perchè teso a devolvere un sindacato di fatto.

L’affermazione previa dei ricorrenti, evinta dal terzo motivo, si palesa nel senso che la scrittura sarebbe stata “risolutiva del contratto di assistenza e consulenza del 3 giugno 2013”.

L’assunto posto invece a base del quarto mezzo (e in parte alquanto contraddittoriamente indicato anche nel contesto dell’esposizione del terzo) è che mediante la scrittura detta la AGN “rinunciato al maggior credito maturato” e si era “impegnata a restituire i titoli cambiari”.

Non dunque di una risoluzione del contratto si sarebbe trattato ma di una rinuncia al credito.

Sennonchè da ogni punto di vista il ricorso si presenta privo di autosufficienza, visto che il testo della scrittura neppure è riportato.

L’affermazione si infrange poi col rilievo della corte territoriale secondo cui la mancata restituzione dei titoli, unitamente al riconoscimento fatto in sede concordataria, era giustappunto sintomatica del non essere il credito mai venuto meno.

E’ assolutamente pacifico che oggetto del procedimento per dichiarazione di fallimento non è l’accertamento (o la verifica) del credito della parte istante, ma unicamente l’accertamento dello stato d’insolvenza. Il procedimento tende al riscontro dei presupposti per l’instaurazione della procedura concorsuale senza un preciso accertamento delle obbligazioni gravanti sull’imprenditore, sicchè ogni modalità di disconoscimento del credito posto a base dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento suppone un’indagine incidenter tantum, per non trasformare l’oggetto del procedimento in guisa tale da farne un giudizio di cognizione sullo specifico credito posto a base dell’iniziativa di parte (v. Cass. n. 16945-16).

Nel caso concreto la corte d’appello ha svolto la suddetta disamina affermando che la scrittura privata suindicata a niente valeva onde ritenere effettuata la remissione del debito, poichè il creditore, il cui diritto era stato riconosciuto dalla debitrice nella sede concordataria, alla quale aveva fatto seguito la proposta di accordo di ristrutturazione, era infine rimasto in possesso dei titoli cambiari e su questi aveva agito chiedendo il fallimento.

Il piano d’indagine è stato così affrontato mediante una valutazione di pieno merito, rispetto alla quale nessun ulteriore fatto storico decisivo è dai ricorrenti indicato come effettivamente omesso.

Deve rammentarsi che secondo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile per cassazione solo l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Mentre l’omesso esame di elementi valutativi anche istruttori (come i documenti) non integra il vizio qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U n. 805314).

VIII. – Il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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