Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1783 del 24/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.24/01/2017),  n. 1783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANA Felice – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18930/2014 proposto da:

M.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VICENZA 26,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FABIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONINO CATALANO giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2174/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 15/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2016 dal Presidente Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Fabio Giuseppe difensore del ricorrente che si

riporta ai motivi del ricorso ed alla memoria, insiste per

l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c.:

“1 – Con citazione notificata il 18.1.2010 A.M. proponeva opposizione al decreto emesso dal giudice di pace di Palermo, col quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.500,00 in favore di M.U., quale corrispettivo per una prestazione d’investigazione privata avente ad oggetto la presunta infedeltà del coniuge.

Resistendo la parte opposta, il g.d.p. rigettava l’opposizione.

1.1. – L’appello proposto dalla A. era accolto dal Tribunale di Palermo, che revocava il decreto ingiuntivo poichè il M. aveva provato il conferimento dell’incarico ma non anche l’adempimento della propria obbligazione.

2. – Per la cassazione di tale sentenza M.U. propone ricorso, affidato a due motivi.

2.1. – A.M. è rimasta intimata.

3. – Il primo motivo espone la violazione degli artt. 327 e 330 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 (rectius, 4). Il Tribunale, lamenta parte ricorrente, ha ignorato del tutto la pur eccepita tardività dell’appello, proposto dopo il decorso del termine di sei mesi dalla pubblicazione, avvenuta il 30.3.2011, della sentenza gravata. Deduce al riguardo che l’appellante aveva richiesto una prima notifica il 15.11.2011 presso il domicilio (via (OMISSIS)) eletto dal M. con il ricorso per decreto ingiuntivo, mentre avrebbe dovuto effettuarla nel diverso domicilio che questi aveva poi eletto con la comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado (via (OMISSIS)). Pertanto la successiva notificazione dell’appello effettuata in quest’ultimo luogo il 23.11.2011 era tardiva, rendendo così inammissibile l’impugnazione.

3.1. – Il motivo è infondato, poichè la notificazione presso il precedente domiciliatario della parte è nulla e non inesistente (v. la recente Cass. S.U. n. 14916 16), e la successiva notifica effettuata al corretto domicilio sana con efficacia retroattiva la nullità di quella precedente, a nulla rilevando che la seconda notificazione sia avvenuta dopo la scadenza del termine prescritto per il compimento della relativa attività processuale (giurisprudenza costante di questa Corte: v. per tutte, Cass. S.U. n. 4573/98).

4. – Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la parte opponente non avrebbe mai contestato l’esecuzione della prestazione da parte del M.. Dalla lettera 22.9.2009 dell’allora procuratore dell’opponente si evince che la doglianza riguardava unicamente il periodo convenuto per svolgere le investigazioni, ossia cinque giorni per quattro ore giornaliere, secondo l’atto di conferimento dell’incarico, quindici giorni, secondo la A.. E tale lettera aveva anche ammesso lo svolgimento del servizio, anche se con esito negativo.

4.1. – Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass. n. 15961/07; analogamente, per un’ipotesi speculare, Cass. n. 10853/12).

4.1.1. – Nella specie il motivo non riporta, a dimostrazione della censura, neppure una sintesi del contenuto dell’atto di citazione in opposizione, da cui soltanto si sarebbe potuta desumere la delimitazione dei themata decidenda et probanda, limitandosi a citare una sola frase dell’atto d’appello, per di più del tutto estrapolata dal proprio contesto.

5. – Pertanto, si propone la decisione del ricorso con le forme camerali, nei sensi di cui sopra, in base all’art. 375 c.p.c., n. 5″.

2. – La Corte condivide, con le precisazioni che seguono, la relazione, rispetto alla quale la memoria di parte ricorrente non contiene considerazioni idonee a indurre un diverso avviso.

In particolare, da tale memoria si ricava (più chiaramente di quanto non si comprendesse, in realtà, dal ricorso) che entrambe le notificazioni dell’atto di citazione in appello, sia la prima (in data 15.11.2011) sia la seconda (in data 23.11.2011) furono effettuate al medesimo ed unico procuratore costituito in primo grado per il M., ossia l’avv. Antonella Catalano. Solo che, sostiene parte ricorrente, quest’ultima sin dall’epoca della comparsa di costituzione in primo grado avrebbe trasferito il proprio studio professionale in (OMISSIS), mentre il ricorso per decreto ingiuntivo recava ancora l’indicazione del suo precedente studio sito in (OMISSIS). Sicchè, conclude detta parte, l’errore in cui era incorso il difensore dell’appellante nell’effettuare la prima notificazione dell’atto d’appello in via (OMISSIS), non sarebbe stato scusabile.

Al contrario, osserva il Collegio, va richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui quando la notifica del ricorso per cassazione sia avvenuta al domicilio precedentemente eletto dal difensore della controparte senza che consti alcuna formale comunicazione del suo mutamento od altra negligenza del notificante, deve ritenersi ugualmente rispettato, a tutela dell’affidamento dell’impugnante, il termine di proposizione dell’impugnazione, pur formalmente tardiva, purchè risulti che nel corso degli adempimenti di notificazione, acquisita formale conoscenza del trasferimento dello studio professionale del difensore, il notificante si sia attivato con immediatezza, e comunque entro un termine ragionevole, a riprendere il procedimento notificatorio, andato poi a buon fine (Cass. nn. 24641/14, 20830/13, 21154/10 e S.U. n. 17352/09).

Nella specie, l’errore in cui è incorsa la parte appellante è senz’altro scusabile, per aver essa inoltrato la prima notificazione dell’atto d’appello al precedente studio professionale dell’avvocato del M., quale risultante dal ricorso per decreto ingiuntivo, e per aver, poi, riattivato con prontezza il procedimento notificatorio. Va osservato, infatti, che la prima notifica, non andata a buon fine per il trasferimento dell’avv. Catalano, fu tentata il 15.11.2011, mentre la seconda, regolarmente effettuata in data 23.11.2011, vi ha fatto seguito a distanza di appena otto giorni; lasso di tempo del tutto congruo ove si consideri, per giunta, l’intervallo necessariamente intercorso tra la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, la restituzione di esso con relata negativa e il reincarico al medesimo ufficiale giudiziario.

3. – Pertanto, il ricorso va respinto.

4. – Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

5. – Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, a carico del ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017

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