Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17829 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 26/08/2020), n.17829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 19441 dell’anno 2017, proposto da:

B.T., (C.F.: (OMISSIS)), erede con beneficio di inventario

di R.A. rappresentato e difeso, giusta procura in calce

al ricorso, dagli avvocati Giuseppe Gallo (C.F.: GLL GPP 58D23

A462H) e Luigi Valentino Damone (C.F.: DMNLVL68B14I158G);

– ricorrente –

nei confronti di:

Z.G.G., (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e quale

amministratore del Condominio di (OMISSIS), + ALTRI OMESSI,

rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso,

dall’avvocato Umberto Ippolito (C.F.: PPL MRT 68E11 I158W);

– controricorrenti –

nonchè

V.G. (C.F.: non indicato);

V.C. (C.F.: non indicato).

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bari n.

549/2017, pubblicata in data 8 maggio 2017 (e notificata in data 26

maggio 2017);

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 13

luglio 2020 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Z.G.G., in proprio e quale amministratore del Condominio di (OMISSIS), + ALTRI OMESSI hanno intimato precetto di pagamento dell’importo complessivo di Euro 83.867,48 ad R.A., sulla base di titolo esecutivo di formazione giudiziale (sentenza passata in giudicato). L’intimato ha proposto due distinte opposizioni, rispettivamente ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1 e 2, successivamente riunite.

Le opposizioni sono state rigettate dal Tribunale di Foggia.

La Corte di Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre B.T. (erede con beneficio di inventario del R.) sulla base di tre motivi.

Resistono con controricorso Z.G.G., in proprio e quale amministratore del condominio di via (OMISSIS), + ALTRI OMESSI.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Con il secondo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di legge: art. 474 c.p.c. anche con riferimento all’art. 2909 c.c.”.

I primi due motivi del ricorso sono logicamente connessi e quindi possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

1.1 Secondo il ricorrente, il credito posto in esecuzione sarebbe privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità richiesti dall’art. 474 c.p.c. in quanto la condanna sarebbe “vincolata dal titolo ad un elemento futuro ed incerto, estraneo al titolo medesimo: “fino al ripristino dell’agibilità degli appartamenti”.

La corte di appello avrebbe peraltro, a suo dire, omesso di pronunciarsi sulla relativa eccezione, specificamente posta in sede di gravame, limitandosi a far riferimento all’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza costituente il titolo esecutivo, che invece egli non aveva messo in discussione.

1.2 Contrariamente a quanto assume il ricorrente, la corte di appello non ha affatto omesso di prendere in esame la questione dallo stesso sollevata in relazione alla certezza, liquidità ed esigibilità del credito fatto valere in via esecutiva, ma ha giudicato infondato il relativo motivo di opposizione.

Ha in proposito chiaramente affermato (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata, righi da 16 a 21) che il credito posto a base del precetto opposto doveva ritenersi liquido, certo ed esigibile, e che il titolo esecutivo si era “perfettamente formato”. Dopo aver dato atto che la statuizione di condanna al risarcimento dei danni causati dalla indisponibilità dei propri alloggi, in favore dei rispettivi proprietari danneggiati, anche per il periodo successivo alla sentenza, non era più censurabile nel merito, essendo passata in giudicato, ha altresì precisato che la relativa obbligazione non poteva affatto ritenersi indefinita nel suo termine finale, essendo tale termine chiaramente individuato nel momento in cui avrebbe avuto luogo la “acquisita e conseguita agibilità e quindi detenzione degli immobili ripristinati” (cfr. a pag. 6 della sentenza impugnata, righi 22/25).

1.3 La decisione è conforme a diritto.

E’ infatti incontestato che l’importo indicato come dovuto a titolo risarcitorio fosse determinato, o comunque determinabile attraverso un mero calcolo aritmetico sulla base dei dati contenuti nella relazione tecnica espressamente richiamata nel dispositivo della sentenza posta in esecuzione (cfr., in merito alla possibilità di una integrazione del titolo anche in base ad elementi extratestuali, purchè in base ad idoneo richiamo: Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2816 del 05/02/2011, Rv. 615907 – 01; Sez. U, Sentenza n. 11066 del 02/07/2012, Rv. 622929 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9161 del 16/04/2013, Rv. 625825 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 23159 del 31/10/2014, Rv. 633259 – 01; Sez. L, Sentenza n. 19641 del 01/10/2015, Rv. 637527 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 26567 del 21/12/2016, Rv. 642288 – 01).

D’altra parte la circostanza che il termine fino al quale era dovuto tale risarcimento risulti indicato in relazione ad un evento futuro (ed incerto) non incide sulla certezza, liquidità ed esigibilità del credito fino a tale momento, fatta ovviamente salva la possibilità del debitore di dedurre in sede di opposizione all’esecuzione l’eventuale sopravvenuto avveramento dell’evento stesso e, quindi, contestare l’importo eventualmente (e illegittimamente) richiesto per un periodo successivo.

In proposito è appena il caso di osservare (fermo restando che rimane comunque assorbita dal giudicato ogni questione in ordine alla possibilità per il giudice della cognizione di emettere una condanna condizionale e/o in futuro, nella specifica fattispecie in questione) che, secondo l’indirizzo di questa Corte, “nell’ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate, quanto alla loro efficacia, al verificarsi di un determinato evento futuro e incerto, alla scadenza di un termine prestabilito o ad una controprestazione specifica, purchè il verificarsi dell’evento dedotto in condizione non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione, ma possa semplicemente essere fatto valere in sede esecutiva mediante opposizione all’esecuzione” (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16621 del 19/06/2008, Rv. 603837 – 01; in senso conforme: Sez. 3, Sentenza n. 11061 del 15/07/2003, Rv. 565089 – 01, in cui si precisa che “con dette pronunce, infatti, non viene emessa una condanna da valere per il futuro, ma si accerta l’obbligo attuale di eseguire una certa prestazione ed il condizionamento, parimenti attuale, di tale obbligo al verificarsi di una circostanza il cui avveramento, pur presentandosi differito ed incerto, non richiede, per il suo accertamento, altre indagini che quella se la circostanza stessa si sia o meno verificata”; Sez. 3, Sentenza n. 16135 del 09/07/2009, Rv. 608810 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 21013 del 12/10/2010, Rv. 615532 – 01).

Le censure di cui ai motivi di ricorso in esame sono pertanto infondate.

2. Con il terzo motivo si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Con il motivo di ricorso in esame vengono proposte quattro distinte censure, tra loro peraltro almeno in parte logicamente collegate.

2.1 In primo luogo, il ricorrente sostiene che il proprio obbligo di risarcimento del danno derivante dalla indisponibilità degli alloggi dei creditori fino al momento del ripristino della loro agibilità, si sarebbe estinto in quanto, successivamente alla formazione del titolo, era stata dichiarata la “impossibilità materiale” di esecuzione forzata in forma specifica della sua condanna al ripristino della suddetta agibilità, con decisione divenuta inoppugnabile (in base ad un’ordinanza del giudice dell’esecuzione adito dagli stessi creditori ai sensi dell’art. 612 c.p.c., emessa nel 2006 e che è stata ritenuta avere contenuto sostanziale di sentenza).

La corte di appello ha, in proposito, rilevato che nello stesso provvedimento del giudice dell’esecuzione che aveva dichiarato l’impossibilità materiale di attuazione in forma specifica della condanna al ripristino dell’agibilità degli alloggi, era stato precisato che sarebbe stato comunque dovuto dall’obbligato un risarcimento per equivalente. Considerato, quindi, che tale risarcimento per equivalente certamente non era stato ancora corrisposto per tutto il periodo cui si riferiva la richiesta di cui all’atto di precetto opposto, ha ritenuto in ogni caso dovuto, per detto periodo, il risarcimento per l’indisponibilità degli alloggi di cui al titolo posto in esecuzione.

La decisione è – anche sotto tale profilo – del tutto conforme a diritto.

Il risarcimento di cui al titolo esecutivo in discussione nella presente sede è stato disposto per compensare la mancata disponibilità degli immobili, divenuti inagibili per responsabilità del R., da parte dei rispettivi proprietari, fino al ripristino della loro agibilità, ripristino che avrebbe dovuto essere posto in essere dallo stesso R.. L’impossibilità materiale di eseguire tale ripristino in forma specifica non determina (ovviamente) di per sè il ripristino dell’agibilità e quindi la possibilità per i proprietari di disporre dei suddetti immobili. Di conseguenza, non può ritenersi venuta meno – come conseguenza di tale impossibilità – la responsabilità del R. per il danno conseguente alla loro indisponibilità.

Del resto, anche ad ammettere che, essendo divenuto impossibile il ripristino materiale delle condizioni di agibilità degli immobili, si sia estinta la relativa obbligazione di fare, con conseguente insorgenza di una obbligazione “sostitutiva” di risarcimento per equivalente, la conseguenza che ne deriverebbe è che il termine finale di efficacia del distinto e autonomo obbligo risarcitorio (di cui al titolo esecutivo oggetto del presente giudizio) relativo alla indisponibilità degli immobili inagibili posto a carico del R. debba, a questo punto, ritenersi coincidere con il momento dell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria per equivalente (in luogo che di quella di esecuzione in forma specifica, non più esigibile).

Per poter contestare efficacemente l’intimazione, il debitore avrebbe pertanto dovuto allegare e dimostrare di avere integralmente pagato il suddetto risarcimento per equivalente prima del periodo per il quale era stato intimato il precetto (il che è invece pacifico che non sia avvenuto).

2.2 Assume il ricorrente che l’obbligazione di risarcimento per equivalente del suo obbligo di ripristinare l’agibilità degli immobili danneggiati sarebbe in realtà stata adempiuta sin dal 2001 dalla propria compagnia assicuratrice, che aveva pagato direttamente agli aventi diritto il relativo importo, da questi accettato e quietanzato come tale.

La censura è posta in termini non sufficientemente specifici, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

La corte di appello ha espressamente affermato che la questione del preteso pagamento effettuato dalla compagnia di assicurazione del R. era coperta da giudicato, in quanto essa era stata già posta nel corso del giudizio di cognizione (nell’ambito del quale si era formato il titolo esecutivo) e ritenuta infondata, in quanto in tale giudizio era stato definitivamente accertato che esisteva esclusivamente un atto di quietanza del pagamento del residuo massimale di polizza, corrisposto direttamente dall’assicuratore ai danneggiati ai sensi dell’art. 1917 c.c. (cfr. a pag. 5 della sentenza impugnata).

D’altro canto, se fosse stato ritenuto effettivamente adempiuto per equivalente l’obbligo di ripristino delle condizioni di agibilità degli immobili, non avrebbe potuto essere emessa la condanna al corrispondente obbligo di fare.

La corte di appello ha altresì precisato che, anche in occasione della stessa (successiva) dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva per obbligo di fare promossa dai creditori, era stato dato atto della circostanza che la relativa obbligazione era tuttora inadempiuta, per un importo di considerevole rilievo (cfr. a pag. 7 della sentenza impugnata).

In siffatta situazione, le asserzioni del ricorrente in ordine all’avvenuto adempimento dell’obbligo di ripristino delle condizioni di agibilità degli immobili per equivalente, e le sue censure dirette nei confronti delle contrarie affermazioni contenute nella decisione impugnata, risultano del tutto generiche ed indimostrate, in mancanza di uno specifico richiamo al preciso contenuto degli atti e dei documenti sui quali esse si fondano, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, onde non è neanche possibile per la Corte esaminarle nel merito.

2.3 Anche con riguardo alla questione relativa al contributo che avrebbe ottenuto il condominio di via (OMISSIS) in relazione ai danni causati da un terremoto del 2002, le censure risultano inammissibili: esse infatti non colgono adeguatamente la ratto della decisione impugnata sul punto.

La corte di appello ha osservato che non era stato in alcun modo provato che i condomini avessero percepito contributi e, tanto meno, che li avessero ricevuti a copertura di danni non ricollegabili direttamente ed esclusivamente al terremoto, ed ha comunque affermato che la questione avrebbe potuto avere rilievo esclusivamente in relazione alla futura azione risarcitoria per equivalente relativa ai danni direttamente causati agli immobili.

Le indicate ragioni della decisione (ciascuna di per sè sola idonea a giustificarla, sul punto) non risultano specificamente censurate dal ricorrente, che si limita a reiterare le generiche e indimostrate allegazioni già motivatamente disattese dai giudici di merito.

2.4 Anche l’ultima delle censure avanzate con il motivo di ricorso in esame (relativa al pagamento degli interessi) risulta inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Non viene infatti specificamente richiamato, in proposito, il contenuto dei vari atti di precetto notificati al R., il che impedisce alla Corte di valutare nel merito la contestazione, tenuto conto che il relativo motivo di opposizione è stato rigettato dalla corte territoriale sulla base dell’affermazione che la quietanza richiamata dall’opponente (in cui era contenuta una imputazione di pagamento in conto interessi prima che in conto capitale, ai sensi dell’art. 1194 c.c.) si riferiva in realtà ad un diverso atto di precetto e quindi ad un distinto credito.

3. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui alla D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA