Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17827 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, (ud. 13/07/2020, dep. 26/08/2020), n.17827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1910 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

L.F., (C.F.: (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI, rappresentati

e difesi, giusta procura allegata al ricorso, dall’avvocato Pietro

Mastrangelo (C.F.: MST PTR 39A11 F0273);

– ricorrenti –

nei confronti di:

SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ – S.G.A. S.p.A. (C.F.:

(OMISSIS)), in persona dell’amministratore delegato, legale

rappresentante pro tempore, R.R. rappresentato e

difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avvocato

Gennaro Di Serio (C.F.: DSR GNR 66L03 L049P);

– controricorrente –

nonchè

INTESA SAN PAOLO S.p.A. (già INTESA GESTIONE CREDITI S.p.A.) (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

BNL S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore;

MPS S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore;

SOGET S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore;

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI ALBEROBELLO E SAMMICHELE DI BARI,

(C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

ORMAI di M.G. & C. S.a.s. (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Lecce –

Sezione distaccata di Taranto n. 486/2016, pubblicata in data 24

ottobre 2016 (notificata in data 21 novembre 2016);

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 13

luglio 2020 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.F., + ALTRI OMESSI, hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., nel corso di un procedimento di espropriazione immobiliare promosso nei loro confronti, quali fideiussori per le obbligazioni contratte dalla società cooperativa COAVIN a r.l. nei confronti della Sezione di credito agrario del Banco di Napoli S.p.A. in virtù di un contratto di mutuo ipotecario. Hanno sostenuto di essere stati liberati del proprio debito, accollato allo Stato in virtù della L. n. 237 del 1993 e, comunque, che la banca creditrice era stata già parzialmente soddisfatta.

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Taranto.

La Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono gli originari opponenti, sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso S.G.A. S.p.A., cessionaria dei crediti del Banco di Napoli S.p.A. di cui si controverte.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

E’ stata depositata memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., dalla società controricorrente, nonchè atto di rinunzia al ricorso da parte di M.M.S., F. e A., con accettazione della stessa società controricorrente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stato depositato atto di rinunzia al ricorso da parte di M.M.S., F. e A., che hanno raggiunto un’intesa bonaria con la società controricorrente per la definizione della controversia.

La rinuncia è rituale, in quanto intervenuta tempestivamente, prima dell’adunanza camerale (art. 390 c.p.c., comma 1), e sottoscritta dalle parti rinunzianti, oltre che dal loro difensore (art. 390 c.p.c., comma 2).

Il giudizio di cassazione deve quindi essere dichiarato estinto per rinuncia, con riguardo ai predetti ricorrenti, senza alcuna pronuncia in ordine alle spese, avendo la società controricorrente accettato la rinuncia (art. 391 c.p.c., comma 4).

2. Il ricorso (che va esaminato esclusivamente in relazione alla posizione dei ricorrenti non rinunzianti) non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.

Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.

Con riguardo al processo esecutivo promosso nei confronti dei ricorrenti, infatti, non risultano esattamente individuati il creditore procedente, i creditori intervenuti, l’importo dei rispettivi crediti fatti valere nei confronti di ciascun debitore e i titoli esecutivi posti in esecuzione. Neanche è adeguatamente richiamato il preciso contenuto dell’opposizione, sia con riguardo alla questione posta con il presente ricorso – relativamente alla dedotta liberazione dei ricorrenti fideiussori – sia con riguardo alle altre contestazioni avanzate (in relazione alle quali, del resto, non si precisa neanche quali siano state le difese delle parti opposte), sia infine con riguardo alla decisione di primo grado.

In questa situazione, non avendo la Corte la possibilità di riscontrare con certezza, sulla base dell’esposizione dei fatti contenuta nel ricorso, l’effettivo oggetto della controversia, il concreto thema decidendum dei giudizi di primo e secondo grado e, dunque, lo stesso interesse all’impugnazione, nonchè il concreto rilievo delle questioni di diritto poste, in relazione al suddetto oggetto, il ricorso deve ritenersi inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

3. Anche a scopo di completezza espositiva, si osserva comunque che l’unico motivo del ricorso, con il quale viene denunziata “Violazione e falsa applicazione della L. n. 237 del 1993, art. 1, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, risulta infondato in diritto.

Come di recente chiarito da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 18071 del 05/07/2019, allo stato non massimata), infatti, l’assunzione a carico dello Stato dei debiti contratti dai soci fideiussori di cooperative agricole dichiarate fallite o sottoposte a liquidazione coatta amministrativa, con conseguente liberazione dei soci-garanti, ai sensi del D.L. 20 maggio 1993, n. 149, art. 1, comma 1 bis, inserito dalla L. di conversione 19 luglio 1993, n. 237, pur essendo un diritto a questi attribuito dalla legge, non costituisce un effetto automatico della legge stessa, ma richiede un provvedimento espresso, da adottare all’esito di un procedimento amministrativo, in conformità con la generale previsione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, comma 1.

E’ pacifico che nella specie tale provvedimento amministrativo non sia mai intervenuto (risulta, al contrario, che la relativa istanza dei ricorrenti è stata rigettata per la mancanza del requisito dell’insolvenza, e non è stata riproposta una volta intervenuto detto requisito).

Di conseguenza, a prescindere da ogni altra considerazione (anche con riguardo al momento in cui è necessario che sussista la dichiarazione di insolvenza della cooperativa, affinchè sorga il diritto alla liberazione), deve considerarsi corretta la decisione dei giudici di merito, nella parte in cui ha stabilito che detta liberazione non poteva ritenersi intervenuta e, quindi, non poteva ritenersi venuto meno il diritto della banca garantita di agire, anche in via esecutiva, contro i fideiussori.

4. E’ dichiarata l’estinzione del giudizio di legittimità con riguardo al ricorso proposto da M.M.S., F. e A..

E’ dichiarato inammissibile il ricorso degli altri ricorrenti.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, con riguardo alla posizione dei soli ricorrenti non rinunzianti.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, esclusivamente con riguardo alla posizione dei ricorrenti non rinunzianti.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara l’estinzione del giudizio di legittimità con riguardo al ricorso proposto da M.M.S., F. e A.;

– dichiara inammissibile il ricorso degli altri ricorrenti;

condanna i ricorrenti non rinunzianti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controri-corrente, liquidandole in complessivi Euro 13.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui alla D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti non rinunzianti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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