Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17827 del 09/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/09/2016, (ud. 01/04/2016, dep. 09/09/2016), n.17827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.G., in proprio e quale coerede di

P.F., D.V.L. e D.L., elettivamente

domiciliati in Roma, Via Cosseria n. 2, presso il Dott. Alfredo

Placidi, rappresentati e difesi dall’avv. Attilio Spagnolo, giusta

delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 17/7/13, depositata il 22 aprile 2013.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’1

aprile 2016 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito l’avv. Attilio Spagnolo per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. D.G., in proprio e in qualità di erede di P.F., D.V.L. e D.L., in qualità di eredi di P.F., hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia indicata in epigrafe, con la quale, in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 18938 del 2011, è stato accolto l’appello dell’Ufficio e dichiarata la legittimità dell’avviso di accertamento emesso, sulla base di p.v.c. della Guardia di finanza, nei confronti di D.G. e P.F., coniuge codichiarante, per maggior reddito di capitale relativo all’anno 1995, derivante, ad avviso dell’Ufficio, da interessi a tassi usurari percepiti su prestiti elargiti dal D. a svariati soggetti nel periodo dal 1992 al 1996.

Il giudice di rinvio ha ritenuto, in sintesi, che: a) non è configurabile alcun giudicato esterno a seguito delle sentenze di questa Corte nn. 18936 e 18939 del 2011, con le quali erano stati dichiarati inammissibili i ricorsi proposti dall’Agenzia delle entrate in relazione agli anni 1993 e 1994, in ragione del principio di autonomia dei periodi d’imposta; b) l’avviso di accertamento deve ritenersi adeguatamente motivato; c) la sentenza di assoluzione dei coniugi D. emessa in sede penale non fornisce nessun elemento per affermare l’infondatezza della pretesa fiscale ed anzi offre rilevanti elementi a suo sostegno.

2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

3. I contribuenti hanno depositato memoria, nella quale invocano un ulteriore giudicato esterno costituito da altra sentenza di questa Corte intervenuta nelle more.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Assume valore decisivo, ai fini del presente giudizio, la sentenza di questa Corte n. 21983 del 2014, depositata il 17 ottobre 2014, quindi dopo la proposizione del ricorso, della quale i ricorrenti invocano, nella memoria, l’efficacia di giudicato esterno.

L’eccezione, rilevabile d’ufficio, è fondata.

La Corte, in controversia concernente avviso di accertamento emesso anch’esso nei confronti di D.G. e P.F. per maggior reddito di capitale in relazione all’anno 1996 (e basato sullo stesso p.v.c. della Guardia di finanza dal quale è scaturito l’atto impositivo qui in contestazione), ha ritenuto, in particolare, che rivestisse autorità di giudicato esterno, in quel giudizio, la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia – divenuta definitiva a seguito di sentenza di questa Corte n. 18939 del 2011 – che aveva annullato altro avviso di accertamento notificato ai medesimi contribuenti per l’anno 1994.

Ha rilevato che nella citata sentenza della CTR pugliese, si legge che i verbalizzanti, “nel qualificare particolarmente difficile a posteriori il calcolo degli interessi effettivamente riscossi dal sig. D.G., hanno proceduto alla loro quantificazione complessiva prendendo a base le quote di tutte le testimonianze riferibili al periodo dal 1992 al 1996 – alcune reputate di natura “cena” (Lire 532.400.000), ed altre determinate in maniera “presuntiva” (Lire 532.400.000), salva diversa valutazione dell’Ufficio finanziario – suddividendo poi quell’importo complessivo in egual maniera al fine di stabilire l’ammontare del reddito di capitale omesso nella dichiarazione di ogni anno d’imposta (= Lire 212.960.000)”.

Precisato che la sentenza ha negato la legittimità dell’accertamento per ragioni non inerenti a vizi di quello specifico atto impositivo, ha in definitiva ritenuto che “l’accertamento relativo a ciascuno dei periodi d’imposta per gli anni dal 1992 al 1996, ancorchè autonomo, in difetto di spese deducibili specifiche per uno degli anni, non è che la frazione aritmetica del dato risultante da una complessiva determinazione del maggior reddito per quell’intero quinquennio, di guisa che l’accertamento compiuto dal giudice – sia pure in relazione all’impugnazione dell’atto impositivo per uno degli anni in quel quinquennio compreso – circa la mancanza di fondamento dell’accertamento dell’ufficio in quei termini eseguito, e quindi in ordine ad una situazione giuridica relativa ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, pur avendo il presente giudizio ad oggetto l’atto impositivo relativo ad altro periodo d’imposta compreso in quel quinquennio”.

2. Pertanto, in ragione dell’efficacia preclusiva del giudicato esterno costituito dalla citata sentenza di questa Corte, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo dei contribuenti.

3. La peculiarità della fattispecie induce a dispone la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo dei contribuenti.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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