Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17827 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 26/02/2019, dep. 03/07/2019), n.17827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19212/2018 proposto da:

K.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n.

38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 938/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 14/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 938 del giorno 14.12.2017, la Corte di Appello di Perugia ha rigettato l’impugnazione proposta da K.A., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del Tribunale che aveva negato al medesimo sia lo status di rifugiato, che il diritto di asilo costituzionale, sia il diritto alla protezione sussidiaria che quello alla protezione per motivi umanitari.

Il richiedente asilo aveva riferito di essere stato soggetto a denuncia da parte del datore di lavoro e se fosse rientrato nel proprio paese sarebbe stato sicuramente messo in carcere conoscendo come agisce la polizia locale (p. 2 del ricorso).

A sostegno della propria decisione di rigetto, la Corte d’Appello ha evidenziato la scarsa credibilità del richiedente asilo che ha fatto ritenere non sussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ma neppure quelli della protezione sussidiaria non essendo state ritenute apprezzabili le dedotte situazioni d’insicurezza generale e di assenza di protezione da parte delle autorità statuali, per la quale un immediato rientro in patria avrebbe creato danni alla sua persona, così come sono state ritenute insussistenti le situazioni di vulnerabilità in capo al richiedente.

Avverso questa pronuncia, ricorre per cassazione il cittadino straniero sulla base di tre motivi, mentre, il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza di appello per omessa motivazione o per motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto nella sentenza impugnata manca lo svolgimento del processo e l’indicazione delle doglianze dell’appellante, nonchè soprattutto manca il motivo per cui tali doglianze siano state disattese.

Con un secondo motivo, viene dedotto il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto, in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di provenienza, anche alla luce delle fonti d’informazione ufficiale, per come riportate in ricorso (pp. 9-11).

Con un terzo motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6 non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 cit., art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel paese d’origine o che vi possa correre gravi pericoli, alla luce della situazione socio-economica del paese di provenienza e ai conseguenti obblighi internazionali e costituzionali dell’Italia di garantire un livello di vita dignitoso e di tutela della persona, mentre, nel paese d’origine il ricorrente si troverebbe in una situazione di estrema difficoltà economica e sociale (v. pp. 12 e ss. del ricorso).

Il primo motivo è fondato, assorbiti il secondo e il terzo.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. n. 22232/16).

Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata non permette in alcun modo di comprendere le ragioni e l’iter logico seguito per giungere alla decisione adottata, nè i motivi per i quali non sono stati ritenuti fondati gli argomenti dell’appello, cosicchè si “colloca” senz’altro, al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass. sez. un. 8053/14).

Pertanto, in accoglimento del primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Perugia, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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