Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17824 del 30/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/08/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 30/08/2011), n.17824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VERONA 30, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANO GUIDA,

rappresentata e difesa dall’avvocato OREFICE GENNARO, giusta mandato

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUT0 NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO ALESSANDRO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), MINISTERO

DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1668/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

26.2.2010, depositata il 30/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

OSSERVA

1. Con sentenza del 26.2 – 30.4.2010 la Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’impugnazione proposta da S.M. avverso la pronuncia di prime cure e diretta al riconoscimento dell’indennità di frequenza per il periodo 1.7.1984 – 1.11.1997; la Corte territoriale ha ritenuto che:

l’appello si fondava sull’avvenuta produzione di documentazione attestante, ai sensi della L. n. 289 del 1990, art. 1, comma 3, la frequenza di scuola pubblica o privata, trattandosi di minore di anni 18;

nessuna documentazione in tal senso risultava però essere stata prodotta in primo grado, come esattamente rilevato dal primo Giudice e come risultante dal ricorso di primo grado e dall’indice degli atti prodotti in tale grado di giudizio;

a ciò non poteva supplire la documentazione prodotta in appello, poichè l’omessa indicazione nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado dei documenti e l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto determinano la decadenza dal diritto alla loro produzione;

mancava quindi la prova tempestiva del possesso dei requisiti socio economici;

2. avverso la suddetta sentenza S.M. ha proposto ricorso per cassazione; l’Inps ha resistito con controricorso; gli intimati Ministero dell’Interno e Ministero dell’Economia e delle Finanze non hanno svolto attività difensiva; a seguito di relazione, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c.;

3. la ricorrente assume che il primo Giudice avrebbe dovuto ‘sollevare in prima udienza la eventuale carenza documentale e non attendere la conclusione della causa”, cosicchè, con la sua condotta, aveva “sanato ogni vizio eventuale”, la doglianza, prima ancora che manifestamente infondata, non prevedendo l’ordinamento che le decadenze nelle quali sia incorsa la parte possano ritenersi sanate se non rilevate dal Giudicante in prima udienza, è inammissibile, perchè rivolta contro l’attività processuale e, quindi, contro la successiva pronuncia, di prime cure; sostiene inoltre la ricorrente che “inspiegabilmente” i Giudici, sia di primo che di secondo grado, non avevano individuato il deposito della documentazione, “prodotta in entrambi i gradi di Giudizio”, ma, a fronte del ricordato accertamento in contrario espresso nella sentenza impugnata e in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non specifica gli atti (ovviamente del giudizio di prime cure) che dovrebbero provare la tempestività della produzione, nè, tanto meno, riproduce in ricorso il contenuto di tali atti, cosicchè la doglianza si rivela inammissibile;

secondo il condiviso orientamento di questa Corte, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità a raggiungimento dello scopo; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (cfr, ex plurimis, Cass., n. 359/2005); nel caso di specie, al di là di talune asserzioni sostanzialmente apodittiche (e, per di più, ricollegate alla dedotta produzione di documenti dei quali, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non è stato trascritto il contenuto), non sono state svolte specifiche argomentazioni critiche rispetto alle ragioni che la sentenza impugnata ha posto a fondamento della decisiva affermazione relativa alla decadenza dalla produzione dei documenti in cui essa ricorrente era incorsa, il che determina l’intangibilità, siccome non oggetto di idonea censura, della ratio decidendi in parola;

4. in definitiva il ricorso va rigettato; non è luogo a pronunciare sulle spese di questo grado di giudizio, stante il disposto dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla novella di cui al di n. 269/03, convertito in L. n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis alla presente causa (ricorso introduttivo del 4.12.2002).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2011

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