Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17823 del 30/08/2011
Cassazione civile sez. VI, 30/08/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 30/08/2011), n.17823
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA VERONA 30, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANO GUIDA,
rappresentata e difesa dall’avvocato OREFICE GENNARO, giusta mandato
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in
persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati ALESSANDRO RICCIO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE
FINANZE (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 589/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del
25.1.2010, depositata il 18/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta
agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO
FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
OSSERVA
1. Con sentenza del 25.1 – 18.3.2010 la Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’impugnazione proposta da B.A. avverso la pronuncia di prime cure e diretta al riconoscimento della pensione di inabilità civile; la Corte territoriale ha ritenuto che:
l’appellante avrebbe dovuto dimostrare, oltre alla sussistenza del requisito sanitario, anche di aver fruito, non individualmente, ma assieme al proprio coniuge, a partire dalla data di raggiungimento della soglia invalidante, di un reddito inferiore al limite massimo previsto dalla legge;
il primo giudice aveva rilevato l’assoluta carenza di prova in ordine sia all’avvenuto dedotto decesso del coniuge della ricorrente, che alla situazione reddituale del coniuge stesso prima del decesso;
soltanto in grado d’appello la parte ricorrente aveva fornito la prova del decesso del coniuge;
soltanto nel corso del grado d’appello era stata prodotta certificazione dell’Agenzia delle Entrate relativa alla situazione reddituale della ricorrente stessa B.A.;
l’atto notorio prodotto al riguardo in primo grado non poteva assumere alcuna rilevanza probatoria, attesa l’inidoneità di tale produzione nell’ordinario giudizio civile;
la produzione all’udienza di discussione della certificazione dell’Agenzia delle Entrate relativa alla parte appellante doveva considerarsi del tutto tardiva e inammissibile;
i requisiti socio – economici, in tema di benefici assistenziali per gli invalidi civili, integrano elementi costitutivi del diritto, la cui mancanza è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;
2. avverso la suddetta sentenza B.A. ha proposto ricorso per cassazione; l’inps ha resistito con controricorso; gli intimati Ministero dell’Interno e Ministero dell’Economia e delle Finanze non hanno svolto attività difensiva; a seguito di relazione, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c.;
3. secondo il condiviso orientamento di questa Corte, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (cfr, ex plurimis, Cass., n. 359/2005); nel caso di specie, al di là di talune asserzioni sostanzialmente apodittiche (e, per di più, ricollegate alla dedotta produzione di documenti dei quali, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non è stato trascritto il contenuto), non sono state svolte specifiche argomentazioni critiche rispetto alle ragioni che la sentenza impugnata ha posto a fondamento delle decisive affermazioni relative all’inidoneità probatoria dell’autocertificazione reddituale prodotta dall’odierna ricorrente in prime cure e all’inammissibilità della produzione della certificazione reddituale dalla medesima dimessa in grado d’appello, il che determina l’intangibilità, siccome non oggetto di idonea censura, delle suddette rationes decidendi, che di per sè sostengono il decisum, ciò comporta l’inammissibilità, per carenza di interesse, delle ulteriori doglianze, fra cui quelle relative alla ritenuta rilevanza dei redditi del coniuge dell’interessata, posto che, qualora la pronuncia impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto (ovvero l’inammissibilità) delle doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, l’esame relativo alle altre, pure se tutte tempestivamente sollevate, in quanto il ricorrente non ha più ragione di avanzare censure che investono una ulteriore ratio deciderteli, giacchè, ancorchè esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della decisione anzidetta (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 12976/2001; 18240/2004; 13956/2005; 3386/2011);
4. in definitiva il ricorso va rigettato; non è luogo a pronunciare sulle spese di questo grado di giudizio, stante il disposto dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla novella di cui a di n. 269/03, convenuto in L. n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis alla presente causa (ricorso introduttivo del 19.12.2002).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2011