Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17823 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 14/09/2018, dep. 03/07/2019), n.17823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliera –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.N., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Americo Capponi

16, presso lo studio dell’avv. Carlo Staccioli, che la rappresenta e

difende nel presente giudizio, giusta procura a margine del ricorso,

e dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo

alla p.e.c. carlostaccioli.ordineavvocatiroma.org e al fax n.

06/96521590;

– ricorrente –

nei confronti di:

avv. F.E., quale tutrice della minore D.S.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 19/2017 della Corte di appello di Venezia,

emessa il 21 aprile 2017 e depositata il 15 maggio 2017, n. 48/2017

R.G.;

sentita la relazione in Camera di consiglio del Cons. Dott. Giacinto

Bisogni.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. In seguito alla comunicazione da parte della Procura della Repubblica di Venezia della pendenza di procedimento penale nei confronti di B.F. per il reato continuato di atti sessuali con la minore D.S.S. e nei confronti della madre della minore O.N., per concorso nel reato e per estorsione continuata nei confronti del B., il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Venezia ha richiesto, in data 20 novembre 2014, l’apertura in via di urgenza di procedimento per l’accertamento dello stato di adottabilità di D.S.S..

2. In data 28 novembre 2011, il Tribunale per i minorenni di Venezia ha sospeso, in via di urgenza, la responsabilità genitoriale dei genitori della minore ( O.N. e D.S.R.) nominando tutrice l’avv. F.E. e affidandola al Servizio Sociale di (OMISSIS) che ha provveduto a collocarla presso una struttura protetta.

3. Con sentenza del 4 novembre 2016 il Tribunale per i minorenni ha dichiarato lo stato di adottabilità di D.S.S..

4. La madre della minore ha proposto appello deducendo che nessuna spiegazione aveva fornito la sentenza del T.M. sulla sua responsabilità per i fatti che avevano portato all’apertura del procedimento, responsabilità che era stata esclusa in sede penale con sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto. La sig.ra O.N. ha contestato il giudizio sul deficit delle sue capacità genitoriali prospettando altresì una serie di miglioramenti nella sua condizione di vita in seguito alla sua assunzione a tempo indeterminato presso uno studio medico, alla stipulazione di un contratto di locazione quadriennale per la sua abitazione. Ha lamentato la mancata considerazione della sua disponibilità a sottoporsi a un programma definito e gestito dai Servizi sociali e finalizzato al recupero della relazione con la figlia e alla valorizzazione delle sue capacità genitoriali.

5. La Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello e confermato la decisione del Tribunale per i minorenni di cui ha ripreso in larga parte le motivazioni. In particolare, ha ribadito la Corte che la minore viveva in un “contesto famigliare moralmente degradato”, posto che la madre esercitava la attività di prostituta nella abitazione nella quale viveva con la figlia. Sebbene la madre sia stata assolta nel giudizio penale era comunque da ritenersi provato un suo comportamento gravemente contrario alla funzione genitoriale consistito nell’aver affidato più volte la bambina al soggetto che aveva commesso gli abusi sessuali, accertati in sede penale con una condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione, e con la consapevolezza della pericolosità di tale comportamento. Oltre a questo comportamento dismissivo di qualsiasi responsabilità e affettività nei confronti della figlia, esposta al pericolo di nuovi abusi, la Corte d’appello ha ricordato che dalla relazione dei Servizi sociali risultava che la madre era solita affidare la figlia a persone non raccomandabili e che nel corso del procedimento penale sono emersi indizi di altri abusi da parte di ulteriori soggetti. La bambina ha inoltre riferito ai Servizi sociali di essere stata abusata dal padre e da un amico nigeriano della madre. Quanto alla richiesta della madre di essere aiutata con un programma psicoterapeutico da affidare ai Servizi sociali la Corte di appello ha ritenuto che, anche se astrattamente possibile, peraltro in uno spazio temporale non compatibile con le esigenze della figlia, un simile intervento non può essere considerato idoneo a garantire le esigenze di tutela, recupero e formazione della minore che necessita immediatamente di un sostegno sicuro e stabile.

6. Ciò è confermato, secondo la Corte distrettuale, anche dalla recente relazione dei Servizi Sociali (inviata il 30 marzo 2017), dalla quale emerge che la minore, collocata nel giusto contesto, si è ben inserita nella struttura di accoglienza e ha reagito positivamente socializzando con gli altri e conseguendo anche buoni risultati dal punto di vista della scolarizzazione mentre si è potuta registrare la progressiva regressione dei comportamenti di adultizzazione e sessualizzazione precoce indotti dagli abusi sessuali subiti. La Corte di appello ha anche evidenziato l’elevato rischio che un ricollocamento della bambina nel contesto materno possa indurla a rivivere le terribili esperienze passate rischiando di vanificare i progressi conseguiti in questi anni.

7. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la Ngozi, affidandosi a dieci motivi di ricorso.

8. Con i primi tre motivi si deduce la violazione e falsa applicazione di norme. In particolare, con il primo motivo della L. n. 184 del 1983, art. 1 e art. 3 Cost., per violazione del diritto della minore a vivere con la propria madre; con il secondo della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 9, per insussistenza dei presupposti per la dichiarazione dello stato di adottabilità conseguente alla errata valutazione delle prove; con il terzo, violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 12 e 15, per errore di fatto nella valutazione circa l’esistenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità. Secondo la ricorrente il giudice d’appello avrebbe omesso qualsiasi accertamento sulla capacità dei genitori a prendersi cura della figlia. La ricorrente lamenta anche la mancata ricerca dei parenti entro il quarto grado che avrebbero potuto aiutarla a crescere ed educare la figlia.

9. Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 8 della C.E.D.U., in considerazione della insussistenza dei requisiti per la dichiarazione dello stato di adottabilità, dato che, nel corso del giudizio di merito non vi è stata, secondo la ricorrente, una verifica sulla irrecuperabilità della funzione genitoriale.

10. Con il quinto motivo si deduce la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 7, per mancata audizione della minore (quasi 11 anni al momento della dichiarazione dello stato di adottabilità) e mancata motivazione in merito alla mancata audizione.

11. Con il sesto motivo si deduce la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, per mancata predisposizione di un progetto di recupero della madre e mancata motivazione in merito.

12. Con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 654 c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione per non aver commesso il fatto e perchè il fatto non costituisce reato.

13. Con l’ottavo motivo si deduce la violazione dell’art. 654 c.p.c., per avere la Corte d’appello disatteso l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione, posto che, contrariamente a quanto statuito in sede penale, il giudice d’appello avrebbe ritenuto che la madre fosse a conoscenza delle violenze sessuali subite dalla minore.

14. Con il nono motivo si deduce la violazione dell’art. 654 c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione, in quanto i giudici di merito avrebbero ampliato, rispetto agli esiti emersi in sede penale, la portata dell’abuso sessuale.

15. Con il decimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 191,196 e 654 c.p.p., per aver posto a fondamento della decisione dichiarazioni rese dalla minore senza alcuna valutazione in merito alla attendibilità di tali dichiarazioni, rese a personale non specializzato e senza alcun tipo di garanzia della loro autenticità.

Rilevato che:

16. Con ordinanza interlocutoria n. 6819/2018 la Corte di Cassazione, sezione prima civile, ha rilevato che, nella sua motivazione, la Corte di appello dà atto che l’appellante O.N. all’udienza del 21 aprile 2017 ha prodotto un documento intitolato memoria di costituzione di D.S.R. (padre di S. mai costituito in giudizio) e nell’epigrafe della sentenza non viene menzionato il sig. D.S. e ha ritenuto che, ai fini della verifica della corretta instaurazione del contraddittorio è necessario accertare se vi sia stata o meno la partecipazione al giudizio del sig. D.S. e se lo stesso sia stato evocato in giudizio. A tal fine ha ritenuto necessario acquisire il fascicolo di ufficio del giudizio di merito.

17. E’ stato acquisito il fascicolo di ufficio e da esso risulta

che: a) con il decreto, emesso il 9 febbraio 2017, di fissazione della udienza del 21 aprile 2017, il Presidente della Corte di appello di Venezia, sezione per i minorenni, ha disposto che la sig.ra O.N. notificasse il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza entro il 1 marzo 2017 al padre della minore D.S.S., al tutore e al P.M.; b) non risulta adempiuta tale disposizione; c) all’udienza collegiale del 21 aprile 2017 è comparsa, oltre al P.M., l’avv. Gerardina Orlandella per la ricorrente e ha depositato memoria difensiva del padre della minore che peraltro non si è costituito.

Ritenuto che:

18. All’udienza del 21 aprile 2017 la causa non poteva essere assunta in decisione dalla Corte di appello in assenza della prova della avvenuta notifica del ricorso e del decreto, disposta con il decreto presidenziale del 9 febbraio 2017, e stante la mancata costituzione in appello del sig. D.S.R. a nulla potendo rilevare il deposito da parte del difensore della ricorrente di una memoria difensiva intestata al D.S..

19. Va pertanto dichiarata la nullità della sentenza impugnata con rinvio degli atti alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione ai fini della regolare instaurazione del contraddittorio nei confronti del D.S. litisconsorte necessario (cfr. Cass. civ., sezione I, n. 24482 del 30 ottobre 2013; n. 15369 del 22 luglio 2015 e n. 16060 del 18 giugno 2018) e per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità della sentenza impugnata e rimette gli atti alla Corte di appello di Venezia anche per le spese del giudizio di cassazione.

Dispone omettersi qualsiasi riferimento alle generalità e agli altri elementi identificativi delle parti nella pubblicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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