Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17818 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/07/2017, (ud. 27/06/2017, dep.19/07/2017),  n. 17818

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Lina Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. GIORDANO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4418-2012 proposto da:

COMUNE DI GARGALLO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MONTEROSA DI Z.I. & C. SAS, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA MARIANNA DIONIGI 17, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO

CODACCI PISANELLI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAURIZIO NOBILI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2010 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 20/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa DE RENZIS Luisa, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. Il Comune di Gargallo (NO) propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 76/2/10 del 20 dicembre 2010 con la quale la commissione tributaria regionale del Piemonte, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi tanto gli avvisi di accertamento e liquidazione Ici 2003/2006 notificati nel maggio 2008, quanto il diniego di rimborso di Ici 2007 da esso opposto in relazione a taluni terreni, di cui sosteneva l’edificabilità, posseduti dalla Monterosa sas di I.Z. & c..

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – i terreni in oggetto non potevano essere considerati edificabili, posto che il carattere di edificabilità, già previsto con variante al piano regolatore generale, era poi venuto meno a causa della mancata approvazione del piano comunale da parte della Regione Piemonte; – fondata era anche l’istanza di rimborso relativa all’anno 2007, non avendo il Comune titolo per trattenere un tributo che, in esito alla mancata approvazione dello strumento urbanistico da parte della Regione, non era dovuto; – la ritenuta esenzione da Ici dei terreni in questione, in quanto inedificabili, esonerava la commissione tributaria regionale dalla verifica della sussistenza della diversa causa di esenzione costituita dalla natura agricola della società contribuente; – illegittima doveva considerarsi la produzione di documenti da parte del Comune, stante la sua costituzione in giudizio oltre i termini di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23.

Resiste con controricorso la Monterosa sas di Z. I. & c..

Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso il Comune lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione della normativa Ici di riferimento (- art. 2, comma 1, lett. b) e D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5; – D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. in L. n. 248 del 2005; – D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. in L. n. 248 del 2006). Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto non edificabili i terreni in questione a causa della mancata approvazione regionale dello strumento di attuazione; nonostante che, ai fini Ici, il requisito in questione dovesse invece affermarsi sulla base della sola previsione del piano regolatore generale, indipendentemente dalla sua definitiva approvazione da parte della Regione.

p. 2.2 Il motivo è fondato.

La ratio decidendi adottata dalla commissione tributaria regionale confligge infatti con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa corte di legittimità (a partire da SSUU 25506/06), secondo cui (da ultimo, Cass. n. 16485/16): “in tema d’ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11-quaterdecies, comma 16, conv. con modif. nella L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. con modif. nella L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi”.

Su tale presupposto potrebbe – al più – porsi un problema (comunque nella specie non dedotto) di valutazione delle concrete potenzialità edificatorie dell’area, nonchè della possibile incidenza economica degli ulteriori oneri di urbanizzazione, in rapporto alle condizioni esistenti al momento dell’imposizione; il che, tuttavia, rileva non già al fine di smentire la qualificazione edificatoria del suolo, bensì all’esclusivo scopo di addivenire alla adeguata quantificazione del valore venale del terreno edificabile (Cass. ord. 12377/16).

Con riguardo ad un’ipotesi di decadenza per mancata approvazione di un programma di fabbricazione equiparabile al piano regolatore, ha affermato Cass. 13135/10 che: “in tema di ICI, per determinare la natura di terreni compresi in un piano ASI decaduto, occorre far riferimento alla destinazione urbanistica originaria, con la conseguenza che gli stessi sono da qualificare edificabili se inseriti nel preesistente programma di fabbricazione, a prescindere dall’esistenza o dalla validità degli strumenti urbanistici attuativi, poichè, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nello strumento generale adottato dal Comune (piano regolatore o, come nella specie, programma di fabbricazione, ad esso equivalente), indipendentemente dalla sua approvazione da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, in quanto nel sistema dell’ICI la nozione di area fabbricabile è ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria”.

Orbene, nel caso di specie si discute di aree considerate edificabili fin dal 2000, in forza di una variante al piano regolatore generale del Comune di Gargallo, che ha poi trovato conferma con l’ulteriore approvazione di variante del dicembre 2004. La mancata approvazione definitiva di quest’ultima entro il termine massimo di operatività del regime di salvaguardia non ha determinato l’automatica retrocessione dell’area al regime agricolo di origine; permanendo essa – per tutte le annualità di imposta dedotte in giudizio – nell’ambito della programmata pianificazione urbanistica, poi anche formalmente convalidata con la definitiva approvazione regionale.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della suddetta normativa anche per quanto riguarda l’insussistenza del diritto della società al rimborso dell’Ici versata per l’anno 2007. Ciò in ragione del fatto che, anche nell’annualità di imposta in oggetto, i terreni dovevano ritenersi edificabili, posto che la decadenza della variante del dicembre 2004 costituiva un dato meramente formale che lasciava inalterata la destinazione edificatoria dell’area; infatti, poi approvata in via definitiva dalla Regione Piemonte con delibera dell’11 maggio 2009 (tanto che la stessa società contribuente aveva potuto presentare un piano esecutivo convenzionato per la realizzazione di vari lotti produttivi, implicanti l’edificazione del suolo).

p. 3.2 Anche questo motivo, specificamente concernente il rimborso dell’Ici pagata per l’anno 2007, va accolto.

E ciò sul medesimo presupposto dell’effettiva debenza dell’imposta, sulle aree fabbricabili in questione, nell’arco temporale di riferimento.

Va qui richiamato quanto stabilito dalla già citata pronuncia SSUU 25506/06, secondo cui l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è di per sè sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile. Le cui eventuali oscillazioni – in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo jus aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo – possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, però “senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lett. f)”; riconoscimento, quest’ultimo, nella fattispecie pacificamente non intervenuto.

p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso il Comune lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b) e art. 9, comma 1; non potendosi nella specie applicare la finzione di non edificabilità dell’area in quanto condotta da società agricola. Ciò perchè tale istituto presupporrebbe che l’attività agricola venga esercitata da una persona fisica iscritta negli appositi elenchi comunali INPS (ex SCAU) e soggetta al corrispondente obbligo assicurativo. In ogni caso, la società contribuente sarebbe priva dei requisiti di legge, in quanto iscritta nella sezione ‘ordinarià del registro delle imprese, ed avente ad oggetto statutario anche attività diverse da quella agricola.

p. 4.2 Ancorchè la commissione tributaria regionale abbia ritenuto assorbito questo profilo, in considerazione della ritenuta non-fabbricabilità dell’area per decadenza degli strumenti urbanistici di attuazione, si ritiene che questa corte di legittimità debba comunque affermare l’insussistenza, nella specie, dei presupposti di esenzione subordinatamente invocati dalla società con riguardo al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b) e art. 9, comma 1 cit..

Risulta infatti dagli atti di causa come la società abbia dedotto il carattere non-fabbricabile del terreno – in forza della fictio legis di cui all’art. 2, lett. b) cit. – sulla base della pregressa iscrizione del socio accomandatario all’elenco Scau-Inps e, inoltre, dell’effettivo risalente esercizio dell’agricoltura (allevamento) sui fondi in questione.

Così facendo, la società contribuente non ha però allegato tutti gli elementi idonei ad integrare la fattispecie normativa di equiparazione, agli effetti delle agevolazioni sulle imposte indirette, della società agricola alla figura del coltivatore diretto L. n. 99 del 2004, ex art. 2.

Fattispecie normativa che richiede altresì la variazione della ragione o denominazione sociale con indicazione specifica di società agricola e, soprattutto, il concorso di tutti i requisiti che definiscono l’imprenditore agricolo professionale (IAP) ai sensi della L. n. 99 del 2004, art. 1 cit., quali: – la sussistenza di tale qualifica in capo (nel caso di specie) al socio accomandatario; – la previsione statutaria di esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c..

Si tratta di condizioni, necessarie ai fini della suddetta finzione legale di non fabbricabilità, che la società – sulla base di quanto desumibile dalla sentenza impugnata (secondo cui essa si limitò a far valere il solo svolgimento pregresso dell’attività di allevamento di animali), e dallo stesso controricorso nel presente giudizio (nel quale la fattispecie agevolativa viene richiamata solo in alcuni dei su indicati elementi essenziali, non in tutti: pagg. 3 e 4) – non ha allegato in giudizio.

E per regola generale, trattandosi di materia sostanzialmente riconducibile a quella agevolativa, l’onere di tale allegazione e della relativa prova non poteva che gravare sulla stessa società richiedente.

In definitiva, pur ritenendo che il combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b) e art. 9, comma 1, sia riferibile non soltanto al coltivatore diretto ovvero all’imprenditore agricolo persona fisica, ma anche – nel superamento del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2 per effetto della menzionata equiparazione, in materia, della posizione della società agricola a quella del coltivatore diretto ex artt.1 e 2 I. 99/04 – alle società di persone, risulta dirimente la mancata allegazione da parte della società contribuente della sussistenza degli ulteriori indefettibili requisiti, costituiti: – dalla ragione sociale conforme di società agricola; – dalla esclusività statutaria dell’attività agricola; – dal possesso della qualifica IAP in capo al socio accomandatario nelle annualità di imposta prese a riferimento.

p. 5.1 Con il quarto motivo di ricorso il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 1. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto inammissibili le produzioni documentali stante la sua tardiva costituzione in giudizio; nonostante che questa tardività derivasse dall’inosservanza di un termine meramente ordinatorio, con conseguente esclusione di qualsivoglia decadenza.

p. 5.2 Anche questo motivo è fondato.

Va fatta qui applicazione del principio secondo cui “in tema di contenzioso tributario, la costituzione in giudizio della parte resistente deve avvenire, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso, a pena di decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi; sicchè, qualora tali difese non siano state concretamente esercitate, nessun altro pregiudizio può derivare al resistente, al quale va riconosciuto il diritto di negare i fatti costitutivi della pretesa attrice, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate, nonchè di produrre documenti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32” (Cass. 6734/15).

Da ciò consegue l’erroneità dell’affermazione della commissione tributaria regionale, secondo cui la tardiva costituzione in giudizio da parte dell’ufficio ne avrebbe comportato la decadenza (non prevista dalla legge) nella produzione di documenti; non senza peraltro considerare come la decisione di merito venga qui annullata per ragioni di diritto, non riconducibili a determinate produzioni documentali di provenienza del Comune.

Ne segue l’accoglimento del ricorso per la cassazione della sentenza impugnata.

Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè sono state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 cod.proc.civ., mediante rigetto dei riuniti ricorsi introduttivi della società contribuente.

Le spese del presente giudizio di cassazione vengono poste a carico di quest’ultima in ragione di soccombenza; le spese del giudizio di merito vengono invece compensate, in considerazione della controvertibilità della questione e del consolidarsi soltanto in corso di causa dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità su taluni punti fondamentali della lite.

PQM

 

LA CORTE

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo del merito, rigetta i ricorsi introduttivi riuniti della società Monterosa sas di Z.I.;

condanna parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000,00, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge; compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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