Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17816 del 09/09/2016
Cassazione civile sez. trib., 09/09/2016, (ud. 14/10/2015, dep. 09/09/2016), n.17816
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16207/2009 proposto da:
C.E., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’Avvocato GIANFRANCO PROCOPIO con studio in COMO VIA ODESCALCHI
36 (avviso postale ex art. 135) giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DI COMO;
– intimata –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 19/2008 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,
depositata il 03/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/10/2015 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
udito per il controricorrente l’Avvocato TIDORE che si riporta agli
atti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibilità e in
subordine il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione tributaria della regione Lombardia con sentenza 3.6.2008 n. 19 ha rigettato l’appello proposto da C.E. n.q. di erede del coniuge Ca.Um. e dichiarato legittimo l’avviso emesso dall’Ufficio di Como della Agenzia delle Entrate con il quale veniva recuperata l’IVA irrogata la sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 1, in relazione alla mancata annotazione nel registro di 45 fatture passive per operazioni di acquisto intracomunitarie.
La CTR rilevava che trovava applicazione nella specie il sistema di inxersione contabile ed il contribuente non aveva eseguito la doppia annotazione delle fatture nel registro fatture e nel registro acquisti, omettendo di portare in detrazione l’IVA a credito entro il secondo anno d’imposta successivo a quello di insorgenza del diritto.
Avverso tale sentenza ha proposto rituale ricorso per cassazione la contribuente, con atto notificato il 26.6.2009 deducendo con un unico complesso motivo il vizio di violazione del D.P.R. n. 633 del 1972 , art. 19.
La Agenzia delle Entrate non ha svolto difese limitandosi a partecipare alla udienza di discussione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente censura la sentenza di appello per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, sostenendo che se l’imposta è stata comunque assolta, non essendovi pregiudizio sostanziale per l’Erario, eventuali irregolarità formali non possono pregiudicare l’esercizio del diritto alla detrazione, ferma la irrogabilità delle sanzioni previste per la violazione della condotta prescritta dalle norme tributarie.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata, decidendo in merito ad un avviso di accertamento D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54, relativo all’anno d’imposta 2001, “per la rettifica dei dati, per il recupero dell’IVA relativa alle operazioni non registrate e per l’applicazione delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 1, ha rigettato l’appello del contribuente confermando le decisione di prime cure, in quanto: 1- i motivi di gravame erano meramente reiterativi dei motivi formulati nel ricorso introduttivo; 2- non poteva “trovare attuazione l’invocata legge finanziaria del 2008 che è successiva e non prevede alcuna estensione retroattiva”; 3- la mancata “contemporanea annotazione della fattura estera integrata sul registro IVA a debito D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 23 e nel registro IVA a credito ex art. 25 medesimo decreto” non poteva trovare giustificazione nella buona fede del contribuente; 4- il diritto alla detrazione d’imposta non era stato esercitato dal contribuente “al più tardi con la dichiarazione del secondo anno successivo a quello in cui era sorto il diritto”.
Orbene l’unico motivo di ricorso, privo di rubrica, sembra indicare, quale vizio di legittimità la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, come pare doversi desumersi dal quesito di diritto formulato in calce che richiede alla Corte di affermare il diritto alla detrazione anche “quando l’imposta sia stata assolta, ancorchè irregolarmente dal concessionario o committente, ovvero dal cedente o prestatore, ferma restando l’applicazione della sanzione amministrativa”.
Palese è la assoluta inidoneità tanto del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. (del tutto privo di puntuali riferimenti alla fattispecie concreta), quanto della esposizione del motivo (che riporta nella parte iniziale alcuni principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE con la sentenza 8.5,2008, quindi invoca il principio del “favor rei” in tema di sanzioni tributarie richiamando del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 9 bis, che prevede la irrogazione della sanzione quando il contribuente “non assolve l’imposta…. mediante il meccanismo della inversione contabile di cui del D.P.R. 26 ottobre 1972, art. 17 e art. 74, commi 7 ed 8” prevedendo una diminuzione nel caso in cui la imposta sia stata assolta, ancorchè irregolarmente), a contrastare efficacemente le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata, avendo del tutto omesso la parte ricorrente di svolgere argomenti volti a censurare la assorbente ed autonoma statuizione di decadenza dall’esercizio del diritto alla detrazione, per inutile decorso del termine biennale previsto dalla normativa IVA, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso rivolto esclusivamente a contrastare la diversa statuizione con la quale viene disconosciuto il diritto alla detrazione per irregolarità formali (la ricorrente non fornisce, infatti, alcuna indicazione circa la data delle operazioni di acquisto – intracomunitarie: ricorso pag. 1-, nè se la detrazione d’imposta sia stata o meno esposta nella dichiarazione annuale o nelle liquidazioni periodiche ai fini IVA, impedendo qualsiasi verifica sull’an e sulla tempestività della detrazione in contestazione).
Ed infatti ove la sentenza impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr. Corte Cass. 3^ sez. 7.11.2005 n. 21490; id. 3^ sez. 11.1.2007 n. 389; id. SS.UU. 20.6.2007 n. 14297; id. SS.UU. 23.12.2009 n. 27210; id. 3^ sez. 12.3.2010 n. 6045; id. Sez. 6 – L, Ord. 3.11.2011 n. 22753; id. SS.UU. 29.3.2013 n. 7931).
In conclusione il ricorso deve esser dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo limitatamente alla voce relativa alla partecipazione dell’Avvocatura erariale alla udienza di discussione.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.50,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio il 14 otto 2015.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016