Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17816 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2019, (ud. 21/03/2019, dep. 03/07/2019), n.17816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22293-2017 proposto da:

G.P., G.G., nella qualità di eredi di

G.F. e di D.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE XXI

APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato PIETRO GRECO;

– ricorrenti –

contro

REGIONE CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1449/201 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSETTI

MARCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1997 G.F. convenne dinanzi al Tribunale di Cosenza la Regione Calabria, chiedendone la condanna al pagamento dell’indennizzo previsto dalla L.R. Calabria 27 gennaio 1986, n. 3, in favore dei proprietari di bestiame ucciso da lupi appenninici.

2. La domanda venne rigettata in primo ed in secondo grado; la sentenza d’appello venne tuttavia cassata con rinvio da questa Corte, con sentenza 25 luglio 2008 n. 20446.

3. Riassunto il giudizio, con sentenza 19 settembre 2016 n. 1449 la Corte d’appello di Catanzaro accolse la domanda, compensando fra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da G.G. e G.P., eredi di G.F., con ricorso fondato su due motivi.

La Regione Calabria non si è difesa in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con ambedue i motivi di ricorso è lamentata la violazione degli artt. 91,92,112 e 132 c.p.c..

Deducono i ricorrenti che nella specie non ricorreva alcun particolare motivo che giustificasse la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio; che in ogni caso la Corte d’appello non ha adeguatamente motivato tale scelta; che per effetto della decisione della Corte d’appello si è verificata una “immotivata soccombenza di lutto della parte totalmente vittoriosa”, in quanto i costi sostenuti per i quattro gradi di giudizio (primo grado, appello, cassazione e rinvio) si sono alla fine rivelati pari al valore intrinseco della causa.

2. Il ricorso è fondato.

Il presente giudizio è iniziato nel 1997: ad esso è dunque applicabile ratione temporis l’art. 92 c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1.

Quella norma stabiliva: “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”. Nell’interpretare tale norma, questa Corte aveva fissato una serie di principi generali, così riassumibili:

(-) i “giusti motivi” che giustificavano la compensazione delle spese andavano apprezzati dal giudice di merito caso per caso;

(-) il giudizio sulla compensazione delle spese è rimesso al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017; Sez. 5 -, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017);

(-) è tuttavia censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità (non della scelta di compensare le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione (Sez. 2, Sentenza n. 16205 del 23/07/2007): ad esempio, quando il giudice di merito scelga di compensare le spese in ragione della “peculiarità della vicenda”, in un caso in cui la soccombenza era stata però determinata non già da ragioni di diritto, ma dal mancato assolvimento dell’onere della prova (Sez. 3 -, Ordinanza n. 13767 del 31/05/2018); oppure quando adotti una motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea.

3. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto di compensare le spese di ben quattro gradi di giudizio, con la seguente motivazione: “sussistono, avuto riguardo alla estrema particolarità delle questioni affrontate in ordine alla soluzione dei controversi profili interpretativi concernenti la normativa in materia, giustificati motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese relative a tutti i gradi di giudizio”.

Quella che precede, tuttavia, costituisce una motivazione tautologica, e come tale inesistente.

Dire, infatti, che le spese vanno compensate “avuto riguardo ai controversi profili interpretativi concernenti la normativa in materia” è affermazione che non spiega quali sarebbero i “profili interpretativi”; perchè sarebbero controversi (a meno di non ritenere controversa una questione, sol perchè il giudice abbia errato nell’interpretazione della legge); perchè tali “profili controversi” dovrebbero giustificare una compensazione non solo parziale, ma addirittura integrale delle spese d’una causa protrattasi per ventidue anni.

Ricorre, dunque, nel caso di specie una ipotesi di compensazione delle spese sorretta da motivazione inconsistente, e come tale violativi del precetto di cui all’art. 92 c.p.c., nel testo applicabile ratione

4. La ritenuta erroneità della sentenza impugnata non ne impone, tuttavia, la cassazione con rinvio.

Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile in questa sede decidere la causa nel merito, condannando l’amministrazione regionale alla rifusione delle spese, ex art. 91 c.p.c., e provvedendo alla liquidazione di queste ultime.

Tali spese andranno liquidate applicando i criteri previsti dal D.M. n. 55 del 2014 alle attività defensionali svolte nell’intero giudizio.

Questa Corte, infatti, decidendo la causa nel merito, assume i poteri del giudice del rinvio, e nel caso di specie il giudice del rinvio, decidendo in sede di appello, aveva riformato la sentenza di primo grado.

Dunque il giudice di rinvio, e per esso questa Corte, era investito, ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, e tale liquidazione deve avvenire in base alle regole vigenti al momento della decisione d’appello (o, nel nostro caso, di rinvio), come già ritenuto da questa Corte (così Sez. 6 – L, Ordinanza n. 31884 del 10/12/2018, Rv. 651920 – 01, secondo cui “i parametri introdotti dal D.M. n. 55 del 2014, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ancorchè la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purchè a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata. Ne consegue che, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del detto D.M. non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado; nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell’impugnazione, investito ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d’appello, atteso che l’accezione omnicomprensiva di “compenso” evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera prestata nella sua intere.ua”; nello stesso senso, Sez. 2 -, Sentenza n. 30529 del 19/12/2017, Rv. 646610 – 03; Sez. 6 – 2, Sentenza n. 21205 del 19/10/2016, Rv. 641672 – 01, soprattutto Sez. U, Sentenza n. 17405 del 12/10/2012, Rv. 623533 – 01).

5. In applicazione dunque dei suddetti criteri, tenuto conto del valore della causa (tra 5.000 e 26.000 Euro), gli importi indicati dai ricorrenti alle pp. 36-37 del ricorso appaiono coerenti con i parametri di legge, sicchè le spese di lite possono essere liquidate nella medesima misura. Spetterà dunque ai ricorrenti:

-) per il primo grado di giudizio, Euro 1.807,69 per compensi, ed Euro 372,64 per spese;

-) per il giudizio di appello, Euro 2.850 per compensi, ed Euro 343,68 per spese;

-) per il giudizio di cassazione del 2008, Euro 2.000 per compensi, ed Euro 330,23 per spese;

-) per il giudizio di rinvio, Euro 3.777 per compensi, ed Euro 413,38 per spese.

A tali somme andranno aggiunti le spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 (15%), l’IVA sulle competenze (22%) ed il contributo dovuto alla cassa forense (4%), calcolato su compensi e spese imponibili.

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte intimata, in applicazione del principio della soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo, sulla base del valore della causa, che va individuato nell’importo delle spese liquidate al prevedente p. 5.

P.Q.M.

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la Regione Calabria al pagamento in favore di G.G. e G.P. delle somme indicate nel paragrafo 5 della motivazione della presente sentenza;

(-) condanna Regione Calabria alla rifusione in favore di G.G. e G.P. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.935, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014 n. 55, ex art. 2, comma 2.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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