Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17815 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 26/08/2020), n.17815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 2128 del ruolo generale dell’anno 2019

proposto da:

F.M., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura in calce al ricorso, dagli avvocati Alessandro Algozini,

(C.F.: LGZLSN41B52G273L) e Giorgio Algozini, (C.F.:

LGZGRG72P27G273P);

– ricorrente –

nei confronti di:

AMAP S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona dell’amministratore unico,

legale rappresentante pro tempore, P.M. rappresentata

e difesa, giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocato

Antonino Frenda, (C.F.: FRNNNN56S15H1595);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Palermo n.

2431/2017, pubblicata in data 19 dicembre 2017;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio dell’8

luglio 2020 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.M. ha agito in giudizio nei confronti dell’AMAP S.p.A., gestore del locale servizio di somministrazione idrica, per ottenere l’accertamento negativo di un credito da quest’ultima preteso nei suoi confronti a titolo di consumi relativi al periodo dal 20 gennaio 1997 al 17 ottobre 2001, per un complessivo importo di Euro 4.545,34.

La sua domanda è stata rigettata dal Tribunale di Palermo.

La Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre il F., sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso l’AMAP S.p.A..

Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Il ricorrente censura la decisione impugnata, in relazione al rigetto della sua eccezione di prescrizione del credito in contestazione.

Il motivo è infondato.

La corte di appello ha escluso che il credito dell’AMAP S.p.A. in contestazione nel presente giudizio potesse essere prescritto, trattandosi di pretesa per consumi relativi al periodo dal 20 gennaio 1997 al 17 ottobre 2001, ed essendo la prima richiesta di pagamento intervenuta a dicembre 2001, con ulteriori successivi atti interruttivi intervenuti pacificamente entro il limite dei cinque anni l’uno dall’altro.

Il ricorrente sostiene che, avendo egli contestato in radice la pretesa della società somministrante, non potrebbe assumersi che i consumi in discussione si siano effettivamente determinati nel periodo da essa indicato: assume che la prescrizione dovrebbe farsi in realtà decorrere dalla data di installazione del contatore, cioè dal luglio 1996.

L’argomentazione è priva di fondamento, sia sul piano logico che su quello giuridico.

La società ha chiesto il pagamento di consumi che assume prodotti nel periodo tra gennaio 1997 ed ottobre 2001: tale pretesa sarebbe da ritenersi eventualmente infondata, in mancanza della dimostrazione che, nel periodo indicato, si siano verificati i consumi indicati, ma certamente essa non può considerarsi, come tale, prescritta, in presenza di atto interruttivo posto in essere nel dicembre 2001 (e certamente, comunque, non potrebbe ritenersi prescritto il credito per i consumi relativi ai cinque anni precedenti al dicembre 2001). La censura, in sostanza, si risolve in una contestazione relativa al merito della pretesa creditoria: essa, peraltro, con riguardo alla prescrizione, risulta senz’altro infondata.

2. Con il secondo motivo si denunzia “violazione degli artt. 2697,2727,2729 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Secondo il ricorrente, non sarebbe stata fornita sufficiente prova del regolare funzionamento del contatore. Viene criticata, in particolare, la valutazione degli elementi di prova che hanno indotto la corte di appello a ritenere dimostrato il corretto funzionamento del suddetto contatore (vale a dire le attestazioni dei tecnici della stessa società, effettuate a seguito di sopralluogo e verifica, nonchè l’argomento presuntivo fondato sulla mancanza di contestazioni da parte dello stesso utente sul corretto rilievo dei consumi nel periodo successivo all’ottobre 2001, operato con il medesimo contatore).

Il motivo è infondato.

Le censure con esso svolte costituiscono palesemente contestazioni di accertamenti di fatto sostenuti da adeguata motivazione (non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede) e richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.

3. Con il terzo motivo si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Il ricorrente lamenta che sarebbero stati erroneamente respinti il secondo e terzo motivo del suo appello, ed in particolare il secondo, con il quale aveva sostenuto che le risultanze del contatore dei consumi idrici non erano attendibili in quanto, nel luglio del 1996, era stato sostituito il vecchio contatore senza la sua presenza e senza che fosse registrata in contraddittorio la lettura dello stesso.

Il motivo è inammissibile.

In primo luogo, il giudizio di appello risulta iniziato dopo il settembre 2012 (la causa risulta infatti iscritta a ruolo in secondo grado nel 2013), onde, in presenza di doppia decisione di merito conforme sul punto, la censura proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è di per sè inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

In realtà la suddetta censura non sembra neanche rientrare in pieno nel parametro del vizio deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si tratta, anche in questo caso, nella sostanza, di una inammissibile contestazione sull’accertamento di fatto relativo al corretto funzionamento del contatore ed al corretto rilievo dei consumi operato per mezzo dello stesso.

Nella sostanza, d’altra parte, il motivo di ricorso è comunque infondato: l’argomentazione presuntiva della corte territoriale, secondo cui, accertato che il nuovo contatore funzionava regolarmente e quindi che esso aveva registrato correttamente i consumi per il periodo oggetto di controversia, ogni altra questione sul corretto rilievo di detti consumi a mezzo di quel contatore era da ritenersi assorbita, risulta articolata correttamente sul piano logico ed in modo conforme a diritto.

4. Con il quarto motivo si denunzia “nuova violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Il ricorrente, pur deducendo violazione dell’art. 2697 c.c., in realtà lamenta, in concreto, esclusivamente la mancata ammissione di alcune prove orali che aveva richiesto.

Anche questo motivo è infondato.

La richiesta di interrogatorio formale del legale rappresentante dell’AMAP S.p.A. sulla (astratta) possibilità che i contatori dei consumi idrici – pur senza manifestare guasti – possano “girare a vuoto” (e quindi registrare consumi inesistenti), in caso di formazione di aria nelle tubazioni, è stata correttamente ritenuta inammissibile dalla corte territoriale, in quanto non concludente e quindi in definitiva non rilevante ai fini della decisione. Anche ammesso che esista (in teoria) la astratta possibilità che i contatori girino a vuoto per la presenza di aria nelle tubazioni, sarebbe stato in realtà necessario dimostrare che ciò era avvenuto nel caso di specie, perchè i fatti oggetto della prova potessero ritenersi concludenti e quindi la prova stessa rilevante.

La prova per testi sulla circostanza che non erano state effettuate riparazioni all’impianto idrico del F. è stata ritenuta inammissibile perchè negativa.

La decisione, anche se sinteticamente motivata, è da ritenere conforme a diritto: per come esso è formulato, il capitolo di prova risulta infatti eccessivamente generico, specie in quanto del tutto privo di una delimitazione temporale.

In ogni caso, neanche la circostanza oggetto della prova da ultimo indicata può ritenersi concretamente rilevante ai fini della decisione: una volta chiarito che il contatore funzionava regolarmente, il consumo che il ricorrente ritiene “anomalo” non è necessariamente da attribuire ad un guasto nell’impianto idrico della sua villetta; esso potrebbe infatti essere dovuto ad altre cause (ad esempio alla semplice circostanza che, senza alcun guasto, siano stati lasciati aperti dei rubinetti, eventualmente nel periodo invernale, quando sul posto si recava il giardiniere).

5. Con il quinto motivo si denunzia “violazione degli artt. 91 c.p.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Il motivo è infondato.

Il ricorrente chiede una nuova regolamentazione delle spese di giudizio (invero compensate in sede di merito, sebbene egli sia soccombente integralmente) in virtù dell’auspicato accoglimento dei motivi di merito del ricorso.

Non avendo questi ultimi trovato accoglimento, anche il motivo in esame non può che seguire la medesima sorte.

6. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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