Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17808 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 26/08/2020), n.17808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32168/2018 proposto da:

F.T., F.P., F.S.A.M.,

domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv. CARMELITA COSENTINO;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SOCIO SANITARIA TERRITORIALE (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE, 5637, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE FERABECOLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLO VINCI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3338/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

F.P., F.T., F.G.D. e F.S.A.M. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Milano l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (OMISSIS) chiedendo il risarcimento del danno per la morte il giorno (OMISSIS) della congiunta T.L. per infarto miocardico nell’immediatezza di intervento ambulatoriale di asportazione di un polipo uterino in mancanza di anestesia nonostante che si trattasse di paziente cardiopatica. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza proposero appello gli originari attori. Con sentenza di data 12 luglio 2018 la Corte d’appello di Milano rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che gli stessi appellanti avevano documentato che il giorno (OMISSIS) era stata svolta l’anamnesi medica in sede di visita ginecologica e che conformemente alla CTU, esaustiva, aderente ai dati ed immune da incongruenze logiche, doveva escludersi la sussistenza del nesso causale fra la condotta dei sanitari ed il decesso della T.. Aggiunse che, come precisato dalla CTU, l’assenza di tracce residue nell’utero faceva propendere per l’intervenuta asportazione di polipectomia esocervicale la quale, non risultando il polipo innervato da fibre sensitive e non procurando quindi dolore la sua resezione, con comportava l’impiego di anestesia. Osservò inoltre che lo stato di salute della T., denominato ASA II, indicava la presenza di una lieve malattia sistemica senza alcuna limitazione funzionale e non prevedeva alcuna particolare variazione rispetto alle modalità operative solitamente previste in ambito sanitario. Aggiunse che in base alla CTU causa della morte era stata “un fatale ed incolpevole infarto miocardico esteso”.

Hanno proposto ricorso per cassazione F.P., F.T., F.G.D. e F.S.A.M. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’inversione dell’onere della prova, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che vi è stata inversione dell’onere della prova, posto che era onere della struttura, contrattualmente obbligata, dimostrare che erano state assunte tutte le cautele del caso.

Con il secondo motivo denunciano travisamento dei fatti. Osservano i ricorrenti che la visita ginecologica, nella quale la paziente aveva esposto la sua condizione di cardiopatica, non costituiva, diversamente da quanto erroneamente presupposto dal giudice di merito, l’adempimento sufficiente a respingere le contestazioni delle appellanti e che nessuna precauzione era stata assunta dopo che era stata fatta presente la cardiopatia. Aggiungono che la rapida asportazione del polipo non escludeva lo stimolo doloroso (la donna era uscita dalla sala operatoria dopo che i figli avevano sentito un urlo ed ebbe il malore pochi minuti dopo avere loro riferito di avere sentito forte dolore) e che lo stato della paziente non era in termini di “lieve malattia sistemica”.

Con il terzo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la sussistenza del nesso causale.

I motivi, da valutare unitariamente, sono inammissibili. Va premesso che in tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione (perseguimento delle “leges artis” nella cura dell’interesse del creditore) ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato); sicchè, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione (Cass. 11 novembre 2019, n. 28991).

Va tuttavia ricordato anche che la regola sull’onere della prova, acquistando rilievo solo nel caso di causa rimasta ignota, costituisce una regola residuale di giudizio grazie alla quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento, anche in via presuntiva, della sussistenza o insussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione rispettivamente dei relativi fatti costitutivi o di quelli modificativi o estintivi (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126). Nel caso di specie la regola sull’onere della prova non può venire in rilievo perchè la causa dell’evento morte non è rimasta ignota, ma è stata accertata nei termini di “un fatale ed incolpevole infarto miocardico esteso”.

L’accertamento dell’esistenza del nesso eziologico spetta inoltre al giudice di merito in quanto giudizio di fatto, mentre compete a questa Corte, salvo il sindacato in ordine alla denuncia di vizio motivazionale, il controllo se nello svolgimento del giudizio di fatto il giudice di merito abbia rispettato le connotazioni normative del rapporto causale fra condotta e danno. I ricorrenti non si dolgono del mancato rispetto delle coordinate normative del nesso eziologico ma del mancato riconoscimento dell’esistenza di tale nesso. In tali limiti la censura corrisponde ad un’istanza di rivalutazione del giudizio di merito, inammissibile nella presente sede di legittimità.

Per il resto le censure vengono formulate in modo estraneo al contenuto del sindacato di legittimità perchè per un verso si parla di travisamento dei fatti, per l’altro si denuncia il vizio motivazionale in termini che non sono più contemplati dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (tutto questo senza aggiungere che parrebbe prospettarsi un caso di doppia conforme per la quale potrebbe trovare applicazione l’art. 348 ter c.p.c.).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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