Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17805 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 26/08/2020), n.17805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11365/2018 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA

VESSALIO 22, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO PELLICANO,

rappresentato e difeso dagli avvocati VITTORIO FRANCO, DOMENICA

NOCITI;

– ricorrenti –

e contro

ASP COSENZA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 434/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 10/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

udito l’Avvocato.

 

Fatto

RILEVATO

che:.

F.R. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Castrovillari l’Azienda Sanitaria n. (OMISSIS) di Castrovillari chiedendo il risarcimento del danno in relazione all’intervento chirurgico di artroprotesi-ginocchio dx eseguito in data (OMISSIS). Espose la parte attrice che successivamente all’intervento la stessa si era dovuta sottoporre a due ulteriori interventi in conseguenza dell’emersione di processo infettivo (imputabile a stafilococco) che aveva determinato interminabili problemi clinici e funzionali. Il Tribunale adito, dopo avere disposto due CTU, accolse la domanda con la condanna al pagamento della somma di Euro 110.090,37. Avverso detta sentenza propose appello l’ASP di Cosenza subentrata all’originaria convenuta. Con sentenza di data 10 marzo 2017 la Corte d’appello di Catanzaro accolse l’appello, rigettando la domanda.

Osservò la corte territoriale che condivisibile era la conclusione della prima CTU in termini di ascrizione dell’esordio tardivo dell’infezione a complicanza, sempre possibile pur in presenza di procedura chirurgica corretta e di profilassi antibiotica adeguata, in quanto consulenza più puntuale e completa della seconda, carente per l’analisi specifica dei dati (la seconda consulenza aveva trattato il caso direttamente a far data dal controllo del (OMISSIS), senza commentare i dati precedenti). Precisò in particolare quanto segue: l’intervento era stato preceduto e seguito (per quarantotto ore) da profilassi antibiotica, eseguita con antibiotico appartenente al gruppo delle penicilline che insieme con la cefalosporine era consigliato dalle linee guida per la prevenzione dell’infezione chirurgica da stafilococco; ad un mese di distanza, e cioè il (OMISSIS), in sede di ricovero per angina, i leucociti erano normali e dunque vi era assenza di infezioni in atto (in fase operatoria i leucociti erano aumentati e poi rapidamente rientrati alla normalità); il (OMISSIS), a seguito di sintomatologia dolorosa, erano stati prescritti esercizi funzionali ma non esami diagnostici (il che significava che alla data indicata il dolore persistente era ancora compatibile con i postumi di recupero funzionale dell’arto e non vi erano indicazioni univoche per sospetta infezione); il processo flogistico infettivo era stato accertato in data (OMISSIS) grazie ad una scintigrafia ossea.

Ha proposto ricorso per cassazione F.R. sulla base di due motivi. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che nella comparsa conclusionale, e poi nella comparsa di costituzione in appello, era stato osservato che in letteratura a proposito delle infezioni da protesi articolari era stato evidenziato che i pazienti possono non avere febbre o leucocitosi, ma una VES elevata e che nella cartella clinica del (OMISSIS) il valore della VES risultava al di sopra della norma, segno che l’infezione era già in atto. Aggiunge che il principio attivo dell’antibiotico utilizzato nel caso in esame come profilassi non era quello indicato.

Il motivo è inammissibile. Il fatto storico, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito, è il valore elevato della VES riscontrato in sede di ricovero nel (OMISSIS). Va rammentato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053).

La ricorrente ha indicato che il fatto storico in questione risulta da cartella clinica allegata sub 6) all’odierno ricorso, ma non ha specificatamente indicato se il documento in questione sia stato prodotto nel giudizio di merito e soprattutto non ha indicato la specifica sede di produzione nei gradi di merito. Il vizio motivazionale è stato pertanto denunciato in modo irrituale.

Peraltro l’eventuale decisività della circostanza non discende da un dato obiettivo, ma da una valutazione corrispondente a quale sarebbe l’indicatore privilegiato del processo infettivo in atto. In tal modo la censura rifluisce in un giudizio di fatto, di segno differente da quello del giudice di merito, che è invece incentrato sul valore dei leucociti. La censura ricade in sindacato di merito, precluso nella presente sede di legittimità, anche per ciò che concerne l’idonea profilassi antibiotica.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 1218,2236 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che vi è stata colpevole omissione dei medici che avrebbero dovuto seguire la paziente anche dopo l’intervento chirurgico, invece di abbandonarla a se stessa, stante l’obbligo del sanitario di seguire il paziente anche in relazione a possibili eventi che possono verificarsi dopo l’intervento chirurgico, e che sul medico incombe l’onere di provare che la prestazione è stata eseguita in modo idoneo e corretto e che l’esito peggiorativo deve attribuirsi al sopravvenire di un evento imprevisto ed imprevedibile.

Il motivo è inammissibile. Con riferimento alla denunciata condotta omissiva dei sanitari in epoca successiva all’intervento la censura muove da un presupposto di fatto (il comportamento post-operatorio dei sanitari) non oggetto di accertamento da parte del giudice di merito. Ne consegue che lo scrutinio del motivo imporrebbe un’indagine di merito preclusa nella presente sede di legittimità. L’unico accertamento di fatto svolto dal giudice di merito è che la profilassi antibiotica si è protratta per quarantotto ore dopo l’intervento.

Con riferimento alla regola dell’onere della prova va rammentato che essa costituisce regola residuale di giudizio grazie alla quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento, anche in via presuntiva, della sussistenza o insussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione rispettivamente dei relativi fatti costitutivi o di quelli modificativi o estintivi (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126). Nel caso di specie il fatto non è rimasto ignoto all’esito del giudizio avendo il giudice di merito accertato che l’infezione era dovuta a complicanza sempre possibile pur in presenza di procedura chirurgica corretta e di profilassi antibiotica adeguata. La regola sull’onere della prova non può pertanto venire in rilievo.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione in mancanza di partecipazione della parte intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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