Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17801 del 30/08/2011

Cassazione civile sez. III, 30/08/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 30/08/2011), n.17801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18109/2009 proposto da:

PROVINCIA REGIONALE DI CATANIA (OMISSIS) in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore On. C.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 19,

presso lo studio dell’avvocato LIPERA GIUSEPPE, rappresentata e

difesa dagli avvocati MINEO Francesco, FRANCHINA GAETANO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ISTITUTO FINANZIARIO ITALIANO I.F.I. S.P.A. (OMISSIS)

in persona del curatore Avv. F.G., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 227, presso lo studio dell’avvocato

FONSI GIANLUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato MONACO CREA

Antonino giusta delega in calce al controricorso;

BANCA MONTE PASCHI SIENA SPA (OMISSIS) succeduta a BANCA

ANTONVENETA SPA in persona del Dott. G.C. nella qualità di

Direttore Titolare dell’Area Territoriale Sicilia, considerata

domiciliata “ex lege” in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MILORO VINCENZO

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

BANCA ANTONVENETA SPA (OMISSIS), C.S., C.

G., EREDI CA.GI. DECEDUTO E PER ESSO C.

G. & S., G.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 352/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 12/5/2008, depositata il 23/06/2008,

R.G.N. 611/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato PIETRO ABBADESSA per delega dell’Avvocato GAETANO

FRANCHINA;

udito l’Avvocato ANTONINO MONACO CREA;

udito l’Avvocato ALFONSO QUINTARELLI per delega dell’Avvocato

VINCENZO MILORO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il 16/17 ottobre 1972 l’assessore all’economato ed al patrimonio dell’amministrazione provinciale di Catania sottoscrisse con l’Istituto Finanziario Italiano (in appresso Ifi) una convenzione con la quale Ifi si impegnava a concedere ai dipendenti di quella amministrazione piccoli prestiti a fronte di una cessione di parte dello stipendio, commisurati a quello dichiarato col modulo di richiesta sul quale l’amministrazione avrebbe dovuto segnalare l’importo cedibile con sottoscrizione dell’assessore circa l’esattezza delle dichiarazioni del dipendente; l’Ifi avrebbe comunicato alla fine di ogni mese i crediti concessi nonchè durata e decorrenza dell’ammortamento e l’amministrazione avrebbe effettuato i relativi versamenti entro il giorno dieci del mese successivo.

Erogati i prestiti e mancate le rimesse, nel maggio del 1974 risultò che su 1318 domande di mutuo solo 187 erano regolari, riferendosi le altre a dipendenti che non avevano presentato la domanda, o addirittura a persone inesistenti.

In sede penale risultò che la truffa era stata posta in essere dai dipendenti Ca.Gi. e G.M., rispettivamente addetti all’ufficio economato ed all’ufficio corrispondenza della Provincia.

Nel 1984 l’Ifi agì giudizialmente nei confronti dei due dipendenti e della Provincia per il risarcimento dei danni, che indicò in L. 1.828.050.000, oltre alla rivalutazione ed agli interessi. Invocò la responsabilità contrattuale ed aquiliana della Provincia, che resistette negando che l’assessore V.G., che aveva sottoscritto la convenzione, fosse munito della delega necessaria per impegnare l’amministrazione e sostenendo che la condotta dolosa dei due dipendenti, che avevano agito per propri fini delinquenziali, non consentiva di configurare la responsabilità dell’amministrazione.

Spiegò intervento adesivo all’Ifi la Banca Popolare di Siracusa, rappresentando che la truffa era stata consumata anche mediante la negoziazione presso una propria agenzia di assegni bancari. La Provincia chiamò in garanzia l’assessore V., che dedusse la propria assoluta estraneità ai fatti.

Con sentenza del 24 settembre 1991 il tribunale di Catania, accertato il passaggio in giudicato della sentenza di condanna dei due dipendenti per truffa aggravata, li condannò in solido con l’Amministrazione provinciale, di cui ravvisò la responsabilità contrattuale ed aquiliana, a pagare all’Ifi la somma domandata.

Rigettò la domanda nei confronti del V..

2.- Con sentenza n. 542 del 1996 la decisione fu riformata dalla corte d’appello di Catania, che escluse la responsabilità della Provincia sia sotto il profilo contrattuale che extracontrattuale.

3.- La sentenza fu peraltro cassata con rinvio dalla Corte di cassazione che, con sentenza 26 gennaio 2000, n. 838, accolse il primo motivo del ricorso del fallimento dell’Ifi e della Banca di Credito Popolare di Siracusa sui rilievi che la corte d’appello aveva accolto il gravame della Provincia in punto di responsabilità contrattuale benchè essa non avesse censurato le argomentazioni del tribunale, che ne aveva ricondotto la responsabilità all’amministrazione interna, comportante, a seguito della legittima sottoscrizione della convenzione (mirante alla realizzazione della cessione di quote di stipendio ex D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180), “obblighi contrattuali di cooperazione rimasti inadempiuti riguardo alle fittizie cessioni, in ordine alle quali era subentrata l’attività truffaldina di terzi (attività – il tribunale ha implicitamente ritenuto – che non si sarebbe invece potuta verificare se tale cooperazione fosse stata non solo promessa ma anche effettivamente prestata” (pagine 18 e 20 della sentenza, sub 4/c).

4.- Riassunto il giudizio per il riesame, come statuito dalla Corte di cassazione, del “solo motivo di appello della Provincia Regionale afferente la responsabilità contrattuale della stessa, affermata dal tribunale di Catania”, con sentenza n. 352 del 2008 la designata corte d’appello di Messina ha confermato la responsabilità solidale della Provincia, e la ha condannata a pagare al fallimento di Ifi l’equivalente in Euro di L. 1.828.050.000, oltre alla rivalutazione ed agli interessi di legge sulla somma progressivamente rivalutata dal 1974 al pagamento, ed oltre alle spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio.

5.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la Provincia Regionale di Catania, affidandosi a cinque motivi, cui resistono con distinti controricorsi l’Ifi e la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (succeduta alla Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., a sua volta succeduta alla Banca di Credito Popolare di Siracusa s.p.a.).

La Provincia d il fallimento dell’Ifi hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione in forma semplificata.

2.- Ha ritenuto la corte d’appello:

che, nel giudizio di rinvio, la Provincia aveva proposto il motivo di appello relativo alla propria responsabilità contrattuale nei seguenti termini: “Difetto di legittimazione passiva della Provincia (non essendo opponibile ad essa Provincia la convenzione stipulata dall’Assessore privo di delega”;

– che, come statuito dalla Corte di cassazione, ogni questione relativa alla vincolatività della convenzione del 1972, alla sua efficacia ed alla sua idoneità a costituire fonte di responsabilità per la Provincia, doveva considerarsi oramai definitivamente risolta dalle statuizioni della sentenza del tribunale.

3.- A tali rilievi la Provincia ricorrente oppone:

a) col primo motivo – deducendo nullità della sentenza – che il contraddittorio non era stato integrato nei confronti dell’assessore V.G.;

b) col secondo – denunciando nullità della sentenza, violazione di norme di diritto e vizio della motivazione -che la Provincia aveva contestato la natura vincolante della convenzione anche nel rapporto interno, escludendone la vincolatività rispetto al c.d. dovere di collaborazione implicitamente ravvisato dal tribunale, secondo quanto risultava alle pagine 12 e ss. dell’atto di appello, col quale era stata del resto richiesta la riforma integrale della sentenza;

c) col terzo motivo, che la sentenza è incorsa in violazione o falsa applicazione di norme di diritto sul nesso causale relativo alla responsabilità della Provincia, sull’onere della prova, sull’obbligazione risarcitoria in solido coi dipendenti infedeli, nonchè nel vizio di omessa pronuncia su nesso causale, sul concorso di responsabilità contrattuale e sull’inadempimento, in particolare omettendo di dare rilievo all’evidente responsabilità, nella realizzazione dell’illecito, ai funzionar dell’Ifi (e tanto era stato posto in rilievo a pag. 14 dell’atto d’appello), che avevano tra l’altro omesso di appurare l’autenticità della firma dell’assessore, nella specie costituita da uno “sgorbio”;

d) col quarto motivo, che v’è stato errore di diritto in ordine alla determinazione del quantum debeatur, che si sarebbe dovuto contenere entro i limiti della prima mensilità non versata dalla Provincia (per un importo di certo non superiore a cento milioni di vecchie Lire);

e) col quinto, da ultimo, che la corte d’appello aveva del tutto omesso di considerare il contenuto della transazione tra Ifi e Banca di Credito popolare di Siracusa, intervenuta il 31.7.1981 e prodotta in sede di giudizio di rinvio.

4.- Tutti i motivi sono infondati per le ragioni di seguito esposte in riferimento, nell’ordine, ai rispettivi motivi di ricorso.

4.1.- La sentenza di primo grado, che aveva condannato la Provincia ma respinto la sua domanda di garanzia impropria nei confronti dell’assessore V., non fu dalla Provincia appellata nei confronti di lui. Il V. non fu dunque parte del giudizio di appello, nè di quello di cassazione, essendo passata in giudicato per acquiescenza della Provincia la sentenza del tribunale che aveva statuito sulla relativa domanda.

Non doveva, dunque, certamente partecipare al giudizio di rinvio.

4.2.- Che la Provincia avesse contestato la natura vincolante della convenzione anche nel rapporto interno è mera opinione della ricorrente, in contrasto con quanto ritenuto da questa stessa Corte di cassazione con sentenza n. 838 del 2000, i cui determinanti passaggi sono stati sopra riferiti nella parte espositiva.

4.3. A pagina 14 dell’atto di appello del 30.10 1992 si legge, sul punto, null’altro che questo: “Si aggiunga che il tribunale non ha tenuto conto dell’evidente responsabilità dei funzionari dell’Ifi nella realizzazione del fatto illecito”.

Non è contestato che, nel giudizio di rinvio – come già sopra osservato – la Provincia aveva proposto il motivo di appello relativo alla propria responsabilità contrattuale nei seguenti termini:

“Difetto di legittimazione passiva della Provincia (non essendo opponibile ad essa Provincia la convenzione stipulata dall’Assessore privo di delega)”.

Non risulta, pertanto, che il giudice del rinvio (dunque, d’appello) fosse stato investito, con specifiche argomentazioni, del problema posto col terzo motivo (concorso colposo del creditore), irrilevante essendo che esso fosse stato posto con la comparsa conclusionale del 16.6.2004 (a pagina 9).

4.4.- Il quarto motivo è manifestamente infondato.

Non è chiarito per quale ragione il danno complessivo si discostasse da quello stimato in L. 1.828.050.000 al perito nominato in sede penale, nè perchè un danno derivante da inadempimento non possa essere della stessa entità di quello che sarebbe derivato dalla violazione dell’obbligo del neminem laedere.

4.5.- In sede di rinvio non possono prodursi documenti che avrebbero potuto essere prodotti prima della sentenza di cassazione.

5.- Il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Provincia alle spese del giudizio di cassazione, che per ciascuno dei controricorrenti liquida in Euro 10.200,00 di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2011

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