Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17801 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 03/07/2019), n.17801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7650/2014 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) Srl in persona curatore G.G.,

elettivamente domiciliato in Roma V. Maria Adelaide 8 presso lo

studio dell’avvocato Cau Andrea che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Mazzi Francesco;

– ricorrente –

contro

Prelios Società Di Gestione Del Risparmio Spa, elettivamente

domiciliato in Roma Via Gavinana 1 presso lo studio dell’avvocato

Nardovino Riccardo che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Iovino Fabrizio;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di IVREA, depositata il 17/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/05/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato il 17 febbraio 2014 il Tribunale di Ivrea, in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 98 L. Fall. proposta da Prelios – Società di Gestione del Risparmio – s.p.a. (di seguito semplicemente Prelios), ha ammesso in prededuzione l’opponente al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. per il credito di Euro 367.065,07 a titolo di indennità di occupazione sine titulo nell’immobile di proprietà della Prelois dal 30 giugno 2010 al 23 dicembre 2011.

Il Tribunale di Ivrea, se, da un lato, ha ritenuto che la società fallita, al momento dell’acquisto del ramo di azienda dalla Caraffini & Partners Tecnology s.p.a. (originaria conduttrice dell’immobile in questione), non fosse subentrata nel rapporto di locazione dell’immobile (essendo ciò espressamente escluso dalla clausola n. 7 del contratto di cessione), dall’altro, nel rilevare che la procedura fallimentare era consapevole che i suddetti locali erano posseduti sine titulo, aveva riconosciuto il predetto credito a titolo di indennità di occupazione, con decorrenza a partire dalla dichiarazione di fallimento.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione il fallimento (OMISSIS) s.r.l. affidandolo a due motivi. La Prelios si è costituita in giudizio con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il fallimento (OMISSIS) s.r.l. ha dedotto la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2043 c.c. e agli artt. 38,84 e 88 L. Fall..

Lamenta il ricorrente che il decreto impugnato, nel riconoscere a Prelios un credito da risarcimento del danno per occupazione senza titolo, ha dato erroneamente per scontata la commissione da parte della Curatela di un illecito produttivo di un danno ingiusto, muovendo quindi dall’idea che l’illecito commesso dalla società poi fallita potesse automaticamente “trasmettersi” alla gestione fallimentare per il periodo successivo al fallimento.

La procedura contesta tale impostazione sul rilievo che il fatto illecito da occupazione sine titulo richiede l’individuazione di una specifica condotta antigiuridica posta direttamente in essere dal fallimento, non essendo sufficiente il semplice subentro del curatore nell’amministrazione dei beni del fallito per integrare un fatto illecito extracontrattuale.

In particolare, non è dato rinvenire nella condotta del curatore gli elementi del dolo e della colpa, non avendo costui avuto la possibilità di scegliere una condotta diversa e non potendosi certo far coincidere il dolo con la semplice conoscenza del fatto che i beni aziendali occupavano senza titolo una proprietà di terzi.

Peraltro, nel caso di specie, il curatore non aveva neppure indebitamente e colpevolmente ritardato l’immissione dell’opponente dei locali, atteso che, considerata la rilevante massa dei beni aziendali, le operazioni funzionali alla liberazione erano state condotte ed ultimate in tempi ragionevoli.

2. Il motivo è infondato.

Va osservato che questa Corte ha già più volte statuito che la pretesa di un soggetto avente ad oggetto l’indennità di occupazione di locali occupati da beni già appartenenti ad una società fallita, per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, ha comunque titolo in una responsabilità extracontrattuale.

E’ stato, infatti, osservato che la protrazione della detenzione del bene da parte della Curatela, in quanto carente di titolo giuridico, è comunque fonte di responsabilità aquiliana, ancorchè il verificarsi di siffatta situazione non fosse imputabile a dolo o colpa del curatore, ma debba considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa, con la conseguenza che il credito del proprietario ha natura integralmente riparatoria e non meramente indennitaria (in questi termini, sez. 1 n. 20146/2017; n. 4190/1998).

Questo Collegio ritiene di non discostarsi dai precedenti sopra citati, avendo, peraltro, il decreto impugnato argomentato in ordine al profilo soggettivo della condotta della Curatela, evidenziando la consapevolezza in capo alla procedura dell’occupazione sine titulo dei locali di proprietà della controricorrente.

Non a caso, infatti, la Curatela, una volta subentrata, in conseguenza della dichiarazione di fallimento, nel godimento dei locali occupati, si era opposta all’esecuzione del rilascio degli stessi nonostante che come dalla stessa fatto valere nel giudizio di opposizione allo stato passivo – nell’atto di cessione dell’azienda stipulato tra la C. e la (OMISSIS), fosse stata espressamente esclusa la successione nel contratto di locazione dell’immobile (poi acquistato della Prelios) successivamente occupato dalla fallita medesima.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta, in subordine, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 2043 c.c. e all’art. 111 L. Fall..

Contesta il fallimento ricorrente la collocazione in prededuzione del credito riconosciuto alla Prelios, ritenendo che, originando lo stesso credito da un fatto anteriore alla procedura concorsuale, non può ritenersi sorto “in occasione o in funzione” del fallimento.

4. Il motivo è infondato.

Questa Corte, pronunciandosi recentemente in tema di concordato preventivo, ha statuito che il credito del proprietario di locali occupati “sine titulo” da beni ceduti dal debitore ai creditori nell’ambito di una procedura di concordato preventivo con cessione dei beni è un credito prededucibile ai sensi dell’art. 111, comma 2, L. Fall. (nel testo modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169), in quanto sorto “in occasione” della procedura, atteso che tale credito si caratterizza, da un lato, per l’elemento cronologico, essendo sorto in quanto i beni, a suo tempo collocati nei locali, sono stati ivi mantenuti dal liquidatore giudiziale anche a seguito dell’apertura della procedura concordataria; e, dall’altro, per un (implicito) elemento soggettivo, consistente nella sua riferibilità agli organi della procedura (Sez. 1, n. 1513/2014).

Peraltro, questa Corte, già nella sopra citata sentenza n. 4190/1998, aveva ritenuto che l’obbligazione risarcitoria derivante dalla occupazione sine titulo di immobili di proprietà di terzi rientrasse nel novero di quelle di cui all’art. 111, n. 1, legge fallimentare. In particolare, era stato condivisibilmente osservato che l’applicazione della predetta norma non deve intendersi circoscritta – come potrebbe suggerire una interpretazione ingiustificatamente formalistica della locuzione “debiti contratti” – agli effetti dell’attività negoziale della Curatela, bensì estesa alle situazioni obbligatorie che di tale connotazione negoziale sono carenti, quali i fatti illeciti riferibili alla Curatela stessa e, più in generale, ogni altro atto o fatto idoneo a dar vita ad una obbligazione in conformità all’ordinamento giuridico (art. 1173 c.c.), purchè si pongano in connessione di dipendenza causale dalla procedura concorsuale.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nei termini di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 7.700, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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