Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17799 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 26/08/2020), n.17799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6946-2018 proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BERTOLONI

31, presso lo studio dell’avvocato FABIO PULSONI che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato EMANUELE CARLO MAZZOCCHI;

– ricorrente –

contro

ZURICH INSURANCE PUBLIC LIMITED COMPANY, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato MAURILIO

PRIORESCHI, rappresentata e difesa dagli avvocati VINCENZO BRUNO,

SILVIA TORTORELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3810/2016 del TRIBUNALE di AOSTA, depositata

il 07/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/07/2020 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto 381/09 il Tribunale di Aosta ingiunse alla Eden di J.S. e C. snc il pagamento, in favore dell’ingegnere I.G. e dell’Associazione Professionale Studio Energie, della somma di Euro 60.957,00, oltre accessori e spese di lite, a titolo di compensi per prestazioni professionali dagli stessi eseguite in favore della Eden snc.

La Eden snc propose opposizione a detto d.i. e, in via riconvenzionale, chiese la condanna di I.G. e Studio Energie al pagamento della somma di Euro 300.000,00, a titolo di risarcimento dei danni subiti durante i lavori edili oggetto delle prestazioni professionali.

I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, contestò la sussistenza dei lamentati danni, e comunque chiese ed ottenne di chiamare in garanzia la propria Compagnia assicuratrice Zurich Insurance Public Limited Company (PLC).

Con sentenza 449/13, passata in giudicato, l’adito Tribunale di Aosta, previa revoca del d.i. opposto, dichiarò I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, tenuto a corrispondere alla Eden snc la somma capitale di Euro 54.420,00; dichiarò la Eden snc tenuta a corrispondere a I.G., in proprio e nella sua qualità, la somma di Euro 45.197,22 e, operata compensazione, condannò I.G., in proprio e nella sua qualità, al pagamento in favore di Eden snc della somma di Euro 9.222,78, oltre interessi dalla mora al saldo; dichiarò la Zurich Insurance PLC tenuta a manlevare I.G., in proprio e nella sua qualità, di quanto quest’ultimo era tenuto a pagare alla Eden snc.

La Zurich Insurance PLC, in esecuzione di quanto disposto in sentenza, provvide al pagamento, in favore della Eden snc, della somma di Euro 9.222,78.

Con successivo ricorso monitorio I.G. e Studio Energie chiesero ed ottennero dal Tribunale di Aosta d.i. 363/2015, provvisoriamente esecutivo, per il pagamento, da parte di Zurich Insurance PLC, della somma di Euro 45.197,22 (oltre accessori, interessi e spese), pari alla differenza tra quanto dovuto (Euro 54.420,00) e quanto corrisposto (Euro 9.222,78).

In data 30-7-2015 la Zurich Insurance PLC provvide alla corresponsione dell’intera somma richiesta (Euro 48.973,04).

Con citazione 23-9-2015 la Zurich Insurance PLC propose opposizione al detto D.I. n. 363 del 2015, deducendo la violazione del “ne bis in idem” e l’insussistenza dei requisiti per la concessione del decreto.

Con sentenza 381/2016 del 7-12-2016 il Tribunale di Aosta accolse l’opposizione e, per l’effetto, revocò il D.I. n. 363 del 2015 e condannò I.G. e Studio Energie a restituire a Zurich Insurance PLC la corrisposta somma di Euro 48.973,04.

In particolare il Tribunale evidenziò che, in forza della menzionata sentenza 449/13, non appellata e passata in giudicato, l’obbligo di manleva della Compagnia assicuratrice era stato chiaramente circoscritto a quanto (Euro 9.222,78) l’ I. era stato condannato a corrispondere alla società Eden in seguito all’operata compensazione; la sentenza, infatti, aveva dichiarato esistenti i rispettivi debiti delle parti e, in virtù della operata compensazione con i rispettivi crediti, accertata l’esistenza di un debito maggiore a carico dell’ I., aveva condannato quest’ultimo al pagamento della differenza; l’ I., pertanto, secondo il Tribunale, avrebbe dovuto impugnare la sentenza al fine di ottenere la declaratoria dell’obbligo della Compagnia di manlevarlo per l’intero debito accertato a suo carico (Euro 54.420,00); in mancanza di impugnazione, stante il divieto di “bis in idem”, un ulteriore giudizio sull’estensione e sull’ambito della manleva non era più ammissibile, coprendo il giudicato il dedotto ed il deducibile.

Con ordinanza 2876/2017 del 22-12-2017 la Corte d’Appello di Torino, ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., ha dichiarato inammissibile il gravame, ritenendo che lo stesso non avesse ragionevoli probabilità di essere accolto; in particolare la Corte territoriale ha evidenziato che la limitazione dell’obbligo di manleva a quanto “pagato” dalla parte assicurata (e, cioè, a quanto dalla stessa concretamente esborsato, nella specie pari ad Euro 9.222,78) risultava chiaramente espresso sia nella parte motivazionale sia nel dispositivo della sentenza 449/2013; detto accertamento precludeva il riesame del “quantum” nel presente giudizio, avente identico “petitum” e “causa petendi”.

I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, propone ricorso per cassazione sia avverso la sentenza 381/2016 di primo grado del Tribunale di Aosta (ricorso affidato a tre motivi) sia avverso l’ordinanza 2876/2017 di inammissibilità della Corte d’Appello di Torino (ricorso affidato a due motivi).

Zurich Insurance PLC resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado 381/2016 del Tribunale di Aosta, I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, denunziando la nullità della detta sentenza 381/2016 con riferimento agli artt. 113 e 116 c.p.c., artt. 12,1362 e 1372 c.c., sostiene che erroneamente il Tribunale, in violazione anche dei canoni di ragionevolezza, aveva interpretato sia il dispositivo sia la motivazione della sentenza 449/2013; in particolare il ricorrente deduce che il Tribunale, anzichè ricercare – per relationem – l’importo dovuto dalla Zurich nell’ambito della disposizioni dichiarative con cui nella sentenza 449/2013 era stato determinato l’importo che ognuna delle parti ( I. ed Eden) era stata dichiarato tenuta a corrispondere all’altra, aveva fatto riferimento all’unica statuizione di condanna; statuizione che, tuttavia, non conteneva alcun riferimento a quale fosse l’importo che l’ I. era tenuto a pagare, essendosi estrinsecata nella sola condanna al pagamento del mero conguaglio; erroneamente, inoltre, il Tribunale non aveva considerato che la somma individuata per compensazione riguardava il rapporto tra Eden ed I. (ed il contratto d’opera tra loro stipulato), e non il diverso rapporto assicurativo tra l’ I. e la Zurich.

Con il secondo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado 381/2016 del Tribunale di Aosta, I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, denunziando la nullità della detta sentenza 381/2016 con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 12,1362 e 1372 c.c., art. 3 Cost., sostiene che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto inammissibile, stante il divieto di “bis in idem”, un ulteriore giudizio sull’estensione e l’ambito della manleva; in particolare evidenzia che non era stato proposto alcun “ulteriore giudizio”, in quanto, con il ricorso per decreto ingiuntivo, l’ I. aveva solo chiesto alla Zurich, sulla base della sentenza 449/2013, dichiarativa nei confronti della Compagnia, di pagare quanto dovutogli; il giudice che aveva emesso il D.I. n. 363 del 2015, correttamente interpretando la sentenza 449/2013, aveva accertato che con la detta sentenza la società assicurativa era stata dichiarata tenuta ad indennizzare l’ I. non della somma individuata in compensazione bensì della maggiore somma individuata a titolo di risarcimento del danno arrecato alla Eden.

Con il terzo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado 381/2016 del Tribunale di Aosta, I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, denunziando la nullità della detta sentenza 381/2016 con riferimento agli artt. 92,115 e 116 c.p.c., sostiene che erroneamente il Tribunale lo aveva condannato a restituire la somma versata dalla Zurich e ed a pagare le spese processuali; al riguardo evidenzia che, anteriormente alla notificazione del D.I. n. 363 del 2015, la Zurich aveva pagato solo il conguaglio di Euro 9.222,78, e non il residuo di Euro 45.197,22.

Con il primo motivo del ricorso proposto avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino 2876/2017, I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, denunziando la nullità della detta ordinanza con riferimento agli artt. 113 e 116 c.p.c., artt. 12,1362 e 1372 c.c., si duole che la Corte territoriale, entrando nel merito della contestazione e ripetendo lo stesso errore del Giudice di primo grado, abbia individuato la somma dovuta dalla Zurich concentrandosi sul termine “pagare” e non sulla locuzione “tenuta a pagare”.

Con il secondo motivo del ricorso proposto avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino 2876/2017, I.G., in proprio e quale L.R. dello Studio Energie, denunziando la nullità della detta ordinanza con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 12,1362 e 1372 c.c., art. 3 Cost., sostiene che il D.I. n. 363 del 2015 non aveva violato il principio del “ne bis in idem”.

Va innanzitutto dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’ordinanza della Corte d’Appello.

Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, quando è pronunciata l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c., il ricorso per Cassazione va proposto contro il provvedimento di primo grado; attesa, pertanto, la detta previsione di ricorribilità per cassazione della sentenza di primo grado, e quindi la non definitività (sotto questo profilo) dell’ordinanza pronunciata ex art. 348 ter c.p.c. dal giudice d’appello, va escluso che la detta ordinanza sia impugnabile con censure (quale quelle sollevate nel caso in esame) riguardanti il “merito” della controversia.

Al riguardo va ribadito che l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter c.p.c. è ricorribile in Cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., limitatamente a vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale, quali ad es. l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348 bis, comma 2 e art. 348 ter c.p.c., commi 1, primo periodo, e comma 2, primo periodo, (Cass. S.U. 1914/2016).

Nella specie va rilevato che l’ordinanza impugnata ha valutato nel merito il proposto appello, sicchè, non avendo dichiarato l’inammissibilità del gravame per ragioni processuali e non potendosi ritenere quindi nella sostanza una sentenza di carattere processuale, non è impugnabile nemmeno con l’ordinario ricorso per Cassazione (conf. Cass. S.U. 1914/2016).

E’ vero che “il provvedimento con il quale il giudice, pur dichiarando l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., rilevi l’inesattezza della motivazione della decisione di primo grado e sostituisca ad essa una diversa argomentazione in punto di fatto o di diritto, sebbene abbia la veste formale di ordinanza, ha contenuto sostanziale di sentenza di merito, sicchè è ricorribile direttamente per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c.” (Cass. 3023/2018); nella specie, tuttavia, la C.A. non ha rilevato l’inesattezza della motivazione e sostituito una diversa argomentazione, ma ha confermato l’impugnata sentenza respingendo nel merito le sollevate doglianze.

Nè può sostenersi la ricorribilità in Cassazione sol perchè il giudice d’appello abbia motivato diffusamente le ragioni per le quali l’appello non aveva ragionevole probabilità di accoglimento, posto che l’eccesso motivazionale non può essere causa di nullità di un provvedimento giudiziario (e tanto meno dell’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.) sia perchè non nuoce al soccombente sia perchè non impedisce il raggiungimento dello scopo (Cass. 4870/2019; v. anche Cass. 13835/2019).

Venendo, quindi, al ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado 381/2016 del Tribunale, i motivi, da valutare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati, e vanno pertanto accolti.

Il Tribunale di Aosta, nell’impugnata sentenza, ha ritenuto che con la precedente sentenza 449/2013, non appellata e passata in giudicato, lo stesso Tribunale avesse già deciso in ordine all’entità della somma oggetto di manleva ed avesse quindi condannato la Zurish al pagamento, in favore dell’ I., della somma di Euro 9.222,78 (pari a quanto l’ I. era stato condannato a corrispondere alla Eden in seguito all’operata compensazione); di conseguenza, secondo l’impugnata sentenza del Tribunale di Aosta, era preclusa dal giudicato ogni questione concernente l’entità della somma da corrispondere dalla Zurich in favore dell’ I. in relazione al rapporto assicurativo tra loro intercorrente.

Siffatta interpretazione della sentenza 449/2013 è erronea, essendo operata in violazione delle regole di cui all’art. 12 preleggi.

Al riguardo va, invero, ribadito che nell’interpretazione dei provvedimenti giurisdizionali, in ragione dell’assimilabilità di tali provvedimenti (per natura ed effetti) agli atti normativi, si deve fare applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici di cui all’art. 12 preleggi e ssg., ricercando quindi il significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è portatore (conf. Cass. S.U. 24664/2007; Cass. S.U. 11501/2008; Cass. 4205/2014); in particolare, come già precisato da questa S.C., il giudice del merito, nell’indagine volta ad accertare l’oggetto ed i limiti del giudicato esterno, non può limitarsi a tener conto della formula conclusiva in cui si riassume il contenuto precettivo della sentenza previamente pronunziata e divenuta immodificabile, ma deve individuarne l’essenza e l’effettiva portata, da ricavarsi non solo dal dispositivo, ma anche dai motivi che la sorreggono, costituendo utili elementi di interpretazione le stesse domande delle parti, che possono avere una funzione integratrice nella ricerca degli esatti confini del giudicato ove sorga un ragionevole dubbio al riguardo (conf. Cass. 2721/2007).

Nella specie la sentenza 449/2013 aveva dichiarato la Eden tenuta al pagamento, in favore dell’ I., della somma di Euro 45.197,22 a titolo di compensi per la prestata opera professionale, nonchè l’ I. tenuto a pagare alla Eden la somma di Euro 54.420,00, a titolo di risarcimento del danno; quindi, operata la compensazione, aveva condannato l’ I. al pagamento, in favore della Eden, della differenza, pari ad Euro 9.222,78, e dichiarato la Zurich tenuta a manlevare l’ I. di quanto quest’ultimo era tenuto a pagare alla Eden.

L’impugnata sentenza 381/2016, valorizzando esclusivamente l’espressione “quanto è tenuta a pagare” contenuta nella sentenza 449/2013 ed astraendola dal complessivo impianto motivazionale, non ha considerato cha la detta espressione, peraltro assolutamente ampia e con possibilità di plurimi significati (il che di per sè, atteso lo spazio interpretativo, avrebbe già dovuto escludere la preclusione del giudicato), andava invece valutata nell’ambito del detto impianto motivazionale, e in particolare nell’accertamento delle relative reciproche poste creditorie individuate con la menzionata sentenza 449/2013; nello specifico l’impugnata sentenza non ha considerato che, nel caso in esame, la sentenza 449/2013 aveva operato una compensazione (atecnica o impropria, in quanto i contrapposti rapporti di debito traevano origine da un unico rapporto; v. Cass. 14688/2012; Cass. 23539/2011; Cass. 17390/2007) avente ad oggetto poste autonome differenziate, attinenti a fatti genetici distinti; in particolare, il credito dell’ I. verso la Eden per corrispettivo, commisurato all’eseguita prestazione professionale, ed il credito della Eden verso l’ I. per risarcimento danni, commisurato al valore del pregiudizio arrecato; erroneamente, di conseguenza, l’impugnata sentenza, nell’esaminare il distinto rapporto assicurativo tra I. e Zurich, senza tenere presente la detta autonomia delle poste creditorie, non ha considerato che la perdita indennizzabile (e, cioè, l’entità economica che esce, o deve uscire, dal patrimonio dell’assicurato) era pari all’intero risarcimento del danno; nello specifico, infatti, anche l’importo compensato, in quanto uscito dal patrimonio dell’assicurato, non poteva che ritenersi perdita indennizzabile.

In conclusione, pertanto, va dichiarato inammissibile il ricorso proposto da I.G. avverso l’ordinanza della Corte d’Appello; in accoglimento, invece, del ricorso proposto da I.G. avverso la sentenza di primo grado, va cassata detta sentenza, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Aosta, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese relativa al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da I.G. avverso l’ordinanza 2876/2017 della Corte d’Appello di Torino; in accoglimento, invece, del ricorso proposto da I.G. avverso la sentenza 381/2016 del Tribunale di Aosta, cassa detta sentenza, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Aosta, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese relative al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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