Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17797 del 30/07/2010

Cassazione civile sez. II, 30/07/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 30/07/2010), n.17797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VETURIA 45,

presso lo studio dell’avvocato IMPERIALI ROBERTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LAPIELLO EMILIO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA in persona del Commissario Straordinario pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dagli avvocati FRIGENTI

GUGLIELMO, e ROSSI DOMENICO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 531/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

19.1.07, depositata il 05/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PARZIALE Ippolisto.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo; in subordine

chiede l’inammissibilita’ del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Il ricorso, quanto alla formulazione dei quesiti, non risponde alle prescrizioni contenute nell’art. 366 bis c.p.c..

2. – Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere dichiarato inammissibile per mancanza o inidoneita’ dei quesiti di cui all’art. 366 bis c.p.c.. La relazione e’ stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

3. – Parte ricorrente ha depositato memoria con la quale si chiede differimento dell’udienza.

4. – All’udienza fissata per la camera di consiglio, il Procuratore Generale ha concluso concordando con le conclusioni del consigliere relatore.

5. – Non puo’ essere accolta l’istanza di differimento dell’udienza, che il difensore del ricorrente, avv. Emilio Lapiello, ha avanzato con la memoria, motivandola con un suo impedimento a partecipare all’udienza odierna, perche’ colpito da encefalopatia multinfartuale.

Al riguardo allega la scheda di dimissione ospedaliera, datata (OMISSIS). Si tratta di documentazione risalente nel tempo (oltre un anno), che non consente di ritenere provata l’attualita’ dell’impedimento.

6. – Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Infatti, il ricorso, tenuto conto delle sopra indicate date di pronunzia e pubblicazione della sentenza impugnata, e’ soggetto “ratione temporis” (vedi D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) alle nuove disposizioni regolanti il processo di cassazione, tra cui segnatamente per quel che rileva, l’articolo 366 bis c.p.c (inserito dal citato D.Lgs., art. 6) a termini del quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo “si deve concludere a pena di inammissibilita’ con la formulazione di un quesito di diritto” e nel caso di cui al 5 con la “chiara indicazione del fatto controverso”.

L’impugnazione in esame, pur deducendo nei motivi cui e’ affidata, violazione e falsa applicazione di norme processuali e sostanziali non contiene la formulazione di alcun quesito di diritto, che deve essere esplicita, non potendosi essa ricavare dal contesto del mezzo di impugnazione (Cass. SU 2007 n. 7258).

In linea generale deve evidenziarsi che costituisce un dato ormai ampiamente recepito nella giurisprudenza della S.C. che la previsione dell’indispensabilita’, a pena di inammissibilita’, della individuazione dei quesiti di diritto e dell’enucleazione della chiara indicazione del “fatto controverso” per i vizi di motivazione imposti dal nuovo art. 366 bis cod. proc. civ., secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimita’, risponde all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della controversia diversa da quella cui e’ pervenuto il provvedimento impugnato, e, nel contempo, con piu’ ampia valenza, di estrapolare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione (costituente l’”asse portante” della legge delega presupposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006), il principio di diritto applicabile alla fattispecie. Pertanto, il quesito di diritto integra il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi inammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimita’ (in questi termini v., ex multis, S.U. sent. nn. 14385/2007; 22640/2007, 3519/2008, 11535/2008, S.U., n. 26020/2008 e ordinanza, sez. 1, n. 20409/2008).

Quanto ai requisiti ed alle caratteristiche del quesito, che deve necessariamente essere presente nel ricorso con riferimento a ciascun motivo (Cass. SU 2007 n. 36), ulteriormente e’ stato precisato che il quesito deve essere: a) esplicito (SU 2007 n. 7258; SU 2007 n. 23732;

SU 2008 n. 4646) e non implicito; b) specifico, e cioe’ riferibile alla fattispecie e non generico (SU 2007 n. 36, SU 2008 n. 6420 e 8466); c) conferente, attinente cioe’ al decisum impugnato e rilevante rispetto all’impugnazione (SU 2007 n. 14235).

In sintesi il principio di diritto deve consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame.

Da cio’ discende che e’ inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, si’ da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto, od, infine, sia formulato in modo del tutto generico.

Quanto alla formulazione dei motivi nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3 n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonche’ le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008).

Il relativo requisito deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata. Non soddisfa quindi tale requisito il motivo nel quale sia possibile individuare un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, soltanto all’esito della completa lettura della illustrazione e dell’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una specifica indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis (ord., sez. 3^, n. 16002/2007; ord., sez. 3^, nn. 4309/2008, 4311/2008 e 8897/2008, cit., nonche’ sent. S.U. n. 11652/2008). La appropriata formulazione del motivo richiede, quindi, che l’illustrazione venga corredata da una sintetica esposizione del fatto controverso, degli elementi di prova valutati in modo illogico o illogicamente trascurati, nonche’ del percorso logico in base al quale si sarebbe dovuti pervenire, se l’errore non vi fosse stato, ad un accertamento di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione (v., da ultimo, ord., sez. 3^, n. 16567/2008). Il ricorso non risponde agli indicati requisiti.

Quanto alle carenze o ai vizi della motivazione, pur dedotti nell’intestazione dei motivi, i mezzi impugnazione non vanno al di la’ della mera doglianza assertiva, non specificando in particolare quali fossero stati i fatti controversi non adeguatamente considerati o accertati dai giudici del merito. Si risolvono in palesi censure in fatto, dirette a prospettare una diversa valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella fornita dai giudici del merito. E cio’ a fronte di un apparato argomentativo della sentenza, che ha dato conto degli elementi riscontrati e che non presenta alcuna deficienza o illogicita’.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 1.000,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2010

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