Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17796 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/07/2017, (ud. 11/05/2017, dep.19/07/2017),  n. 17796

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. APRILE Stefano – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13733/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

nonchè da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato

in ROMA PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO

MANFEROCE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 46/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 30/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/05/2017 dal Consigliere Dott. GIOVANNI DIOTALLEVI.

Fatto

Con sentenza n. 46/11/12 depositata il 30 marzo 2012 la Commissione Tributaria Regionale di Milano – a conferma della decisione n. 302/21/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano – respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la dichiarata illegittimità dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia nei confronti della soc. (OMISSIS) s.p.a. (oggi Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione) col quale venivano ripresi a tassazione a fini IVA i rapporti tra la suddetta società e la Mabi Broker s.r.l. per l’anno 2002 per costi ritenuti indeducibili perchè relativi a fatture spiccate dalla Mabi Broker s.r.l. e ricondotte ad operazioni inesistenti, per complessivi Euro 3.843.635,00.

La CTR, in sintesi, riteneva che il provvedimento di archiviazione della posizione del legale rappresentante della contribuente per gli stessi fatti che avevano originato l’avviso sub iudice, doveva fare stato nel giudizio tributario, in assenza di ulteriori elementi tali da giustificare una diversa valutazione che suffraghi l’autonomia dell’accertamento tributario.

Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Ha resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato il Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la sentenza è stata censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione del T.U.I.R. D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, commi 1, 4, 5 (ora art. 109), art. 654 c.p.p., art. 116 c.p.c., D.Lgs. n. 542 del 1996, art. 7 e principi in tema di fatturazioni inesistenti, da interpretarsi nel senso della legittimità di un avviso di accertamento fondato su metodo fornito di presunzioni gravi, precise e concordanti ed in mancanza di assolvimento da parte del contribuente dell’onere di provare la inesistenza dei costi.

Il motivo è inammissibile.

In effetti, la CTR ha interpretato la normativa nel senso della illegittimità di un avviso che contrastava con gli accertamenti che avevano portato all’archiviazione del procedimento per gli stessi fatti soltanto e in assenza di ulteriori elementi gravi precisi e concordanti in ordine alla responsabilità della (OMISSIS), essendo limitati

i “gravi profili di illecito” al comportamento della soc. MABI, società di assicurazioni sottoposta anche al controllo dell’ISVAP. In realtà, il motivo deve ritenersi inammissibile alla luce del fatto che con esso non si denuncia un error in indicando, bensì si tenta in modo improprio di censurare una valutazione in fatto, cioè l’inesistenza delle operazioni; vizio eventualmente denunciabile soltanto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. sez. trib. n. 8315 del 2013; Cass. sez. lav. n. 7394 del 2010).

2. Col secondo motivo la sentenza è stata censurata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. per violazione o falsa applicazione della L. n. 516 del 1992, art. 12; art. 654 c.p.p., da interpretarsi o applicarsi nel senso che la sentenza penale (rectius il provvedimento di archiviazione) deve esser liberamente apprezzata in un giudizio tributario.

Il motivo è infondato. In effetti, la Commissione Tributaria Regionale di Milano non ha violato il principio della libera valutazione, nel giudizio tributario, del “giudicato” penale; in realtà, nella concreta fattispecie, la CTR ha proprio applicato il consolidato principio per cui una sentenza penale (o il provvedimento di archiviazione) non può far stato nel giudizio tributario, costituendo semplice elemento di prova; un elemento di prova che però, appunto liberamente valutandolo, nell’ipotesi pervenuta all’esame, ha considerato concludente, in confronto alle contrarie conclusioni prospettate dall’appellante (Cass. sez. trib – n. 8129 del 2012; Cass. sez. trib. n. 19786 del 2011).

3. Il rigetto del ricorso comporta l’assorbimento della richiesta avanzata con il controricorso condizionato.

4. In considerazione della natura della questioni affrontate le spese vengono compensate tra le parti.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso; spese compensate.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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