Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17793 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/07/2017, (ud. 09/02/2017, dep.19/07/2017),  n. 17793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17196/2011 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA C/O STUDIO CHIOMENTI

VIA VENTIQUATTRO MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato CORRADO

GRANDE, che la rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO TERRITORIALE DI GORGONZOLA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 115/2010 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata il 19/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il controricorrente l’Avvocato BACOSI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

G.L. ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 115/5/2010 dep. 19 luglio 2010, che ha accolto parzialmente l’appello della contribuente, in riforma della sentenza di primo grado, che lo aveva integralmente rigettato.

Il contenzioso ha origine dall’impugnazione, con distinti ricorsi, notificati il 21.10.2008, di avvisi di accertamento sintetico dei redditi ai fini Irpef (notificati 11/7/2008 D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, commi 4, 5, 6 e 7), in base ad elementi indicatori di maggiore capacità contributiva (c.d. redditometro), per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, emessi in relazione ad elementi emersi dalla risposta al questionario evaso dalla contribuente (consumi; incrementi patrimoniali). In particolare polizze vita, ritenute investimenti; mancata prova sulle modalità di reperimento delle somme necessarie al pagamento dei premi annui delle suddette polizze. Ciò in relazione a segnalazione dell’Agenzia delle entrate, in merito a un finanziamento di Euro 500.000,00 concesso nel 2003 dal marito della G., M.R. in favore della M.R. s.r.l., e a ulteriori ragguagli dell’Anagrafe tributaria.

La C.T.R. ha respinto la dedotta nullità per carenza di motivazione della sentenza di primo grado e nel merito l’ha confermata, ritenendo le polizze vita esattamente inquadrate fra le spese di investimento e correttamente calcolate dall’Ufficio; regolarmente computati i premi relativi a due assicurazioni, successivamente scadute. Ha invece riformato la sentenza impugnata con riferimento all’anno 2004, rilevando un errore nel computo di un premio infortuni, il cui valore è stato inesattamente indicato in Euro 32.350,00 anzichè Euro 323,50; ha ritenuto erroneamente non considerati in sottrazione i rimborsi dei capitali assicurati per Euro 95.951,24 in data 20.9.2002 e Euro 86.317,58, in data 19.9.2003, negli anni in cui risultano tali disinvestimenti.

L’Agenzia si costituisce con controricorso e deposita memoria. Considerato in diritto

1. Col primo motivo del ricorso si deduce omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, sulla dedotta nullità della sentenza di primo grado per vizio di motivazione della stessa, limitandosi la C.T.R. a riconoscere la legittimità dell’accertamento sintetico, senza entrare nel merito della quantificazione del reddito accertato.

2. Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse del ricorrente ad ottenere la nullità della sentenza di primo grado, giacchè una decisione di accoglimento comporterebbe null’altro che la trattazione nel merito della causa da parte del giudice di appello (in questo senso Cass. n. 12642 del 2014, n. 17072 del 2007).

3. Col secondo motivo si deduce omessa pronuncia e violazione art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, sul mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio.

Il motivo è infondato.

Va sul punto ribadito il principio secondo il quale in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicchè è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (fra le tante Cass. n. 16912 del 10/08/2016).

4. Col terzo motivo si deduce omessa/contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, costituito dalla natura asseritamente di investimento delle polizze vita sottoscritte dalla contribuente, senza avere considerato la rilevanza impositiva di tali spese in maniera frazionata nell’arco di cinque periodi d’imposta.

5. Col quarto motivo si denuncia violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 e dell’art. 9 della tabella all. al D.M. 10 settembre 1992), avendo la C.T.R. presupposto un rilievo reddituale dei premi assicurativi corrisposti nel tempo, mentre tale rilevanza impositiva è negata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 e dal D.M. 1992. La C.T.R. ha pertanto erroneamente ritenuto rilevante la titolarità di una polizza di assicurazione sulla vita, espressamente esclusa dall’art. 9 della tabella allegata al D.M. 10 settembre 1992, richiamato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38.

6. Col quinto motivo si deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5) dovendo la spesa per incrementi patrimoniali presumersi sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.

7. Gli indicati motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno respinti.

La C.T.R. ha accertato che le polizze in questione non sono polizze di assicurazione sulla vita, ma le ha qualificate, con accertamento di fatto esente da vizi logici, quali polizze di investimento, come tali non escluse dall’art. 9 del D.M. cit. dai fatti-indici di capacità contributiva.

Inoltre, nella specie, non è applicabile il criterio d’imputazione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, perchè si tratta di esborsi effettuati annualmente per ottenere un capitale futuro. Trattasi, infatti, di premi pagati a cadenza periodica, in relazione ai quali la capacità contributiva è diluita nel tempo, ed è quindi corretta l’imputazione dei suddetti premi ai singoli anni in cui sono stati versati.

8. Col sesto motivo si deduce omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, sul motivo di impugnazione inerente alla revoca delle sanzioni, sul quale la sentenza “appare del tutto silente”.

Il motivo è inammissibile, perchè generico e privo di specificità. La ricorrente con l’indicato motivo si è limitata a richiamare la censura proposta in appello con la quale era stato richiesto di revocare “le sanzioni irrogate tenuto conto del comportamento inerte e disinvolto dell’ufficio che ha indotto il contribuente ad imprecisioni di riferimento”.

Tale formulazione del motivo non assolve all’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione (imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), qualunque sia il tipo di errore (“in procedendo” o “in iudicando”) per cui è proposto, non potendo essere assolto “per relationem” con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello (richiamati genericamente dalla ricorrente citando il documento allegato), senza la esplicazione del loro contenuto: vi è, al contrario, il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sè, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (cfr. fra le tante, Cass. n. 11984 del 31/05/2011).

9. Il ricorso va conclusivamente rigettato.

10. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidare in Euro 7.200,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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