Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17791 del 30/08/2011

Cassazione civile sez. III, 30/08/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 30/08/2011), n.17791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14840/2009 proposto da:

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso lo studio dell’avvocato VASI Giorgio,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RINALDI ROBERTO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato FRATTARELLI

Piero, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERRARI

ROBERTO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.P., S.P., S.D., COMUNE RIMINI,

N.G., S.C., R.N., DIREZIONE

PROVINCIALE TESORO CASSA DEPOSITI PRESTITI FORLI’, S.R.;

– intimati –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di RIMINI, emesso il

5/01/2009, depositato il 05/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato FRATTARELLI PIERO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso con l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- In data 4/6 giugno 2002 ad istanza di R.N. (creditore procedente) veniva notificato ad M.A. (esecutata), nonchè al Comune di Rimini ed alla Direzione Provinciale del Tesoro Cassa Depositi e Prestiti di Forlì (terzi pignorati), atto di pignoramento presso terzi; nella procedura esecutiva dinanzi al Tribunale di Rimini intervenivano diversi altri creditori della M., tra i quali l’avv. B.I..

Rese le dichiarazioni da parte dei terzi e disposti diversi rinvii su richiesta del creditore procedente, questi e l’intervenuto rag. F.S. depositavano atti di rinuncia, mentre l’avv. B. chiedeva l’assegnazione della somma pignorata.

Con ricorso depositato il 21 febbraio 2008 la debitrice esecutata proponeva opposizione, che qualificava come opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Rimini, essendo invece competente il Tribunale di Forlì.

2.- Il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rimini, dopo aver sospeso l’esecuzione con decreto emesso inaudita altera parte, all’udienza del 31 ottobre 2008, instaurato il contraddittorio, ha riservato la decisione e con provvedimento depositato il 5 gennaio 2009, qualificata l’opposizione proposta come opposizione agli atti esecutivi, ha rigettato l’istanza di sospensione e quindi revocato il decreto; ha assegnato alle parti il termine per l’instaurazione del giudizio di merito di opposizione agli atti esecutivi.

3.- Avverso quest’ultimo provvedimento propone ricorso straordinario per cassazione M.A., a mezzo di due motivi. Resiste con controricorso l’avv. B.I..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con entrambi i motivi di ricorso si deduce la nullità e l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge.

Sostiene la ricorrente che il provvedimento impugnato avrebbe definito un giudizio di opposizione all’esecuzione qualificandolo come di opposizione agli atti esecutivi e, con tale statuizione, avrebbe, per un verso, impedito all’opponente di proseguire la causa di opposizione all’esecuzione ritualmente proposta; per altro verso, errato nella qualificazione dell’opposizione, dal momento che sarebbe invece da qualificare come opposizione all’esecuzione poichè volta a far valere il difetto di competenza territoriale. Ancora, secondo la ricorrente, il provvedimento impugnato sarebbe nullo perchè ha assegnato un termine per l’introduzione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, anzichè dare disposizioni per la prosecuzione del giudizio di opposizione all’esecuzione pendente.

In merito all’ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione, la ricorrente assume che, proprio per i vizi sopra rilevati, il provvedimento avrebbe assunto il carattere della definitività, poichè avrebbe chiuso illegittimamente il giudizio di opposizione all’esecuzione.

1.1.- Gli argomenti svolti nei due motivi di ricorso al fine di dimostrare che l’ordinanza impugnata, oltre ad essere nulla o illegittima, avrebbe carattere definitivo non sono fondati e il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di cui appresso.

L’ordinanza è stata adottata dal giudice dell’esecuzione a seguito dell’istanza di sospensione dell’esecuzione avanzata dall’esecutata- opponente e, dopo aver disposto con decreto emesso inaudita altera parte la sospensione, all’esito del procedimento in camera di consiglio nel contraddittorio delle parti, il giudice dell’esecuzione ha disposto nei seguenti testuali termini: “Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 22 ottobre 2008 …omissis… rigetta l’istanza proposta da M.A. e contestualmente revoca la sospensione dell’esecuzione disposta con decreto emesso inaudita altera parte in data 5 marzo 2008; assegna termine di giorni 60 per l’introduzione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, avanti a sezione e giudice designandi del Tribunale di Rimini, tenuto conto della materia oggetto dell’accertamento di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c., o altri se previsti, ridotti della metà ex art. 618 c.p.c.”.

2.- In primo luogo, il provvedimento impugnato non è affatto, in sè, definitivo per non essere previsto altro mezzo di riesame. In quanto emesso a conclusione del procedimento ex artt. 624-625 c.p.c. ed essendo un'”ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione”, esso sarebbe stato reclamabile ex art. 624 c.p.c., comma 2, ed in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. ben avrebbe potuto essere chiesto il riesame delle ragioni che avevano determinato la revoca della sospensione disposta con decreto. Si deve aggiungere che, essendo previsto dalla norma citata il reclamo cautelare avverso l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione a seguito di opposizione all’esecuzione e di opposizione di terzo all’esecuzione, è discussa l’ammissibilità del reclamo cautelare avverso l’ordinanza di analogo tenore quando emessa ai sensi dell’art. 618 c.p.c., comma 2, primo inciso: in senso positivo, si è peraltro già espressa questa Corte nel precedente n. 11243/10, da intendersi qui integralmente richiamato. Pertanto, la qualificazione dell’opposizione come riconducibile alla norma dell’art. 617 cod. proc. civ. – dalla quale il giudice dell’esecuzione ha tratto la conseguenza della sua inammissibilità perchè proposta oltre il termine di cui a tale ultima norma e quindi del rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione – non avrebbe impedito alla parte opponente, secondo il richiamato precedente di questa Corte, di avvalersi del reclamo cautelare e, dinanzi al Collegio in sede di reclamo, la ricorrente avrebbe potuto contestare la qualificazione dell’opposizione fatta dal primo giudice.

3.- Con riguardo alla doglianza della ricorrente secondo cui le sarebbe stato comunque precluso l’accesso alla tutela a cognizione piena si osserva quanto segue.

Il giudizio di opposizione all’esecuzione è soggetto alla disciplina di cui all’art. 616 c.p.c., nel testo sostituito, con decorrenza dal 1 marzo 2006, dalla L. n. 52 del 2006; questa norma prevede che il giudice dell’esecuzione, se l’ufficio giudiziario al quale appartiene è competente per la causa di merito sull’opposizione, come nel caso di specie, fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163-bis c.p.c., o altri se previsti, ridotti della metà. La norma va letta in combinato disposto con l’art. 624 c.p.c., che disciplina l’ipotesi in cui con l’opposizione sia stata chiesta la sospensione del processo esecutivo, prevedendo che sia il giudice dell’esecuzione, seguendo il procedimento dettato dall’art. 625 c.p.c, a provvedere sulla relativa istanza. In termini coincidenti -fatte ovviamente salve le differenze dovute all’attribuzione della competenza per l’opposizione agli atti esecutivi allo stesso ufficio davanti al quale si svolge l’esecuzione- è disciplinato il passaggio dalla fase dinanzi al giudice dell’esecuzione (chiamato a pronunciarsi eventualmente sui provvedimenti indilazionabili o sulla sospensione ex art. 618 c.p.c., comma 2, primo inciso) al giudizio di merito, in caso di opposizione agli atti esecutivi, dalla norma dell’art. 618 c.p.c., comma 2, secondo inciso.

Il sistema di norme modificate dalla L. n. 52 del 2006, ha innovato rispetto al regime precedente, secondo il quale era lo stesso giudice dell’esecuzione che all’udienza disponeva la prosecuzione del giudizio (relativo all’opposizione all’esecuzione od all’opposizione agli atti esecutivi) con le forme della cognizione ordinaria. Le nuove norme hanno escluso l’automatismo della prosecuzione con la cognizione piena; il giudice dell’esecuzione, dopo avere provveduto sull’istanza di sospensione (o di provvedimenti indilazionabili), si limita a fissare un termine per l’introduzione della causa di merito ed è quindi rimesso all’iniziativa della parte interessata l’effettivo inizio di tale giudizio nel termine fissato.

Il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito di un procedimento in tutto e per tutto conforme alle previsioni normative dell’art. 618 cod. proc. civ. e art. 185 disp. att. cod. proc. civ., quanto al rito seguito dinanzi al giudice dell’esecuzione ed alla sua conclusione con un provvedimento avente la forma dell’ordinanza; tale ordinanza, che ha deciso sulla sospensione, ha altresì fissato il termine perentorio previsto per l’introduzione del giudizio di merito a cognizione piena, addirittura riproducendo testualmente l’art. 618 cod. proc. civ., comma 2; la ricorrente avrebbe ben potuto iscrivere la causa di opposizione al ruolo contenzioso (cfr. Cass. ord. n. 20532/2009), al fine di ottenere quella sentenza, della quale, contrariamente all’assunto della stessa ricorrente, il provvedimento impugnato non tiene affatto luogo.

3.1.- Nè tale conclusione risulta inficiata dalla circostanza che il giudice dell’esecuzione abbia io il qualificato l’opposizione diversamente da quanto fatto e ritenuto dalla ricorrente.

Infatti, premesso che spetta al giudice dell’esecuzione, prima, e dell’opposizione, poi, la riconduzione dell’opposizione alla norma dell’art. 615 cod. proc. civ., ovvero a quella dell’art. 617 cod. proc. civ., a prescindere dalla qualificazione che ad essa abbia inteso dare la parte opponente, l’unico vincolo che da siffatta qualificazione consegue per la parte, che intenda comunque contestarla ed insistere nella propria diversa qualificazione, è dato dal regime dell’impugnazione. Quanto a quest’ultimo, va richiamata la giurisprudenza univoca di questa Corte, per la quale l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta, con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione dell’azione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, e tanto al fine di escludere che la parte possa conoscere “ex post”, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile (cfr., tra le tante, Cass. n. 26294/07, n. 11012/07, n. 4507/06).

Nel caso di specie, invece, si trattava di iscrivere al ruolo contenzioso quella stessa opposizione che era stata già proposta davanti al giudice dell’esecuzione, alla stregua del sistema normativo introdotto dalla novella del 2006 e sopra delineato.

Poichè il giudice dell’esecuzione, col provvedimento oggetto della presente impugnazione, aveva dettato le modalità per il passaggio dalla fase svoltasi dinanzi a sè alla fase a cognizione piena, la parte ricorrente non avrebbe dovuto fare altro che seguire tali modalità, peraltro del tutto conformi alla previsione dell’art. 618 cod. proc. civ.. Quindi, in sede di merito, avrebbe potuto riproporre le proprie ragioni ed anche insistere nella diversa qualificazione dell’opposizione. E’ da escludere che la qualificazione data all’opposizione dal giudice dell’esecuzione vincoli il giudice del giudizio di merito sull’opposizione dinanzi al quale venga introdotta la causa a cognizione piena; tuttavia, la parte che intenda avvalersi della tutela a cognizione piena deve introdurre il relativo giudizio tenendo conto di quanto disposto dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. civ., se ha qualificato l’opposizione come proposta ex art. 615 cod. proc. civ., ovvero ai sensi dell’art. 618 cod. proc. civ., se ha qualificato l’opposizione come proposta ex art. 617 cod. proc. civ..

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il giudice dell’esecuzione, col provvedimento impugnato, non concluse affatto illegittimamente e definitivamente per la parte opponente il giudizio di opposizione all’esecuzione, quasi “imponendo” alla stessa di dare corso, in sede di merito, ad un diverso giudizio di opposizione agli atti esecutivi. Piuttosto, si limitò a qualificare diversamente quella stessa opposizione relativa alla contestazione della competenza territoriale del giudice dell’esecuzione- che, già proposta in sede esecutiva, la parte opponente avrebbe dovuto riproporre in sede cognitiva, rimettendo al giudice della fase di merito anche la questione sulla riconducibilità dell’opposizione alla norma dell’art. 615 cod. proc. civ., ovvero a quella dell’art. 617 cod. proc. civ..

4.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in favore del resistente in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2011

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