Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17790 del 30/08/2011

Cassazione civile sez. III, 30/08/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 30/08/2011), n.17790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6909/2009 proposto da:

FONDIARIA S.A.I. S.P.A. (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GRAMSCI 22, presso lo studio dell’avvocato IANNETTI

Gianluigi, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BECHI

FRANCO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.R. O R.C. (OMISSIS), I.

M.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA TARANTO 44, presso lo studio dell’avvocato CORSO MICAELA,

rappresentati e difesi dall’avvocato TESI Fabrizio giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

P.G., C.R., C.A.M.,

C.M.M., BANCA TOSCANA SPA, EREDI C.R.

IMPERSONALMENTE E COLLETTIVAMENTE, BANCA NAZIONALE LAVORO SPA, IPAC

SRL, C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 440/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 26/6/2007, depositata il 13/03/2008,

R.G.N. 859/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato GIANLUIGI IANNETTI;

udito l’Avvocato ROSA LANATA’;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La Società Fondiaria – S.A.I. S.p.A. interpose appello avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia con la quale era stata accolta l’opposizione di terzo all’esecuzione proposta da M.R. e I.M.C. con riferimento all’esecuzione immobiliare intrapresa da P.G. nei confronti di C. R., nella quale era intervenuta la società opposta, e, per l’effetto, era stato dichiarato illegittimo il pignoramento trascritto in data 27 aprile 1988; con la sentenza di primo grado era stata anche dichiarata la nullità dell’opposizione proposta da IPAC s.r.l..

2.- La Corte d’Appello di Firenze ha rigettato l’appello e condannato la società appellante al pagamento delle spese del grado, sia nei confronti degli appellati M. e I., che nei confronti di IPAC s.r.l. e C.R..

3.- Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la società Fondiaria – S.A.I. S.p.A., a mezzo di nove motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso, illustrato da memoria, M.R. e I.M.C.. Non si difendono gli altri intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con i primi due motivi la società ricorrente censura il capo della sentenza d’appello che l’ha condannata alla refusione delle spese di secondo grado in favore di IPAC s.r.l..

Entrambi i motivi sono inammissibili e vanno trattati congiuntamente, essendo comune la ragione dell’inammissibilità.

Col primo motivo si denuncia violazione del combinato disposto degli artt. 91 e 293 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, perchè IPAC s.r.l. avrebbe dovuto essere considerata contumace in appello, in quanto costituitasi dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e di rimessione della causa al collegio, sicchè la Corte di merito avrebbe liquidato le spese in favore di una parte contumace, in violazione delle norme su indicate.

Col secondo motivo si denuncia violazione del combinato disposto degli artt. 91 e 332 cod. proc. civ., perchè la Corte d’Appello ha condannato l’appellante alla refusione delle spese in favore di IPAC s.r.l., malgrado la società Fondiaria S.A.I. S.p.a. non avesse proposto gravame nei confronti della IPAC s.r.l.; ed, anzi, non avrebbe avuto interesse a proporre appello, dal momento che l’opposizione di tale ultima società era stata rigettata in primo grado e quindi l’opposta Fondiaria S.A.I. S.p.a. era risultata totalmente vittoriosa. Pertanto, essendo stato l’appello proposto soltanto avverso il capo di sentenza con cui il Tribunale aveva accolto l’opposizione proposta da M. e I., ed essendo stato l’atto di appello notificato ad IPAC s.r.l. soltanto ai sensi dell’art. 332 cod. proc. civ., quest’ultima non avrebbe avuto diritto al rimborso delle spese, con la conseguenza che la condanna pronunciata in tale senso da parte del giudice d’appello sarebbe in violazione delle norme su indicate.

1.1.- I motivi sono inammissìbili poichè non tengono conto del fatto che il dispositivo di condanna al pagamento delle spese oggetto di censura è stato pronunciato dalla Corte d’Appello di Firenze non soltanto in favore di IPAC s.r.l., ma anche, congiuntamente, in favore di C.R., in proprio, essendo stato liquidato un unico importo per spese, diritti ed onorari in favore delle due parti, difese dal medesimo procuratore.

Data tale statuizione, la ricorrente avrebbe dovuto riferire le proprie censure alle posizioni processuali di ciascuna delle parti a cui favore era stato pronunciata l’unica condanna alle spese, accomunando le stesse ovvero distinguendole, mentre in nessuno dei due motivi è detto alcunchè sulla posizione di C.R..

Pertanto, non è specificato, come invece avrebbe dovuto essere (cfr.

art. 366 cod. proc. civ.), se l’impugnazione sia stata rivolta anche nei confronti di quest’ultimo, per essere la sua posizione comune a quella di IPAC s.r.l., ovvero se l’impugnazione sia riferita soltanto alla società. In tale ultima ipotesi, peraltro, la ricorrente avrebbe dovuto altresì specificare la misura dell’incidenza sulla liquidazione cumulativa delle spese processuali del fatto che esse fossero state riferite anche alla posizione di IPAC s.r.l. e non limitarsi a concludere nel senso dell’integrale cassazione della sentenza “con ogni consequenziale pronuncia”.

In mancanza delle specificazioni di cui sopra e di precise conclusioni consequenziali, entrambi i motivi sono inammissibili.

2.- Parimenti inammissibili, ma per la diversa violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, sono i motivi quarto, sesto e settimo, che vanno trattati congiuntamente perchè connessi.

Con i motivi sesto e settimo si denunciano, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione, rispettivamente del D.Lgs. n. 267 del 1942, art. 181 (motivo sesto) e dell’art. 2643 c.c., n. 14 e art. 2644 cod. civ. (motivo settimo).

Sostiene la ricorrente che il giudice d’appello avrebbe affermato che la sentenza di omologazione del concordato preventivo del Pastificio Chelucci e di C.R. ed A. aveva avuto, in favore di IPAC s.r.l., che sarebbe stata l’assuntore del concordato preventivo, un’efficacia traslativa diretta dei beni di proprietà degli imprenditori in concordato, mentre, secondo la ricorrente, nel caso di specie la sentenza del 28 maggio 1980 di omologa del concordato non avrebbe potuto avere tale effetto; ciò sarebbe tanto vero che in altra sentenza della Corte d’Appello di Firenze, relativa ad un diverso contenzioso, avente ad oggetto un differente atto di alienazione del C. “dopo l’apertura del concordato Ipac”, vi era detto che “… omissis. ..il concordato preventivo richiesto ed ottenuto dai Chelucci non prevedeva, con effetto reale, alcun trasferimento di proprietà in capo alìassuntore …omissis…”.

Nell’illustrare il settimo motivo (in evidente connessione col precedente), la ricorrente, sempre nel presupposto che con la sentenza impugnata si sia affermato un effetto traslativo della sentenza di omologazione del concordato preventivo C., sostiene che, anche se ciò fosse accaduto, avrebbe dovuto trovare applicazione nel caso di specie l’art. 2943 cod. proc. civ., n. 14, in forza del quale, per rendere opponibile a terzi il trasferimento, si sarebbe dovuta comunque trascrivere la sentenza, mentre non sarebbe mai stato in discussione in giudizio che questa non era stata trascritta. In conseguenza di ciò, secondo la ricorrente, quand’anche IPAC avesse acquistato i beni in forza della sentenza di omologazione del concordato C., e quindi in epoca anteriore alla trascrizione del pignoramento eseguito da P. G., la mancata trascrizione della sentenza di omologazione avrebbe reso l’acquisto di IPAC inopponibile ai terzi, ed in particolare al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti nell’esecuzione. La ricorrente ha aggiunto che, contrariamente all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “contro l’opponibilità del concordato nulla l’appellante ha detto”, essa società appellante si sarebbe invece intrattenuta sull’argomento con la comparsa conclusionale depositata in primo grado.

Col quarto motivo di ricorso si denuncia invece il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia che sarebbe costituito dal fatto che M. e I. acquistarono i beni per cui è causa, non da IPAC s.r.l., bensì dai signori C., Re., R., A.M. e M.M., che ne erano comproprietari (e vendevano ciascuno per i propri diritti) e dal fatto che nell’atto intervenne “per quanto possa occorrere” il Commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo di IPAC s.r.l. (intervenuto anche quale procuratore speciale dei venditori C.). Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe trascurato tali dati risultanti dall’atto di acquisto per notaio Regni del 20 settembre 1989, ed avrebbe motivato come se i M. – I. avessero invece acquistato direttamente da IPAC s.r.l., perchè avrebbe fondato la propria pronuncia sull’affermazione che quest’ultima era divenuta proprietaria dei beni in epoca anteriore al pignoramento (in virtù dell’effetto traslativo immediato della sentenza di omologazione del concordato preventivo C.); questa motivazione sarebbe in contrasto con i dati sopra riportati, sui quali l’appellante si sarebbe ripetutamente soffermata in sede di merito (così come peraltro la difesa degli appellati M. – I.), e che invece il giudice d’appello non avrebbe preso in considerazione.

2.1.- Orbene, è da escludere che la Corte d’Appello di Firenze abbia affermato che la sentenza di omologazione del concordato preventivo di C.R. (e del fratello A. poi deceduto, come si legge nella sentenza impugnata) abbia avuto efficacia traslativa diretta; nell’esporre lo svolgimento del processo si è limitata a dare atto che “il concordato prevedeva il trasferimento di tutti i beni mobili e immobili del debitore alla IPAC s.r.l., terzo assuntore”; nella motivazione, ha poi individuato la principale ratio decidendi del rigetto dell’appello non nell’efficacia immediatamente traslativa della sentenza di omologazione, ma nell’opponibilità ai terzi del decreto di ammissione alla procedura, perchè annotato nei registri immobiliari ai sensi della L. Fall., art. 166, che richiama l’art. 88 della stessa legge, nonchè della sentenza di omologazione, perchè resa pubblica ai sensi della L. Fall., art. 180 (rectius, 181).

Pertanto, è da escludere che il giudice d’appello abbia affermato od anche soltanto presupposto in motivazione che l’atto di acquisto dei M. – I. avesse come dante causa IPAC s.r.l., contrariamente a quanto sostenuto col quarto motivo di ricorso.

La sentenza della Corte d’Appello non rinviene affatto la sua ratto decidendi nell’opponibilità di uno o più trasferimenti dei beni dai C. ad IPAC s.r.l. e/o da questa ai M. – I., ma si fonda sull’opponibilità del vincolo (di indisponibilità) che, secondo il giudice di merito, sarebbe stato apposto ai beni di proprietà C. dall’essere questi beni compresi nel concordato preventivo cui C.R. era stato ammesso; vincolo che, evidentemente, la Corte di merito ha ritenuto ancora operante al momento della trascrizione del pignoramento ed, in forza del quale, ha ritenuto essere stati i beni trasferiti ai M. – I., non da parte di IPAC s.r.l., ma “col pieno consenso” di questa (che vantava, in forza di quel concordato, un diritto “di trasferire a sè, o ad altri, i relativi beni”).

2.2.- Premesso che trovano applicazione le norme della legge fallimentare nel testo vigente prima delle modifiche apportate al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, è evidente che sia i motivi di ricorso che la sentenza impugnata si fondano sul decreto di ammissione al concordato preventivo di C.R. (e del fratello) e sulla sentenza di omologazione di questo concordato del 28 maggio 1980;

inoltre, il quarto motivo di ricorso fa espresso riferimento, ed in parte si fonda, anche su un altro concordato preventivo, di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, vale a dire il concordato preventivo al quale sarebbe stata ammessa IPAC s.r.l. e rispetto al quale C.R. sarebbe stato garante, con i suoi beni, tra cui anche quelli oggetto di causa (per come è dato desumere dai passi dell’atto di compravendita per notaio Regni del 20 settembre 1989 riportati in ricorso).

Dato quanto sopra e dato il disposto dell’art. 366 cod. proc civ., n. 6 (applicabile ratione temporis, essendo stata pubblicata il 13 marzo 2008 la sentenza oggetto d’impugnazione), la ricorrente avrebbe dovuto indicare specificamente gli atti predetti, sui quali il ricorso si fonda.

Questo onere si specifica nella duplice necessità che il ricorrente indichi esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi l’atto o il documento in questione, e ne indichi il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (cfr. Cass. 22303/08; ord. n. 20535/10; n. 2966/11, tra le altre, successive alla modifica apportata all’art. 366 cod. proc. civ., dalla L. 40 del 2006, art. 5 con la conseguenza dell’inammissibilità, in caso di mancata indicazione in ricorso del contenuto o di mancata indicazione della sede processuale di reperimento (cfr. anche Cass. S.U. n. 23019/07; ord. n. 15628/09; n. 24178/09); nonchè eventualmente dell’improcedibilità ex art. 369, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. nel caso di mancata produzione (cfr. Cass. S.U. n. 7161/10; Cass. n. 3689/11).

2.3.- Nulla è detto in ricorso del decreto di ammissione al concordato preventivo di IPAC s.r.l. e della relativa sentenza di omologazione: ne sono ignoti la data e i contenuti (fatto salvo il cenno, contenuto nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., della ricorrente, secondo cui IPAC sarebbe stata “ammessa alla procedura di concordato preventivo in data 4.10.1985 come si legge a p. 1 del ricorso in opposizione M. – I.”), nè risultano prodotti agli atti. Analogamente è a dirsi per il decreto di ammissione al concordato preventivo dei C.. Quanto alla sentenza di omologazione di tale concordato, se ne conosce la data (28 maggio 1980) ed un breve passo riportato dalla ricorrente alla pagina 29 del ricorso (“dovrà essere affidato al giudice delegato ampio potere affinchè qualunque atto traslativo della proprietà dei beni della ditta proponente avvenga dopo autorizzazione del G.D. e con l’intervento del commissario, con la clausola che il corrispettivo sia destinato da parte di quest’ultimo unicamente all’adempimento del concordato”); ma non sono affatto noti il contenuto e la portata della sentenza, per la cui produzione, per di più, il ricorso si limita a fare rinvio all'”allegato al ricorso in opposizione di Ipac”, vale a dire ad un atto contenuto nel fascicolo prodotto nel giudizio di merito da una parte che non si è nemmeno difesa davanti a questa Corte.

Non sono rese note col ricorso, nè sono desumibili dalla sentenza impugnata, le vicende dell’esecuzione dei due concordati e, quanto a quello dei C., nemmeno risulta quando ed a quali condizioni IPAB s.r.l. se ne sia resa assuntore (atteso che il passo della sentenza trascritto in ricorso, e sopra riportato, nulla dice sulla presenza di un assuntore, quindi sui relativi obblighi e diritti). E tutto ciò malgrado la sentenza impugnata fondi la sua ratio decidendi proprio su tale assunzione; e malgrado il ricorso fondi su questa le critiche di cui ai tre motivi in esame.

2.4.- Nella disciplina dettata nel testo originario del R.D. n. 267 del 1942, artt. 160-186, la proposta di concordato si sarebbe potuta atteggiare variamente: intanto, nei due modi di attuazione previsti dall’art. 160, cioè con l’offerta, assistita da adeguate garanzie, da parte del debitore ai creditori, del pagamento a saldo di una percentuale dei crediti (fattispecie c.d. solutoria-remissoria) ovvero con la cessione di tutti i suoi beni; a sua volta, ciascuno di questi modi presenta(va) la possibilità di notevoli varianti relativamente alla singola procedura. In particolare, il concordato con cessione dei beni ai creditori (come sembra essere stato quello di C., mentre non è noto quale modalità attuativa avesse proposto IPAC s.r.l. per il concordato al quale sarebbe stata successivamente ammessa) consenti(va) che l’attuazione potesse assumere diverse forme: mandato irrevocabile ai creditori a vendere, liquidare e soddisfarsi (cfr. Cass. n. 5306/99; n. 17162/02);

liquidazione da effettuarsi a cura di uno o più liquidatori nominati ai sensi dell’art. 182 (cfr. Cass. S.U. n. 14083/04); accordi tra creditori o tra questi e il debitore. La cessione inoltre avrebbe potuto essere pro solvendo o pro soluto, con diverse importanti conseguenze. Ancora, differenti effetti avrebbe potuto avere la sentenza di omologazione del concordato con assunzione di obblighi da parte del terzo, poichè, come evidenziato in ricorso, ma affermato anche in numerosi precedenti di questa Corte (riferiti al concordato fallimentare, ma utili, con i dovuti adattamenti, anche per il concordato preventivo, ove questo sia con assuntore ed ove preveda l’attribuzione a quest’ultimo dei beni dell’imprenditore), nel caso di cessione dei beni all’assuntore, la sentenza di omologazione del concordato può avere effetti costitutivi (cfr. Cass, n. 8832/07) od anche soltanto obbligatori ed, ancora, nel primo caso, gli effetti traslativi possono non essere immediati, in quanto differiti e/o condizionati all’adempimento degli obblighi concordatari (cfr. Cass. n. 4715/87; n. 6498/91; n. 5147/92; n. 4766/07; n. 4863/10) ovvero possono essere immediati, cioè coincidenti col passaggio in giudicato della sentenza (cfr. Cass. n. 26063/06), malgrado la necessità di provvedimenti attuativi o integrativi (da emettere anche ai fini della trascrizione) da parte del giudice delegato, da, considerarsi meri atti esecutivi della procedura (cfr. Cass. n. 15716/02; n. 12140/09).

La mancanza in ricorso della trascrizione od, almeno, dell’utile sintesi degli atti sui quali esso si fonda e la mancata produzione documentale ostano all’ammissibilità dei tre motivi di ricorso in esame, sui quali la decisione non potrebbe che dipendere dalle modalità in cui i due concordati di cui sopra vennero concretamente proposti, omologati ed eseguiti; modalità, come detto, rimaste pressochè ignote a questa Corte.

I motivi quarto, sesto e settimo sono perciò inammissibili.

3.- Col terzo motivo di ricorso si denuncia un error in procedendo per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, perchè, a detta della ricorrente, gli opponenti avrebbero posto a fondamento della loro opposizione l’acquisto posto in essere in loro favore dai signori C., e non da IPAC s.r.l.

(ed, anzi, avrebbero dedotto che i beni erano stati posti a garanzia del concordato di IPAC s.r.l. e quindi compresi nell’attivo di questa procedura), mentre la Corte d’Appello avrebbe ritenuto la prevalenza dell’acquisto degli opponenti sul pignoramento eseguito da P. perchè la società IPAC s.r.l. sarebbe divenuta proprietaria dei beni in forza della sentenza di omologazione del concordato C. in epoca anteriore appunto al detto pignoramento.

Il quinto motivo di ricorso è connesso a quest’ultimo poichè si lamenta la violazione dell’art. 2913 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in quanto, secondo la ricorrente, il giudice d’appello avrebbe affermato l’opponibilità al creditore pignorante P. (ed ai creditori intervenuti nella procedura esecutiva, tra cui Fondiaria – S.A.I. S.p.A.) di un atto di alienazione dell’immobile da parte del debitore esecutato, vale a dire l’atto per notaio Regni del 20 settembre 1989 (in forza del quale i beni pervennero nella proprietà dei M. – I.), malgrado fosse stato trascritto, in data 12 ottobre 1989, dopo la trascrizione del pignoramento, effettuata in data 27 aprile 1988.

3.1.- Entrambi i motivi sono infondati.

Si è già ampiamente riportata la sintesi e la ratio della decisione d’appello, sicchè, tenuto conto di questa, è da escludere che vi sia stata violazione dell’art. 2913 cod. civ., in quanto la Corte di merito non ha ritenuto prevalente, sulla trascrizione del pignoramento, la trascrizione dell’atto del 20 settembre 1989, ma ha ritenuto prevalente ed opponibile al creditore pignorante il vincolo (di indisponibilità) nascente dall’essere stati i beni oggetto del concordato preventivo C., il cui decreto di ammissione era stato annotato sui registri immobiliari ai sensi della L. Fall., art. 166 e art. 88, comma 2, e la cui sentenza di omologazione era stata resa pubblica ai sensi della L. Fall., art. 181 (è da ritenersi frutto di errore materiale il riferimento fatto in sentenza all’art. 180), in epoca precedente la trascrizione del pignoramento.

Così decidendo, la Corte d’Appello ha accolto la domanda degli opponenti, ritenendo che la relativa causa petendi trovasse fondamento, non nell’efficacia traslativa della sentenza di omologazione del primo concordato preventivo, ma nell’obbligo che con questa i C. avrebbero assunto nei confronti di IPAC s.r.l. di trasferire alla stessa IPAC s.r.l. od a persone o enti che questa si sarebbe riservata di nominare i beni oggetto di quel concordato.

Vi è coincidenza tra il chiesto ed il pronunciato, non solo quanto al petitum (accertamento del diritto di proprietà degli opponenti prevalente sul diritto dei creditori pignorante ed intervenuti) ma anche quanto alla causa petendi. Con riferimento a quest’ultima, va aggiunto, anche in ragione di quanto dedotto dalla ricorrente con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., che, pur risultando che gli opponenti abbiano fatto riferimento, nell’atto di opposizione, alla circostanza che i beni pignorati, di proprietà C., fossero stati da questi posti a garanzia della procedura di concordato preventivo IPAC s.r.l., non risulta che abbiano inteso rinvenire in tale garanzia la ragione della prevalenza del loro acquisto sul pignoramento – nè è dato comprendere come il bene di proprietà del terzo garante avrebbe potuto essere sottratto ai creditori particolari del garante medesimo in favore dei creditori concordatari della società garantita – ma, per come pure risulta dal passo dell’atto di opposizione riportato in ricorso, gli opponenti addussero la prevalenza del diritto di IPAC s.r.l. sui beni di C. rispetto ai diritti dei creditori di quest’ultimo (successivi al concordato C.) in forza della scrittura privata stipulata tra IPAC s.r.l. e C.R. il 12 aprile 1985. La Corte d’Appello ha ritenuto di poter accogliere la domanda fondata su tale causa petendi perchè ha ritenuto che, a sua volta, la scrittura privata in parola – sulla base della quale gli opponenti avevano agito – fosse “atto di esecuzione” del concordato preventivo C.. E’ da escludere che, così argomentando, la Corte di merito abbia violato l’art. 112 cod. proc. civ., poichè è nelle cose che si sia pronunciata esattamente sulla domanda proposta dagli opponenti e non su altra.

I motivi terzo e quinto vanno perciò rigettati, 4.- Il motivo ottavo fa leva sulla seconda ratio deciderteli della sentenza impugnata, per ribadire la censura già mossa avverso prima ratio decidendi; censura che, con tale motivo, viene riproposta con riferimento alla norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, per essere contraddittoria la motivazione.

La parte di questa censurata col motivo in esame riguarda l’assunto dell’appellante Fondiaria S.A.I. S.p.A. secondo cui non vi sarebbe stata corrispondenza tra la sentenza del Tribunale di Pistoia (dinanzi al quale la IPAC s.r.l. aveva introdotto un’azione ex art. 2932 cod. civ., nei confronti di C.R. per ottenere il trasferimento della proprietà dei beni compresi nel concordato preventivo C.), che aveva concluso il giudizio con statuizione di accertamento dell’obbligo di trasferire (e non con statuizione costitutiva ex art. 2932 cod. civ.), rispetto alla domanda trascritta ex art. 2932 cod. civ. e art. 2652 cod. civ., n. 2.

Afferma la Corte d’Appello di Firenze che l’assunto dell’appellante non è esatto perchè l’effetto traslativo della sentenza non ci. fu -ma comunque il Tribunale fini sostanzialmente per confermare la fondatezza della domanda ex art. 2932 cod. civ., pur essendosi limitato a ribadire l’esistenza di un obbligo di trasferire – “per la semplice ragione che il trasferimento era già avvenuto, con il pieno consenso di entrambe le parti, e sia pure a favore di un terzo soggetto indicato dalla stessa IPAC”.

4.1.- Sostiene la ricorrente che questa affermazione sarebbe contraddittoria rispetto all’altra, che sta a fondamento della prima ragione della decisione, secondo cui il trasferimento si sarebbe prodotto in favore di IPAC s.r.l. con la sentenza di omologazione del concordato preventivo C.. Ancora una volta va evidenziato che non è questo ciò che la Corte d’Appello ha detto per dare ragione dell’accoglimento dell’opposizione dei M. – I. (e quindi del rigetto dell’appello).

Quanto posto a fondamento della prima ratio decidendi – sopra ampiamente richiamata – non è affatto in contrasto con quanto sostenuto “ad abundantiam” (secondo l’enunciazione dello stesso giudice d’appello), ma anzi vi è perfetta coerenza tra le relative affermazioni: la Corte d’Appello rileva che, proprio perchè nessun passaggio di proprietà vi era stato da C. ad IPAC s.r.l., il Tribunale di Pistola avrebbe preso atto che, in luogo di questo, ma in esecuzione del medesimo preliminare (contenuto nella scrittura privata del 12 aprile 1985), i beni in contestazione erano stati trasferiti da C. ai M. – I., con il consenso di IPAC s.r.l..

Il motivo, così come proposto, si fonda su un’interpretazione della sentenza che non ne coglie affatto la ratio decidendi principale e non è meritevole di accoglimento.

5.- Col nono ed ultimo motivo di ricorso si censura, per essere illogica la relativa motivazione, la seconda ratio decidendi della sentenza, che rinvia, pur senza espressamente menzionarla, alla norma dell’art. 2952 cod. civ., n. 2.

Sostiene la ricorrente che la sentenza del Tribunale di Pistoia pronunciata nel giudizio introdotto ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., pur essendo la trascrizione della domanda giudiziale precedente il pignoramento, non sarebbe potuta prevalere sulla, trascrizione di questo poichè non venne mai trascritta e quindi non si realizzò la fattispecie prevista dal secondo inciso dell’art. 2652 cod. civ., n. 2. Questa norma infatti riconosce un effetto di prenotazione alla trascrizione della domanda giudiziale soltanto qualora sia poi seguita dalla trascrizione della sentenza, che nel caso di specie non vi fu.

Pertanto, sarebbe illogica la motivazione della sentenza impugnata per avere ritenuto opponibile ai creditori pignoranti la trascrizione della domanda malgrado non fosse stata seguita da quella della sentenza.

5.1.- Anche a voler superare l’erroneo riferimento al vizio di motivazione, essendo, piuttosto, quello denunciato, un error in iudicando per violazione dell’art. 2952 cod. civ., n. 2, il motivo risulta comunque inammissibile per carenza di interesse.

La sentenza impugnata è fondata su due distinte rationes decidendi, attinenti l’una alìopponibilità ai creditori, pignorante ed intervenuti, del decreto di ammissione e della sentenza di omologazione del concordato preventivo C. e l’altra alla corrispondenza tra l’obbligo di trasferire accertato con la sentenza del Tribunale di Pistoia ex art. 2932 cod. civ., e la relativa domanda giudiziale; secondo la Corte, tale corrispondenza non sarebbe venuta meno soltanto perchè la domanda non fu seguita da una sentenza costitutiva: la statuizione definitiva del Tribunale di Pistoia, adito ex art. 2932 cod. civ., fu l’equivalente di una declaratoria di cessazione della materia del contendere perchè prese atto del trasferimento ai M. – I., intervenuto nelle more tra la trascrizione della domanda e la decisione con la sentenza.

5.2.- In effetti, essendo mancata la trascrizione della sentenza, nessuna rilevanza si sarebbe potuta attribuire alla trascrizione della domanda giudiziale (cfr. Cass. n. 4464/88). Pertanto, nemmeno si sarebbe dovuta porre la necessità di verificare la corrispondenza tra sentenza e domanda, essendo questa verifica necessaria, al fine di applicare correttamente l’art. 2652 cod. civ., n. 2, quando vi siano entrambe le trascrizioni (e dovendo, peraltro, ritenersi insussistente la corrispondenza e quindi inefficace il c.d. effetto prenotativo ex art. 2952 cod. civ., n. 2, quando, come accaduto nel caso di specie, la sentenza non sia costitutiva, vale a dire quando non sia, in sè, produttiva dell’effetto traslativo: cfr. già Cass. n. 1968/67, nonchè Cass. n. 1588/93; n. 1163/99).

Poichè, tuttavia, l’eventuale accoglimento del nono motivo di ricorso lascerebbe sopravvivere la fondamentale ratio decidendi della sentenza impugnata, idonea da sola a sorreggere la decisione di rigetto dell’appello, non può che concludersi nel senso anzidetto della sua inammissibilità.

6.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in favore dei resistenti M. e I. in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2011

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