Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1779 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. un., 20/01/2022, (ud. 13/07/2021, dep. 20/01/2022), n.1779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. ACIERNO Maria – Presidente di Sez. –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4504/2020 proposto da:

T.N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

VIGNA MURATA 1, presso lo studio dell’avvocato CORRADO CARRUBBA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO

TITOMANLIO;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO L.A.

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTE

25;

AUTOMOBILE CLUB FOGGIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,

presso lo studio dell’avvocato FELICE EUGENIO LORUSSO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 128/2019 della CORTE DEI CONTI – III SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 28/06/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/07/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ricorso ex art. 111 Cost., comma 8 e art. 362 c.p.c., il sig. T.N.G. – all’epoca dei fatti direttore generale dell’Automobile Club Foggia (di seguito: A.C. Foggia) e, contestualmente, amministratore unico e legale rappresentante della società Automobile Club Foggia Gestore s.r.l. (di seguito: Gestore), società partecipata dall’A.C. Foggia e da quest’ultimo incaricata della riscossione delle quote associative e delle altre entrate del Club, ora dichiarata fallita – ha chiesto la cassazione, per carenza di giurisdizione del giudice contabile, della sentenza della Corte dei conti n. 128/2019.

2. Con tale sentenza la Corte dei conti ha confermando la pronuncia di primo grado della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia con cui il sig. T. era stato condannato a versare all’A.C. Foggia la somma di Euro 808.274,22, oltre rivalutazione ISTAT ed interessi legali, a titolo di danno erariale causato dal mancato riversamento delle somme relative alle quote associative e alle licenze C.S.A.I. (Commissione sportiva automobilistica italiana, abolita nel 2012) di spettanza del predetto Club.

3. Secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, il sig. T., nel periodo compreso tra il 2005 e il 2012, per un verso, quale amministratore unico e legale rappresentante della società Gestore, omise di riversare all’A.C. Foggia le somme riscosse per conto di quest’ultimo, procedendo “con metodica costanza a prelevare tali entrate per autoliquidarsi somme a titolo di missione ovvero per spese ulteriori, anziché effettuare bonifici nei confronti dell’A.C. Foggia” (pag. 18 della sentenza impugnata); per altro verso, quale direttore generale dell’A.C. Foggia (in conflitto d’interessi), omise di richiedere alla società Gestore l’adempimento degli obblighi di riversamento sulla stessa gravanti.

4. Il sig. T. aveva eccepito, per quanto qui interessa, la carenza di giurisdizione del giudice contabile, sostenendo che l’Automobile Club d’Italia (di seguito ACI), di cui i clubs provinciali sono federati, avrebbe una natura giuridica duplice: per un verso privatistica, in quanto federazione sportiva, e per altro verso pubblicistica, in relazione alle altre funzioni al medesimo affidate. Sulla scorta di tale premessa il sig. T. argomentava che le entrate derivanti dalla riscossione delle quote associative e dei contributi per le licenze della C.S.A.I. avrebbero avuto natura privatistica, in quanto riguardavano l’attività sportiva e automobilistica svolta dall’ACI e venivano versate sulla base, esclusivamente volontaria, del rapporto associativo; mentre il controllo spettante alla giurisdizione contabile avrebbe riguardato solo la gestione delle entrate derivanti dall’esercizio dei servizi di riscossione delegati o affidati all’ACI dallo Stato, dalle Regioni o da altri enti pubblici (imposte relative al P.R.A. o tasse automobilistiche).

5. La Corte dei conti ha disatteso tale eccezione sul rilievo che l’ACI, in base al suo statuto (come modificato, da ultimo, dal D.M. 27 novembre 2012), è un ente pubblico non economico, che tutela gli interessi dell’automobilismo italiano; cosicché, in considerazione di tale finalità, tutte le entrate che pervengono al medesimo, ed ai clubs territoriali nello stesso federati, hanno destinazione pubblicistica, restando irrilevante la diversa tipologia degli introiti. Il T. inoltre, ha aggiunto la Corte dei conti ad ulteriore conferma della propria giurisdizione, aveva assunto anche la qualifica di agente contabile, avendo svolto le funzioni di amministratore unico e legale rappresentante della società incaricata della riscossione delle entrate dell’A.C. Foggia.

6. Al ricorso per cassazione del sig. T. – articolato in sei motivi, tutti rubricati con riferimento alla “violazione dei limiti di giurisdizione ex artt. 1 del C.G.C. e art. 103 Cost., comma 2” – hanno resistito, depositando controricorso, tanto il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti quanto l’Automobile Club di Foggia, intervenuto già in sede di merito in adesione all’azione di responsabilità esercitata dalla Procura regionale della Corte dei conti.

7. La causa è stata discussa e decisa nella Camera di consiglio del 13 luglio 2021, per la quale sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c., dal ricorrente e dal controricorrente A.C. Foggia. Il Procuratore Generale presso questa Corte non ha rassegnato conclusioni.

8. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per avere la Corte dei conti affermato la giurisdizione contabile sulla base dell’errore di fatto consistente nel ritenere che il soggetto danneggiato fosse l’ACI, anziché l’A.C. Foggia. Nel motivo si argomenta che gli automobile clubs provinciali, per quanto federati nell’ACI, godono di piena autonomia giuridica e patrimoniale, cosicché la pronuncia d’appello, basando la propria decisione sulla natura giuridica di ente pubblico non economico dell’ACI, sarebbe incorsa in errore proprio sulla identificazione dell’ente danneggiato, con quanto ne consegue in punto di superamento dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile.

9. Il motivo è infondato. La Corte dei conti non è incorsa in alcuna confusione tra l’ACI e l’A.C. Foggia, giacché nella sentenza impugnata il soggetto danneggiato dalla condotta del sig. T. risulta chiaramente individuato nell’A.C. provinciale, destinatario delle somme che la società Gestore aveva riscosso, senza riversarle, a titolo di quote associative e licenze C.S.A.I. (vedi tale sentenza a pag. 13, terzultimo rigo, ove si riporta uno stralcio della sentenza di primo grado che fa riferimento alle “entrate che pervengono all’ACI e agli Automobile Club federati”, nonché pag. 14, rigo 13, ove si fa espressamente riferimento alle “entrate dell’Automobile Club Foggia”). La Corte dei conti, può aggiungersi, si è soffermata sulla natura giuridica dell’ACI non perché avesse equivocato sull’individuazione del soggetto danneggiato dalla condotta ascritta al T., ma per rispondere alle argomentazioni da costui sviluppate per sostenere la tesi della doppia natura dell’ACI, privatistica, in quanto federazione sportiva, e pubblicistica, in quanto ente pubblico non economico.

10. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la natura privatistica dell’A.C. Foggia, escludendo che il medesimo possa ripetere la natura di ente pubblico dall’ACI, per relationem. Nel motivo si ripropone in primo luogo l’argomento, già prospettato in sede di merito, secondo cui dallo statuto dell’ACI, come da ultimo modificato dal D.M. 27 novembre 2012, emergerebbe la duplice veste di federazione sportiva, da un lato, e di ente pubblico non economico senza scopo di lucro, dall’altro. L’ACI dunque, secondo il ricorrente, manterrebbe, accanto alla natura pubblicistica sancita dalla L. n. 70 del 1975, anche la qualifica di federazione sportiva nazionale e, dunque, di associazione con personalità di diritto privato, ai sensi del D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, art. 23, comma 2, (“Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano – C.O.N.I., a norma dell’art. 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”). Quanto all’A.C. Foggia, prosegue il ricorrente, nulla consentirebbe, in assenza di copertura legislativa, di ritenere che il medesimo partecipi della natura pubblica dell’ACI, rimanendo gli automobile clubs provinciali soggetti di diritto privato, che non ricevono finanziamenti pubblici né soggiacciono a controlli pubblici sulle scelte politiche e gestionali.

11. Il motivo non può trovare accoglimento.

12. Va premesso che la natura di enti pubblici non economici dell’Automobile Club d’Italia e degli automobile clubs provinciali è stata affermata espressamente da queste Sezioni Unite fin dal 1958, con la sentenza n. 3873/1958, ed è stata costantemente ribadita, senza alcuna oscillazione, nell’arco dei decenni (cfr., tra le tante, le sentenze nn. 3138/1959, 1325/1966, 1129/1972, 2482/1976, 5251/1979, 2472/1982, 8730/1987). L’ACI, infatti, venne costituito in ente morale ed investito di funzioni pubbliche già in epoca precostituzionale, con il regio D.L. 14 novembre 1926, n. 2481; alle sedi provinciali dell’ACI venne riconosciuta la personalità giuridica con il R.D. 24 novembre 1934, n. 2323; in epoca costituzionale, il D.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, dispose, nel suo art. 2, che “Le sedi provinciali dell’ACI assumono la denominazione di Automobile club A.C. seguito dal nome del rispettivo capoluogo e conservano la personalità giuridica ad esse riconosciuta con il R.D. 24 novembre 1934, n. 2323”; il medesimo D.P.R. n. 881 del 1950, approvò altresì il nuovo statuto dell’ACI, il cui art. 38 prevedeva espressamente che gli automobile clubs provinciali “perseguono le finalità d’interesse generale automobilistico”.

13. La natura di ente pubblico non economico dell’ACI e degli automobile clubs provinciali è stata poi sancita dalla L. 20 marzo 1975, n. 70 (“Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente”), che reca le seguenti disposizioni, di interesse in questa sede:

– dell’art. 1, comma 3 recita: “La tabella allegata alla presente legge contiene l’elenco degli enti individuali e classificati, sulla base delle funzioni esercitate, in categorie omogenee, senza pregiudizio per le soppressioni o fusioni di enti che dovessero intervenire per effetto di successive leggi di riforma”;

– dell’art. 2, comma 1 recita: “Tutti gli enti pubblici, con esclusione di quelli indicati dell’art. 1, commi 2 e 3, che siano costituiti ed ordinati da leggi o da atti aventi valore di legge, sono soppressi di diritto e conseguentemente cessano dalle loro funzioni alla scadenza del termine di 3 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora entro il termine stesso non siano dichiarati necessari con i decreti di cui al successivo art. 3”;

– dell’art. 3, comma 1 recita: “Il Governo della Repubblica entro tre anni dall’entrata in vigore della presente legge è delegato ad emanare decreti contenenti l’elenco degli enti ritenuti necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del Paese che andranno a integrare la tabella allegata alla presente legge”.

L’Automobile Club d’Italia è compreso tra gli “Enti preposti a servizi di pubblico interesse” elencati nella categoria IV della tabella allegata a detta legge; gli automobile clubs provinciali, per parte loro, sono espressamente qualificati enti pubblici necessari dal D.P.R. 16 giugno 1977, n. 665 (“Conferma, ai sensi della L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 3, degli automobile clubs pròvinciali”), emanato ai sensi della L. n. 70 del 1975, art. 3, menzionato u.c., e, quindi, avente valore di legge; del D.P.R. n. 665 del 1977, art. unico, recita, per quanto qui interessa: “Gli enti pubblici “automobile clubs provinciali” sono dichiarati necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del Paese, e sono inseriti nella categoria IV della Tabella allegata alla L. 20 marzo 1975, n. 70….”. Tanto per l’ACI, dunque, quanto per gli automobile clubs provinciali, la copertura legislativa della loro natura pubblicistica risiede nell’inserimento – originario per il primo e successivo per i secondi – nella tabella allegata alla L. n. 70 del 1975.

14. Quanto all’argomento del ricorrente secondo cui l’ACI, in quanto federazione sportiva nazionale, avrebbe assunto anche la qualifica di associazione con personalità di diritto privato, per il disposto del D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, art. 15, comma 2, come sostituito dal D.Lgs. n. 15 del 2004, art. 1, comma 23 (“Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione”), esso va giudicato, per un verso, inconferente e, per altro, verso, infondato. E’ inconferente perché la disposizione riguarda le “federazioni sportive nazionali” e pertanto non si applica agli automobile clubs provinciali. E’ infondato perché le disposizioni transitorie del D.Lgs. n. 242 del 1999, espressamente escludono l’ACI dalle innovazioni recate del medesimo DLgs. (vedi D.Lgs. n. 242 del 1999, art. 18, comma 6: “Nulla è innovato quanto alla natura giuridica dell’Aeroclub d’Italia, dell’Automobile club d’Italia e dell’Unione italiana tiro a segno”). Deve pertanto convenirsi con la giurisprudenza amministrativa, là dove essa ha chiarito che “al momento della trasformazione delle federazioni sportive in associazioni con personalità giuridica di diritto privato, il D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, art. 18, ha mantenuto la “natura giuridica” pubblica dell’Automobil club d’Italia (ACI) e, in sede di ulteriore riordino delle funzioni del CONI, l’art. 2 D.Lgs. 8 gennaio 2004, n. 15, ha confermato la natura giuridica pubblica dell’ACI, quale federazione sportiva nazionale, con l’aggiunta che l’attività di federazione sportiva dell’ACI continuasse a svolgersi “secondo i rispettivi ordinamenti” e cioè sulla base del D.P.R. 8 settembre 1950, n. 818. L’ACI, ente pubblico non economico a base federativa, oltre a svolgere attività di diritto pubblico, è una federazione sportiva automobilistica” (così Cons. Stato, Sez. VI, n. 1230/2012).

15. Con il terzo motivo il sig. T. insiste sulla natura giuridica privatistica delle entrate rappresentante dalle aliquote associative e dai contributi per le licenze della C.S.A.I.. Ad avviso del ricorrente la giurisdizione contabile per danno erariale si radicherebbe solo in relazione al controllo sulle entrate derivanti dalla gestione dei servizi di riscossione affidati all’ACI dallo Stato, dalle Regioni o altri enti pubblici e non già in relazione al controllo sulle entrate derivanti dalla riscossione delle quote associative e dei contributi per le licenze C.S.A.I., concernenti l’attività sportiva automobilistica svolta dall’ACI.

16. Il motivo è infondato. La pretesa del ricorrente di distinguere, ai fini del radicamento della giurisdizione contabile, tra le diverse entrate degli automobile clubs si infrange contro il rilievo che l’art. 59 dello Statuto dell’ACI, inserito nella Parte II del medesimo (destinata a regolare costituzione e scopi degli automobile clubs territoriali), prevede, al comma 1, che “le rendite patrimoniali, le quote annuali dei contributi dei soci, nonché i proventi comunque derivanti all’A.C. dall’esercizio delle sue varie attività, costituiscono le entrate disponibili per provvedere al conseguimento dei fini dell’A.C. in base ai predisposti budget annuali”. Tutte le entrate degli automobile clubs, quindi, sono destinate al conseguimento dei loro fini istituzionali, acquisendo in tal modo natura pubblica, senza che sia giuridicamente rilevante, ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa e contabile connessa alla loro gestione e, rispettivamente, al loro maneggio, distinguerle in ragione del titolo e della provenienza. Del resto, più in generale, il principio per cui il danno erariale consegue alla distrazione di qualunque entrata dell’ente pubblico, quale che sia la relativa causale, è stato affermato da queste Sezioni Unite, da ultimo, con la sentenza n. 17118/2019, che, in riferimento alle controversie relative alla responsabilità per l’illegittima gestione del patrimonio di alcuni ordini professionali, ha chiarito che la giurisdizione della Corte dei conti va affermata “in considerazione della natura pubblica di tali enti e della conseguente destinazione a finalità pubbliche delle risorse economiche che, indipendentemente dalla loro provenienza, entrano a far parte del loro patrimoni” (nello stesso senso, si veda anche SSUU 17748/2016).

17. Con il quarto motivo il ricorrente insiste sulla natura giuridica privata dell’A.C. Foggia e dell’ACI “per il profilo quantomeno sportivo”, richiamando in particolare il Reg. UE n. 549/2013, nell’interpretazione applicativa fornitane dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 11 settembre 2019 in cause riunite C-612/17 (Federazione Italiana Golf c. Istat) e C-613/2017 (Federazione Italiana Sport Equestri c. Istat). Nel mezzo di impugnazione si fa leva sul mancato inserimento dell’ACI nell’elenco SEC redatto dall’ISTAT. La circostanza che l’ACI non sia inserito in detto elenco costituirebbe riprova, secondo il ricorrente, della sua natura di ente privato non controllato dall’amministrazione pubblica e capace di determinare autonomamente la propria politica ed il proprio programma; donde l’insussistenza della giurisdizione contabile sulle questioni connesse alle entrate private degli automobile clubs territoriali.

18. Il motivo va disatteso. Come chiarito da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 12496 del 2017, l’Istat redige annualmente un elenco delle unità istituzionali che debbono essere qualificate come pubbliche ai sensi degli specifici regolamenti dell’Unione Europea e che, in conseguenza di detta qualificazione – quali centri elementari di decisione economica concorrono, insieme con le amministrazioni pubbliche in senso stretto, all’individuazione del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni e alla definizione dei saldi di finanza pubblica, in relazione ai flussi di trasferimento di risorse finanziarie dal bilancio di soggetti pubblici in senso stretto a quello di soggetti anche di diritto privato. I criteri che l’Istat deve seguire nella formazione di detto elenco discendono da principi consolidati nel diritto dell’Unione Europea e da specifici Regolamenti dell’Unione Europea, quali, in successione temporale, quelli nn. 2223/96 e 549/13, relativi al Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione Europea, c.d. SEC ‘95 e 2010. Si tratta, dunque, di criteri di natura statistico-economica dettati dalla necessità di armonizzare i sistemi della finanza pubblica a livello Europeo ai fini della verifica da parte della Commissione degli eventuali deficit eccessivi. Essi poggiano su fattori economico-fattuali per loro natura mutevoli nel tempo, tanto che l’Istituto di statistica è tenuto ad aggiornare annualmente il proprio elenco (cfr. il “considerando” n. 1 del regolamento UE n. 549/2013). Tali criteri, dunque, prescindono dalla titolarità di una personalità giuridica di diritto pubblico o privato, secondo l’ordinamento interno degli Stati membri, e non hanno alcuna attinenza con la definizione del perimetro della giurisdizione della Corte dei conti sulle controversie in materia di responsabilità per i danni arrecati all’ente dai relativi amministratori, dipendenti ed agenti contabili, essendo essi funzionali a logiche e ad esigenze diverse da quelle su cui si fonda la responsabilità amministrativo e contabile soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.

19. In sintesi, dopo la L. n. 70 del 1975 – che soppresse gli enti pubblici diversi da quelli espressamente eccettuati (art. 2) e stabilì che nessun nuovo ente pubblico potesse essere istituito o riconosciuto se non per legge (art. 4) – la base legale del riconoscimento della natura di enti pubblici dell’ACI e degli automobile clubs provinciali risiede, come sopra chiarito nel paragrafo 13, nel loro inserimento nella tabella allegata alla stessa L. n. 70 del 1975. Alla stregua di tale premessa, va evidentemente escluso che l’indicazione legislativa della natura pubblica di un ente – che costituisce, come queste Sezioni Unite hanno recentemente chiarito, “certo indice di riferimento” della natura pubblica dello stesso, valendo tale previsione “come “espressione riassuntiva” della normativa pubblica cui il legislatore vuole sottoporre l’ente” (così SSUU n. 10244/2021, p. 7) – possa reputarsi recessiva rispetto alla inclusione o non inclusione dello stesso ente nell’elenco delle unità istituzionali qualificabili come pubbliche che l’Istat redige annualmente nell’ambito, ed ai fini, del Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione Europea. Donde l’infondatezza della doglianza.

20. Con il quinto motivo il sig. T. sviluppa – per l’ipotesi subordinata del riconoscimento di “una qualche natura pubblicistica dell’A.C. Foggia” (pag. 35 del ricorso) – due distinte doglianze. Con la prima censura il ricorrente contesta di aver causato un danno erariale di natura patrimoniale all’A.C. Foggia, argomentando, per un verso, che in tale ente egli rivestiva solo la carica di vertice dell’assetto funzionariale (direttore generale), mentre i poteri decisionali competevano al presidente ed all’organo collegiale di vertice; per altro verso, che, quando egli lasciò l’A.C. Foggia, quest’ultimo vantava nei confronti della società Gestore crediti il cui mancato recupero sarebbe addebitabile non a lui ma ai suoi successori. Con la seconda censura, poi, il ricorrente contesta che la società Gestore potesse considerarsi una società controllata da A.C. Foggia secondo lo schema delle società in house, difettando sia il presupposto della natura pubblica dell’A.C. provinciale, sia il presupposto della prevalenza dell’attività svolta in favore dell’A.C. Foggia nell’ambito complessivo delle attività svolte dalla società Gestore.

21. Con il sesto motivo il sig. T. deduce l’assenza di un danno erariale di natura patrimoniale anche nell’ipotesi, ulteriormente subordinata, che la società Gestore venga riconosciuta come società in house. Pure in tal caso, si argomenta nel mezzo di ricorso, non sussisterebbe la giurisdizione del giudice contabile, giacché, mancando l’alterità soggettiva tra socio pubblico e società in house, le somme riscosse dal Gestore risulterebbero nell’immediata disponibilità dell’A.C. Foggia.

22. Il quinto ed il sesto motivo possono essere trattati congiuntamente, per l’evidente inammissibilità che li accomuna.

23. Le due censure prospettate nel quinto motivo e quella prospettata nel sesto motivo attengono, tutte, al merito del giudizio sulla sussistenza della responsabilità contestata dal Pubblico Ministero contabile al sig. T.. Esse, quindi, non possono essere dedotte dinanzi a questa Suprema Corte regolatrice con il ricorso ex art. 362 c.p.c., che è ammesso solo per motivi inerenti alla giurisdizione. Va qui ricordato, al riguardo, che ad incardinare la giurisdizione della Corte dei conti è necessaria e sufficiente l’allegazione di una fattispecie oggettivamente riconducibile allo schema del rapporto d’impiego o di servizio del suo preteso autore, mentre afferisce al merito ogni problema relativo alla sua effettiva esistenza (così SSUU n. 25042/2016).

24. Per quanto poi specificamente riguarda la seconda censura proposta nel quinto motivo e la censura proposta nel sesto motivo, può ulteriormente aggiungersi che la questione se la società Gestore sia o non sia una società in house – oltre ad essere nuova, non risultando trattata nella sentenza impugnata – è del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento della giurisdizione della Corte dei conti sugli addebiti contestati al sig. T.. Il danno imputato all’odierno ricorrente, infatti, è quello subito dall’A.C. Foggia – e non quello subito dalla società Gestore – e di tale danno l’odierno ricorrente è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte dei conti sia, a titolo di responsabilità amministrativa patrimoniale, quale direttore generale del Club, sia, a titolo di responsabilità contabile, quale agente contabile dello stesso Club, in quanto amministratore della società incaricata della riscossione delle entrate del medesimo.

25. Il ricorso è rigettato.

26. Le spese seguono la soccombenza nei confronti dell’A.C. Foggia, mentre non vanno regolate nei confronti del Procuratore Generale della Corte dei conti, che è parte solo in senso formale.

27. Ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al contro ricorrente A.C. Foggia le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000, oltre Euro 200 per esborsi ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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