Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17789 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 26/02/2019, dep. 03/07/2019), n.17789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11522/2016 proposto da:

A.M.M.K. elettivamente domiciliato in Roma Via

Federico Cesi 72 presso lo studio dell’Avv.to Andrea Sciarrillo

rappresentato e difeso dall’Avv.to Pietro Sgarbi del foro di Ancona

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n.370/2016 emessa dalla Corte di Appello di

Ancona, in data 22/3/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/2/2019 dal Consigliere Dr. MARINA MELONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Ancona con sentenza in data 22/3/2016 ha confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale di Ancona in data 16/3/2015 che a sua volta rigettava le istanze avanzate da A.M.M.K. nato in (OMISSIS) volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento del diritto dello status di rifugiato, alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese in quanto aveva concesso in locazione un appartamento a persone munite di armi ed esplosivi che avevano ucciso suo padre e suo zio dopo essere stati scoperti. Successivamente, per paura di essere ucciso a sua volta, era fuggito per recarsi a (OMISSIS) e successivamente, persi i contatti con la propria famiglia/aveva deciso di espatriare/temendo per la sua incolumità e la sua vita.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e memoria.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra 28/7/1951 ed D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. E, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte ha ritenuto che il racconto del ricorrente fosse scarsamente credibile e fantasioso e non sussistenti i requisiti per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito l’analisi della situazione personale del ricorrente ritenendolo non credibile senza alcun valido motivo nonostante il circostanziato racconto reso, venendo meno al dovere di cooperazione istruttoria.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,lett. B) e C) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito l’esistenza di un pericolo di danno grave alla persona che giustificava il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 25 del 2008, art. 8,comma 3 ed D.Lgs n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito mediante ricerche specifiche sui siti accreditati la situazione attuale ed aggiornata del paese e l’esistenza del pericolo di danno grave alla persona che giustificava il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 25 del 2008, art. 32,comma 3, ed D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva ravvisato i presupposti per la concessione della protezione umanitaria.

In ordine alla censura relativa alla mancata concessione dello status di rifugiato, occorre premettere che il requisito della forma maggiore di protezione, costituita dallo status di rifugiato, si caratterizza per la circostanza che il richiedente non può o non vuole fare ritorno nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per il fondato timore di una persecuzione personale e diretta, per l’appartenenza ad un’etnia, associazione, credo politico o religioso, ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vita; sicchè la situazione socio-politica o normativa del paese di provenienza in tanto è rilevante, ai fini del riconoscimento dello status, in quanto si correla alla specifica posizione del richiedente, il quale sia personalmente esposto al rischio di specifiche misure sanzionatorie a carico della sua integrità psico-fisica (cfr. Cass. n. 10177 del 2011, e sulla personalizzazione del rischio, Cass. n. 14157 del 2016, e n. 6503 del 2014, che ne pone in evidenza il maggior grado rispetto alla protezione sussidiaria). La Corte territoriale ha correttamente escluso che i fatti narrati dal ricorrente siano sussumibili nella categoria degli atti di persecuzione contemplati dalla norma.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto in relazione al quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi.

Infatti la stessa sentenza impugnata dopo aver riportato le dichiarazioni del ricorrente ed in particolare dopo aver ritenuto poco credibile, incoerente e priva di riscontro la versione dei fatti proprio alla luce delle dichiarazioni rese, afferma che il giudice è comunque tenuto ad un dovere di cooperazione mediante esercizio dei poteri-doveri officiosi di indagine ed acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente asilo” (pag. 9 della sentenza impugnata).

Giova ricordare poi, in ordine poi al dovere del giudice di attivare poteri officiosi di indagine e di cooperazione istruttoria officiosa, che incombe sul giudice, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, l’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine e questa Corte, in recenti decisioni sull’argomento, ha avuto modo di precisare che le indagini sulla situazione generale esistente nel Paese del richiedente asilo devono essere specifiche ed accurate con indicazione dei siti online o delle altre fonti maggiormente accreditate che vengono consultati sul punto. Infatti: “Nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate.

Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte”.

(Cassazione 1 sezione n. 11101/2019).

Nel caso in esame la Corte di Appello di Ancona ha omesso completamente di indicare le fonti dalle quali ha tratto le informazioni sulla situazione attuale ed aggiornata della zona di provenienza del richiedente asilo e non ha dato conto di alcuna istruttoria compiuta in ordine all’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato nella zona di provenienza del ricorrente, cioè il Pakistan nella zona di (OMISSIS) affermando solo genericamente a pag. 14: “dovendosi escludere che la zona di provenienza del ricorrente fosse interessata da situazioni di conflitto o violenza generalizzata”.

Il ricorso deve pertanto essere accolto in relazione al quarto motivo inerente la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, assorbiti gli altri motivi, cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviato alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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