Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17788 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. I, 03/07/2019, (ud. 05/12/2018, dep. 03/07/2019), n.17788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19742/2014 proposto da:

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore

Dott. G.M., elettivamente domiciliata in Roma,

Circonvallazione Clodia n. 80, presso lo studio dell’avvocato

Bastoni Enrica, rappresentata e difesa dall’avvocato Mattafirri

Barbara, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.L., F.L., domiciliati in Roma, Piazza Cavour

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Gasperini Andrea, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 242/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2018 dal Cons. Dr. DI MARZIO MAURO;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dr. CARDINO ALBERTO, che ha chiesto il rigetto

del ricorso principale e di quello incidentale con conseguente

conferma dell’impugnata sentenza. Spese del giudizio di legittimità

compensate.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – L’antefatto da cui ha tratto origine la controversia oggi in esame, come desumibile dal ricorso e del controricorso, è dato dalla stipulazione, in data 13 settembre 2001, di un contratto con cui Pagiva di P.T. & C. S.n.c. ha concesso in locazione a (OMISSIS) S.r.l. un locale da destinare a sala bingo verso il canone mensile di Lire 6.800.000, con previsione, però, della iniziale corresponsione della minor somma di Lire 5.000.000 mensili fino alla concorrenza del rimborso alla conduttrice dell’importo di Lire 150.000.000 da destinarsi all’effettuazione di migliorie nell’immobile.

Fallita (OMISSIS) S.r.l., il curatore ha alienato l’azienda a T.M. e F.L. in forza di contratto che obbligava gli acquirenti al rilascio dell’immobile entro il 28 febbraio 2004, rilascio invece effettuato il 2 agosto 2004.

2. – In tale frangente il curatore ha convenuto in giudizio T.M. e F.L. dinanzi al Tribunale di Livorno e ne ha chiesto condanna al pagamento dell’importo di Euro 25.285,75, pari all’importo per il quale Pagiva di P.T. & C. S.n.c. aveva ottenuto l’ammissione al passivo fallimentare in prededuzione a titolo di corrispettivo del contratto di locazione nell’arco temporale intercorso tra la data in cui T. e F. avrebbero dovuto effettuare il rilascio e quella in cui il rilascio era stato effettivamente compiuto.

I convenuti hanno contestato l’an e il quantum dell’avversa pretesa, osservando, per un verso, che la curatela aveva concluso con Pagiva di P.T. & C. S.n.c. una transazione sconveniente e pregiudizievole dei loro interessi, avendo compensato il debito maturato per il mancato pagamento dei canoni di locazione fino al 28 febbraio 2004 con il credito di gran lunga maggiore derivante dalle migliorie effettuate nell’immobile, ed altresì che il pregiudizio lamentato era insussistente, nulla il fallimento avendo pagato alla società l’attrice, e, per altro verso, che la somma eventualmente dovuta era inferiore a quella richiesta.

3. – Accolta la domanda dal Tribunale adito, gli originari convenuti hanno spiegato appello che la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza qui impugnata del 5 febbraio 2014, nel contraddittorio delle parti, ha parzialmente accolto, riducendo la somma dovuta al fallimento al minor importo di Euro 17.559,50.

Ha ritenuto la Corte territoriale:

-) che la protrazione dell’occupazione dell’immobile da parte di T. e F. aveva comunque determinato una diminuzione patrimoniale al Fallimento, sia che pagasse alla locatrice i canoni maturati dopo il 28 febbraio 2004 per l’occupazione dell’immobile in moneta corrente, sia che li pagasse tramite la compensazione di un proprio maggior credito “il cui più o meno diligente recupero non deve interessare agli appellanti, terzi debitori della curatela stessa”;

-) che il credito fatto valere da Pagiva di P.T. & C. S.n.c. era collocato in prededuzione e non era dunque sottoposto alla falcidia fallimentare;

-) che la somma liquidata dal Tribunale era derivata dalla duplicazione dell’Iva dovuta, non potendo essere d’altronde opposta a T. e F., terzi rispetto ad essa, la sentenza dello stesso Tribunale di Livorno che aveva liquidato l’importo nella somma di Euro 25.285,75.

4. – Per la cassazione della sentenza il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso per un motivo ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. tardiva (depositata il 27 novembre 2018), della quale non si terrà pertanto conto.

T.L., succeduto al deceduto M., e F.L. hanno resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale per due mezzi illustrati da memoria.

Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto dell’uno e dell’altro ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare che il pregiudizio subito dalla procedura andava rapportato all’importo che essa avrebbe dovuto corrispondere a Pagiva di P.T. & C. S.n.c. a seguito dell’ammissione in prededuzione della somma già menzionata, tanto più che essa non poteva portare l’Iva in detrazione avendo chiuso la relativa posizione fin dal 30 settembre 2011, come da documentazione prodotta in questa sede.

2. – Il ricorso incidentale contiene due motivi.

2.1. – Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, nonchè mala gestio della curatela, per avere il giudice di merito ritenuto indifferente, ai fini della quantificazione del danno da inadempimento cagionato da T.M. e F.L., la circostanza che il Fallimento avesse stipulato con Pagiva di P.T. & C. S.n.c. una transazione condizioni palesemente sfavorevoli, giacchè, a fronte della rinuncia da parte di tale società ad un credito per canoni non pagati di L. 45 milioni, aveva rinunciato ad un proprio credito di oltre L.94 milioni.

2.2. – Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto provato il danno sulla base dell’ammissione in prededuzione del credito di Pagiva di P.T. & C. S.n.c., senza considerare che detta ammissione non concretizzava affatto una effettiva perdita patrimoniale del Fallimento giacchè essa rendeva più probabile la soddisfazione del credito, ma non sicura.

3. – Va per ragioni di priorità logica anzitutto esaminato il primo motivo di ricorso incidentale, che è fondato, costituendo l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui il “più o meno diligente recupero non deve interessare agli appellanti, terzi debitori della curatela stessa”, violazione del precetto posto dall’art. 1227 c.c., comma 2.

E’ difatti cosa nota che, in applicazione di tale disposizione, il danneggiato è tenuto non solo ad astenersi dall’aggravare il danno, ma anche ad attivarsi al fine di rimuovere le conseguenze patrimoniali negative dell’illecito, sia pur nei limiti dell’ordinaria diligenza, ossia sempre che ciò non comporti attività gravose o straordinarie tali da generare notevoli rischi o sacrifici (v. da ult. Cass. 30 luglio 2018, n. 20146), di guisa che la Corte d’appello, lungi dal liquidare la tesi difensiva svolta da T. e F. con l’affermazione di cui si è detto, avrebbe dovuto doverosamente verificare se, in sede di transazione con Pagiva di P.T. & C. S.n.c., il Fallimento potesse in qualche misura salvaguardare, senza particolare impegno e sacrificio, la posizione degli acquirenti dell’azienda.

4. – Il ricorso principale è in parte infondato in parte inammissibile.

Del tutto correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che il danno cagionato dal ritardato rilascio da parte di T. e F. dovesse essere considerato nella sua oggettività e non potesse essere così e semplicemente parametrato alla valutazione fattane in altra sede giurisdizionale, nell’ambito di una controversia alla quale i medesimi non avevano partecipato e conseguentemente conclusasi con una decisione priva di autorità nei loro confronti.

Sicchè la pronuncia della Corte fiorentina, lungi dal presentarsi sul punto quale violazione della regola generale posta dall’art. 1223 c.c., ne costituisce invece applicazione, dovendo il danno essere rapportato all’effettiva perdita subita dal creditore, in quanto essa sia legata all’inadempimento sul piano della causalità, essendone conseguenza immediata e diretta.

Al riguardo la censura è dunque infondata.

Il motivo invece è inammissibile laddove si basa su un fatto, la chiusura della partita Iva fin dal 30 settembre 2011, non dedotto nella fase di merito ed anzi dimostrato con la produzione, evidentemente inammissibile ai sensi dell’art. 372 c.p.c., in quanto attinente al merito della controversia, della relativa documentazione.

5. – Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.

La violazione dell’art. 2697 c.c. non è difatti richiamata a proposito.

La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura infatti soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poichè in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949).

Nel caso in esame, per l’appunto, la Corte d’appello non ha affatto operato il menzionato ribaltamento dell’onere probatorio, ma ha soltanto ritenuto che il pregiudizio lamentato dal Fallimento potesse dirsi comprovato dall’essere stato ammesso il credito di Pagiva di P.T. & C. S.n.c. in prededuzione, pertanto non sottoposto alla falcidia fallimentare, dovendosi pertanto ritenere – questa la valutazione incensurabilmente compiuta dal giudice di merito – che esso fosse certamente destinato ad essere soddisfatto.

6. – Rigettato il ricorso principale, e dichiarato inammissibile il secondo motivo dell’incidentale, la sentenza è cassata in relazione al primo motivo dell’incidentale accolto e rinviata alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà alla liquidazione anche delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il secondo motivo dell’incidentale, accoglie il primo motivo di quest’ultimo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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