Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17787 del 30/07/2010
Cassazione civile sez. II, 30/07/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 30/07/2010), n.17787
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.R. PRESIDENT s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale Flaminio n. 9,
presso lo studio dell’Avvocato FOTI Carlo Sebastiano, rappresentata e
difesa dall’Avvocato Circeo Alessandro, per procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
STIGE – SOCIETA’ TORINESE INDUSTRIE GRAFICHE EDITORIALI s.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, via Ezio n. 12, presso lo studio dell’Avvocato
D’Amico Licia, dalla quale e’ rappresentata e difesa, unitamente
all’Avvocato Caronna Alberto, per procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 234/08,
depositata in data 7 febbraio 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27 aprile 2010 dal Consigliere relatore Dott. PETITTI Stefano.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che GR PRESIDENT s.r.l. ha impugnato per cassazione la sentenza n. 234/2008, depositata il 7 febbraio 2008, con la quale la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della medesima citta’ – che, affermato l’inadempimento della convenuta STIGE s.p.a., aveva dichiarato non dovuto il corrispettivo dalla stessa preteso, condannandola al pagamento della penale contrattualmente stabilita, riducendola tuttavia a 100.000 franchi svizzeri – ha ridotto a 70.000 franchi svizzeri la suddetta penale contrattuale;
che, con la medesima sentenza, la Corte d’appello, dato atto che il giudizio era stato inizialmente introdotto da GR PRESIDENT s.r.l. nei confronti di STIGE s.p.a. e della LEGATORIA GMD s.n.c. e che, dichiarata l’interruzione del processo nel corso del giudizio di appello a seguito del fallimento della Legatoria GMD, l’appellante STIGE aveva riassunto la causa nei confronti della sola GR PRESIDENT s.r.l., rinunciando alla domanda formulata nei confronti della societa’ poi fallita, dichiarava l’estinzione del giudizio nei confronti di quest’ultima, rilevando che, nel caso di specie, non si versava in ipotesi di litisconsorzio ne’ sostanziale ne’ processuale;
che la GR PRESIDENT s.r.l. propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 c.c. omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione sul seguente fatto controverso e decisivo della controversia: interesse del creditore all’adempimento, costituito dalla mancata percezione dell’indennita’ di intermediazione (pag. 12 sentenza)”;
che, ad avviso della ricorrente, la Corte d’appello, da un lato, non avrebbe motivato con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento della prestazione contrattuale pattuita, riferito al momento della conclusione del contratto, e, dall’altro, avrebbe ridotto la penale facendo esclusivo riferimento ad un’affermazione introdotta dalla STIGE nell’atto di appello, che aveva ricondotto l’interesse del creditore alla mancata percezione della indennita’ di intermediazione;
che, osserva la ricorrente, quest’ultima affermazione risulterebbe del tutto sfornita di prova e nella sentenza di primo grado sarebbero invece stati evidenziati elementi contrari all’assunto della controparte;
che la controricorrente ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, del quale ha dedotto altresi’ la infondatezza;
che, avviatasi la procedura ex art. 380 bis cod. proc. civ., il consigliere delegato ha depositato la relazione che e’ stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il relatore designato, nella relazione depositata in data 25 febbraio 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:
“Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, essendo il ricorso manifestamente inammissibile.
La ricorrente ha dedotto in unico contesto violazione di legge e vizio di motivazione. Per quanto attiene al primo profilo, la censura appare inammissibile perche’ il motivo non si conclude con la formulazione di un apposito quesito di diritto.
Per quanto attiene al denunciato vizio di motivazione, la censura appare del pari inammissibile per diverse concorrenti ragioni. In primo luogo, in quanto sul fatto controverso come indicato dalla ricorrente, vi e’ una specifica motivazione nella sentenza impugnata, e rispetto ad essa nel motivo non vengono evidenziati specificamente i vizi logici o le omissioni che ad essa vengono imputati. In secondo luogo, con riferimento al fatto specificamente indicato, non puo’ ritenersi ritualmente proposta una censura di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, trattandosi di profili diversi e tra loro logicamente non compatibili: non e’ infatti consentito al ricorrente censurare con un unico motivo (e quindi con un unico quesito) sia la mancanza, sia l’insufficienza, sia la contraddittorieta’ della motivazione (Cass., n. 5471 del 2008).
Infine, difetta la riproduzione nel ricorso dei documenti dai quali dovrebbe desumersi l’indicato vizio di motivazione;
che entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimita’ dell’udienza;
che le considerazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria non possono essere condivise dal Collegio;
che, in particolare, rilevato che la ricorrente nulla ha osservato con riferimento alla mancanza del quesito di diritto relativamente alla denunciata violazione di legge ed ha quindi concentrato i propri rilievi critici sulle osservazioni concernenti la modalita’ di formulazione del denunciato vizio di motivazione, il Collegio osserva che la sentenza impugnata ha adeguatamente argomentato le ragioni in base alle quali ha ritenuto di ridurre la penale, rendendo in tal modo evidente il criterio logico seguito, coerente con i principi enunciati da questa Corte in tema di poteri del giudice in ordine alla riduzione della penale ex art. 1384 cod. civ. (v. Cass., n. 10626 del 2007; Cass., n. 7528 del 2008);
che, inoltre, deve rilevarsi che questa Corte ha ribadito il proprio orientamento nel senso della inammissibilita’ del motivo di ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, cio’ costituendo una negazione della regola di chiarezza posta dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (nel senso che ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione) giacche’ si affida alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione” (Cass., n. 9470 del 2008; Cass., n. 20355 del 2008);
che le critiche svolte dalla ricorrente non paiono cogliere nel segno neanche nella parte in cui evidenziano come la censura rivolta alla sentenza impugnata si appunterebbe sulla insufficienza della motivazione, giacche’, come evidenziato nella relazione del consigliere delegato, la Corte d’appello ha indicato gli elementi in base ai quali ha ritenuto che la penale pattuita, gia’ ridotta dal Tribunale, fosse tuttavia ancora eccessiva, e la ricorrente ne ha prospettato la insufficienza facendo riferimento a quanto affermato dal Tribunale e a quanto risultante da documenti dei quali non e’ stato riprodotto il contenuto, in violazione del principio di autosufficienza (profilo, questo, sul quale nella memoria di parte ricorrente non si rinvengono rilievi critici);
che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2010