Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17780 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 03/07/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 03/07/2019), n.17780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22584-2014 proposto da:

E.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI SS.

PIETRO E PAOLO 24, presso lo studio dell’avvocato PASCAL CORRADO,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUSL AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA (OMISSIS) ora AZIENDA

UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA (OMISSIS) P.I. (OMISSIS), in persona

del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA CARNERA PRIMO 1 c/o ASL RM (OMISSIS), presso lo studio

dell’avvocato BARBARA BENTIVOGLIO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GABRIELLA MAZZOLI, MARIA CRISTINA TANDOI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5387/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/09/2013 R.G.N. 6572/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/04/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CORRADO PASCAL;

udito l’Avvocato GABRIELLA MAZZOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 16 settembre 2013, ha respinto l’appello proposto da E.S., nei confronti dell’AUSL Roma (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda per il rimborso delle spese sostenute all’estero, presso la Casa di Cura “(OMISSIS)” di (OMISSIS), per curare la bulimia accompagnata da disturbi psicopatologici da cui era affetta.

2. Per la Corte di merito non era stato assolto l’onere di dimostrare che quello prescelto all’estero fosse effettivamente un centro di altissima specializzazione ed era stata anzi raggiunta la prova contraria, ossia che la predetta struttura costituiva lo strumento di commissione di gravi reati; quanto al danno patrimoniale, il nesso causale fra il comportamento illecito dell’azienda sanitaria che aveva omesso ogni informazione in ordine ai centri di cura italiani della patologia da cui era affetta era stato interrotto dalla scelta volontaria di recarsi nella casa di cura elvetica non qualificabile come di altissima specializzazione; quanto al danno non patrimoniale, non vi era alcuna deduzione e prova del danno verificatosi nella sfera giuridica della E..

3. Avverso tale sentenza ricorre E.S., con ricorso affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, la AUSL Roma (OMISSIS).

4. In prossimità dell’udienza si è costituito il nuovo difensore per la ricorrente; si è costituita, inoltre, l’AUSL Roma (OMISSIS) successore della estinta AUSL Roma (OMISSIS).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con i motivi di ricorso la ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 7, della L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, del D.M. 3 novembre 1989, e degli artt. 3 e 27 Cost., art. 2697 c.c., artt. 442,420, 421,115 c.p.c..

6. In sintesi, la ricorrente assume che la dimostrazione della sussistenza o meno del carattere di altissima specializzazione della Casa di Cura elvetica spettasse esclusivamente all’azienda sanitaria, limitatasi, invece, a fornire una mera presunzione di non sussistenza della predetta connotazione, e di avere assolto tutti gli oneri richiesti dal decreto ministeriale per il rimborso delle spese mediche.

7. La ricorrente rimarca l’estraneità delle vicende giudiziarie del titolare della Casa di cura in merito alla dimostrazione della qualificazione di clinica di alta specializzazione e rileva che l’obbligo informativo dell’azienda sanitaria, se assolto correttamente con indicazione dei centri presenti in Italia per la cura della patologia della quale era affetta, non avrebbe ingenerato il danno corrispondente al valore economico del rimborso per le spese sanitarie sostenute e documentate.

8. Il ricorso è da rigettare.

9. Il vizio contemplato dall’art. 360 c.p.c., nuovo testo n. 5 rende censurabile in cassazione il solo omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia: v. Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014).

10. Il fatto storico, allegato ed incluso nel thema decidendum o nel thema probandum, non va pertanto confuso con i singoli aspetti della complessiva ricostruzione fattuale, idonei a inclinare in un senso piuttosto che in un altro la valutazione del medesimo fatto controverso, ma ritenuti dal giudice recessivi rispetto ad altre emergenze.

11. In tal caso non si configura un omesso esame del tema storico, ma solo un apprezzamento di merito non conforme alle aspettative della parte ricorrente, apprezzamento che, del resto, era insindacabile anche a tenore del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

12. Risulta, pertanto, fermo e non scalfito l’accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata, giacchè gli elementi probanti evocati dalla ricorrente a giustificazione del diritto vantato sono stati valutati dalla Corte di merito e non già omessi.

13. Peraltro il rilievo di precedenti autorizzazioni dell’azienda sanitaria in riferimento alla Casa di cura elvetica non assume carattere decisivo posto che nella motivazione della sentenza impugnata non vi è alcun riferimento in proposito e, se mai, la predetta circostanza avrebbe potuto fondare una domanda risarcitoria non svolta nella specie.

14. Anche la censura per violazione di legge si risolve in una critica alla ricostruzione fattuale che esula, come tale, dal paradigma della violazione di legge che consiste, invero, nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa.

15. L’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è invece esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).

16. Nella specie è evidente che la ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione dell’asserita carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque, in realtà, non denuncia un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ossia un problema interpretativo riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) bensì un vizio-motivo da valutare alla stregua del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che, come già detto, nella versione ratione temporis applicabile – è circoscritto all’omesso esame di un fatto storico decisivo, riducendo al minimo costituzionale il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014 cit.).

17. Infine, quanto alla domanda di risarcimento del danno, asseritamente patito per omessa informazione, da parte dell’azienda sanitaria, dei centri di specializzazione in Italia per la cura della patologia da cui la ricorrente era affetta, non risulta in alcun modo allegato il fatto ingiusto a fondamento della tutela risarcitoria pretesa a fronte della libera scelta di recarsi all’estero presso un Centro di cura non qualificabile come centro di altissima specializzazione e costituente, anzi, vera e propria struttura organizzata dal titolare per la commissione e protrazione di gravi reati per i quali era stato accusato dall’autorità giudiziaria elvetica, come statuito in motivazione dalla Corte di merito che, peraltro, ha rimarcato che neanche era stata contestata l’affermazione dell’azienda sanitaria in ordine alla chiusura della Casa di cura elvetica per i gravi capi di imputazione a carico del proprietario.

18. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

19. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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