Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1778 del 27/01/2021

Cassazione civile sez. II, 27/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 27/01/2021), n.1778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22098-2019 proposto da:

A.P., rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA MORETTI, e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE MILANO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 58/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 14.12.2017 il Tribunale di Milano rigettava il ricorso avverso il provvedimento del 10.11.2016, con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano aveva respinto la domanda di A.P. volta al riconoscimento della detta protezione.

Interponeva appello l’ A. e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza oggi impugnata, n. 58/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione A.P. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 ed 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe deciso la causa senza acquisire informazioni aggiornate sul Paese di provenienza del richiedente la protezione internazionale, con particolare riferimento al trattamento dell’omosessualità previsto in quell’ordinamento.

La censura è fondata.

Dalla sentenza impugnata risulta che il ricorrente aveva dedotto, a sostegno della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale, “… il timore… di essere sottoposto ad una pena detentiva eccessiva e sproporzionata a causa del suo orientamento sessuale…” (cfr. pag. 5, punto 12, della decisione di secondo grado). La Corte di Appello esamina la situazione esistente in (OMISSIS), Paese di origine dell’ A., da un punto di vista generale, dando atto che “… dall’esame delle fonti internazionali emerge che la situazione di pericolo, dovuta agli scontri con i gruppi terroristici, appare localizzata nel Nord del Paese e non estesa anche alla zona del sud della (OMISSIS), località di provenienza del sig. A. ((OMISSIS), in particolare)” (cfr. pag. 7, punto 22, della sentenza impugnata). In tal modo la Corte lombarda non esamina lo specifico profilo di pericolo, rilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione internazionale D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b), nonostante la decisiva circostanza – dedotta dal richiedente e comunque facilmente verificabile a cura del giudice di merito – che l’omosessualità sia considerata reato dall’ordinamento giuridico (OMISSIS).

L’orientamento sessuale del richiedente viene invece considerato dal giudice di merito soltanto in senso negativo, poichè la Corte territoriale ritiene non allegata, e comunque non dimostrata “… la sussistenza di elementi oggettivi, concreti e attuali, idonei a far ritenere fondato il pericolo che nel paese di provenienza potrebbe subire persecuzioni per motivi legati al suo orientamento sessuale, essendosi limitato a riferire il timore del fatto che la polizia (OMISSIS) lo starebbe cercando” (cfr. pag. 6, punto 16, della sentenza impugnata). Il giudice ambrosiano non si è avveduto del fatto che l’ A. aveva riferito di essere ricercato dalla polizia proprio a causa del suo orientamento sessuale: pertanto, avrebbe dovuto – al contrario di quanto è accaduto – ravvisare, nel caso specifico, il rischio di persecuzione o trattamento discriminatorio, inumano e degradante, legato all’inclinazione sessuale del richiedente.

In proposito, occorre innanzitutto considerare che l’orientamento sessuale dell’individuo rientra a pieno titolo nell’ambito del nucleo essenziale e ineludibile dei diritti fondamentali dell’individuo, che nel nostro ordinamento riceve riconoscimento in forza della previsione di cui all’art. 2 Cost., secondo cui “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…”.

La circostanza che nel Paese di provenienza del richiedente la protezione internazionale sia previsto il reato di omosessualità rende di per sè il predetto soggetto vulnerabile in ragione del suo orientamento sessuale, che non è frutto di scelta consapevole ma di inclinazione naturale. Proprio l’esistenza di una legislazione contraria alla libera e piena esplicazione dei diritti fondamentali della persona nel Paese di origine – tra i quali rientra certamente quello di coltivare di una relazione affettiva, etero od omosessuale, che (come detto) costituisce elemento essenziale e ineludibile della piena estrinsecazione della personalità umana- espone infatti il richiedente la protezione non soltanto al rischio, ma alla certezza di subire, a causa del suo orientamento sessuale, un trattamento umanamente degradante, in ogni caso non paritetico e comunque non in linea con gli standard internazionali in tema di diritti umani.

Sul punto, questa Corte ha affermato, con principio che il Collegio condivide ed al quale intende dare continuità, che “Ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza per cui l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza (nella specie, (OMISSIS)) è rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione richiesta” (Cass. Sez. 6- 1, Ordinanza n. 15981 del 20/09/2012, Rv. 624006; conf. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 26969 del 24/10/2018, Rv. 651511). In termini analoghi, cfr. anche Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 2875 del 06/02/2018, Rv. 647344, che con specifico riferimento ad un cittadino del (OMISSIS) accusato di omosessualità ha affermato che ove il richiedente adduca il rischio di persecuzione, al fine di ottenere la protezione internazionale, il giudice non deve valutare nel merito la sussistenza o meno del fatto, ossia la fondatezza dell’accusa, ma deve limitarsi ad accertare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 2 e art. 14, lett. c), se tale accusa sia reale, cioè effettivamente rivolta al richiedente nel suo Paese, e dunque suscettibile di rendere attuale il rischio di persecuzione o di danno grave in relazione alle conseguenze possibili secondo l’ordinamento straniero.

Poichè in (OMISSIS) l’omosessualità è prevista come reato, il giudice di merito avrebbe dovuto apprezzare questa circostanza e considerare la rilevanza dell’orientamento sessuale dichiarato dal richiedente ai fini del riconoscimento della protezione invocata. Tale valutazione è invece mancata, avendo la Corte di Appello -operando una totale inversione logica – ritenuto l’irrilevanza dell’orientamento sessuale del migrante, che – invece – era proprio la ragione ultima del trattamento inumano e degradante al quale il medesimo aveva dedotto di essere esposto in caso di rientro in Patria.

Partendo dalle riferite erronee premesse logiche, il giudice del merito ha finito per travisare i termini della questione sottoposta al suo esame, adottando una motivazione del tutto apparente e giungendo ad affermare l’irrilevanza di un fatto (la circostanza che il richiedente avesse dedotto di essere ricercato dalla polizia (OMISSIS)) che invece meritava di essere apprezzato in riferimento all’inclinazione sessuale dell’ A., avendo quest’ultimo dedotto, nel suo racconto personale, proprio di essere ricercato in Patria perchè omosessuale scoperto in atteggiamenti intimi.

L’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento degli altri due, con i quali il ricorrente lamenta, rispettivamente, la mancata concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), (secondo motivo) e umanitaria (terzo motivo).

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alla censura accolta e la causa rinviata alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri due; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2021

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