Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1778 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. I, 27/01/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 27/01/2020), n.1778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21436/2018 proposto da:

E.L.M., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Vittorio Sannoner, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 4419/2018 del TRIBUNALE di BARI, depositato il

26/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/11/2019 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

E.L.M., nato in (OMISSIS), con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 impugnava dinanzi il Tribunale di Bari, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

Egli aveva riferito di essere nato nell'(OMISSIS), ma di essersi trasferito successivamente a Lagos, di essere omossessuale e di essere fuggito dal proprio Paese, nel dicembre del 2014, dopo essere stato scoperto mentre aveva un rapporto sessuale con un uomo, in quanto temeva di essere imprigionato.

Il Tribunale, nel valutare le domande, ha ritenuto inattendibile il racconto del richiedente sia in merito al suo orientamento sessuale, rimarcandone la genericità in ordine alla scoperta di tale inclinazione e la lacunosità anche in ordine alla relazione decennale che avrebbe avuto con un uomo, in merito alla quale l’esposizione risultava priva di riferimenti circostanziati, sia in merito al passaggio in Libia ed ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Il Tribunale, quindi, a seguito della consultazione delle COI aggiornate al 2017 riferite alla zona di residenza del richiedente (Lagos), ha escluso che vi fosse nel sud della (OMISSIS) un conflitto generalizzato tale da comportare un concreto pericolo per la popolazione ed ha denegato anche la protezione sussidiaria D.Lgs. cit., ex art. 14, lett. c).

Infine è stata respinta la richiesta di protezione umanitaria, rilevando che il ricorrente non aveva dedotto, nè tanto meno comprovato una specifica situazione di vulnerabilità soggettiva.

Il richiedente propone ricorso articolato in tre mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in merito alla valutazione del racconto del richiedente circa le ragioni del suo allontanamento dalla (OMISSIS).

Il ricorrente si duole della mancata applicazione, a suo dire, del principio dell’onere probatorio attenuato e della mancata valutazione della credibilità del richiedente secondo i parametri indicati dall’art. 3 cit. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; quindi lamenta che non sarebbero state adeguatamente valorizzate le fonti internazionali concernenti le condizioni socio/politiche della (OMISSIS), dalle quali si evinceva che violenti conflitti di carattere etnico/religioso erano diffusi su tutto il territorio nazionale.

1.2. Anche con il secondo motivo, con cui si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c) in merito al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, il ricorrente sostiene di avere compiuto ogni sforzo atto a circostanziare dichiarazioni coerenti e che la parziale reticenza non era indice di inattendibilità, ma di vergogna e di “scarsa consapevolezza di cosa sia l’omosessualità” dipendente dalla cultura e dal contesto sociale della (OMISSIS) (fol. 7 del ricorso); si duole, quindi, che non siano stati valorizzati i rapporti dell’UNHCR circa la gravità della situazione esistente nella zona di provenienza del ricorrente e le notorie notizie circa la persecuzione che subiscono gli omosessuali.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6.

Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha mancato di esaminare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione umanitaria, perchè si sarebbe limitato ad estendere le motivazioni espresse per le altre forme di protezione, anche a quest’ultima.

2.1. I motivi sono tutti inammissibili.

2.2. Quanto al primo va considerato che il Tribunale, nell’esaminare le dichiarazioni del richiedente in ordine al suo orientamento sessuale, non suffragate da prove, è giunto alla pronuncia di non credibilità non solo dopo averle sottoposte ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma dopo avere proceduto anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. n. 21142 del 07/08/2019), con apprezzamento di fatto censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie la motivazione senz’altro possiede i requisiti del minimo costituzionale ed il ricorrente non ha nemmeno denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo, limitandosi ad affermare, in maniera contraddittoria, di avere “scarsa consapevolezza di cosa sia l’omosessualità”.

Tanto premesso, ne consegue che non può trovare spazio la deroga al principio dispositivo della prova, giacchè “In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.” (Cass. n. 15794 del 12/06/2019; Cass. n. 27503 del 30/10/2018) e tale ipotesi, per le ragioni esposte, non ricorre nel presente caso.

2.3. Quanto al secondo motivo, ed anche al primo laddove introduce la medesima questione dell’utilizzo delle fonti internazionali, va osservato che il Tribunale ha esaminato dette fonti giungendo ad escludere, sulla base di una valutazione di merito di sua esclusiva pertinenza, che nella zona di sua provenienza vi fosse una condizione di violenza indiscriminata, in ossequio ai principi già espressi da questa Corte, secondo i quali lo straniero non può ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione sussidiaria per il solo fatto che vi siano nel suo Paese di origine aree o regioni insicure, qualora la regione o area da cui egli provenga sia immune da rischi di persecuzione o da situazioni di violenza indiscriminata (Cass. n. 13088 del 15/05/2019; Cass. n. 28433 del 07/11/2018; Cass. n. 18540 del 10/07/2019). Sotto altro aspetto il motivo si traduce nell’inammissibile sollecitazione del riesame del merito.

2.4. Anche la terza censura è inammissibile poichè non coglie la complessiva ratio decidendi, basata – contrariamente a quanto assume il ricorrente – non nel mero rinvio alle motivazioni espresse nel denegare le altre richieste, ma sulla considerazione della mancata deduzione di una specifica situazione di vulnerabilità personale, essendo già stato ritenuto non conferente il tema dell’orientamento sessuale – non ritenuto attendibile – e non essendone stati dedotti altri nella fase di merito.

La censura formulata in maniera generica ed astratta va disattesa.

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

In assenza di attività difensiva della parte intimata non si provvede sulle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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