Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17778 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. II, 26/08/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 26/08/2020), n.17778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19939-2016 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI n.

114/B, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RANIERI RODA e

FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il

26/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.G., nella persona del Sostituto Dott. MISTRI CORRADO, che

ha concluso per il rigetto del ricorso principale con assorbimento

del ricorso incidentale condizionato;

udito l’Avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO per la parte ricorrente, il

quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per il

rigetto di quello incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex L. n. 89 del 2001, art. 3 depositato presso la Corte di Appello di Firenze R.A. invocava la liquidazione dell’equo indennizzo previsto per l’irragionevole durata del processo in relazione ad un presupposto giudizio, esso pure intrapreso ai sensi della L. n. 89 del 2001 nel giugno 2010 e svoltosi innanzi la Corte di Appello di Perugia, la Corte di Cassazione ed il Tribunale di Roma in sede esecutiva.

Con decreto n. 232/2015 la Corte di Appello rigettava il ricorso.

Interponeva opposizione ai sensi della L. n. 69 del 2001, art. 5-ter la R. e la Corte fiorentina, con la decisione oggi impugnata, rigettava l’opposizione.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia R.A. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia, spiegando ricorso incidentale articolato in due motivi. In prossimità dell’udienza pubblica la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente applicato i criteri di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 6312/2014, secondo cui nel caso di ricorso per equa riparazione relativo all’irragionevole durata di un presupposto giudizio di equa riparazione (cd. “equa su equa”) il processo di cognizione e quello, successivo, di esecuzione vanno considerati in modo unitario ai fini del calcolo dell’irragionevole durata. Di conseguenza, l’indennizzo sarebbe dovuto per l’intera durata del processo, ivi compreso il tempo corrente tra la sentenza conclusiva del giudizio di merito ed il provvedimento di assegnazione delle somme, conclusivo del successivo giudizio di esecuzione.

La censura è infondata.

Alla luce della ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recente Sentenza n. 19883 del 23/07/2019 (cfr. in particolare i principi affermati sub nn. 1, 2, 3 e 4 di cui alle pagg.36 e 37 della sentenza suddetta) il processo di “equa su equa” va considerato come un unicum composto da cognizione ed esecuzione (concetto, questo, già affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 6312 del 19/03/2014, Rv.630042), la cui massima durata ragionevole è pari a due anni, sei mesi e 5 giorni. Ai fini di tale calcolo vanno considerati solo i tempi effettivamente “del processo” e quindi soltanto quelli in cui si è svolta attività giurisdizionale, e non anche, quindi, il periodo corrente tra la sentenza conclusiva del giudizio di cognizione e l’inizio dell’esecuzione, ovvero tra la notificazione dell’atto di precetto ed il pignoramento. E’ stato in tal modo superato il principio secondo cui la considerazione unitaria del giudizio presuppone che la parte privata si sia tempestivamente attivata dopo la conclusione del giudizio di cognizione, entro il termine di sei mesi dalla sua conclusione (in precedenza affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9142 del 06/05/2016, Rv.639530).

Di conseguenza, il periodo indennizzabile ex L. n. 89 del 2001 rimane soltanto quello eccedente la ragionevole durata del processo di cognizione e di esecuzione, considerati unitariamente, mentre l’eventuale ulteriore ritardo può semmai costituire oggetto di indennizzo da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in assenza di specifico rimedio nel diritto nazionale.

Nel caso specifico risulta dalla decisione impugnata e dal ricorso della R. che il giudizio di cognizione era iniziato il 26.6.2010 e si era concluso il 19.12.2012 e che la ricorrente aveva preannunziato la fase di esecuzione il 12.3.2014 con la notifica del precetto, ottenendo poi l’assegnazione delle somme pignorate giusta provvedimento del 2.10.2014. La Corte territoriale ha pertanto ritenuto la complessiva durata del giudizio pari, nella fase di cognizione, ad 1 anno, 3 mesi e 15 giorni per la fase dinanzi la Corte di Appello e a 10 mesi per quella dinanzi la Corte di Cassazione, mentre l’esecuzione aveva avuto una durata di 7 mesi e 10 giorni; per un totale complessivo di 2 anni, 8 mesi e 25 giorni.

Di conseguenza, la Corte di Appello ha escluso la sussistenza del diritto all’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, tenendo conto soltanto della durata delle fasi di cognizione e di esecuzione e dando atto che il superamento rispetto alla durata massima ragionevole di 2 anni, 6 mesi e 5 giorni, in quanto inferiore al semestre, non dava comunque diritto all’indennizzo predetto.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. perchè la Corte di Appello avrebbe liquidato le spese oltre i minimi tariffari previsti per lo scaglione di valore di riferimento, senza considerare che la novità della questione ne avrebbe consigliato la compensazione. Inoltre, la ricorrente si duole del fatto che il giudice di merito avrebbe applicato i minimi di tariffa per le fasi introduttiva e decisoria, ed invece i massimi per quella di studio.

La censura è inammissibile.

Con riferimento al primo profilo, va ribadito che in assenza di soccombenza reciproca la decisione sulla compensazione costituisce espressione di un potere discrezionale del giudice e non è, come tale, sindacabile in Cassazione. Con riferimento invece al secondo profilo, non costituisce violazione di legge l’applicazione di alcune voci ai minimi e di altre ai massimi, anche in assenza di specifica motivazione, se comunque la liquidazione del compenso viene eseguita dal giudice di merito nell’ambito degli aumenti e diminuzioni previsti “di norma” dal D.M. n. 55 del 2014, art. 4. Solo in caso di superamento di tali soglie “normali” di aumento e diminuzione, infatti, il giudice è tenuto a motivare la propria decisione.

In definitiva, il ricorso principale va rigettato.

Il ricorso incidentale, espressamente proposto in via condizionata, è assorbito dal rigetto del ricorso principale.

In ragione della ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recentissima Sentenza n. 19885 del 23/07/2009 il collegio ritiene opportuno compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Trattandosi di giudizio di equa riparazione, non sussistono i presupposti processuali di cui al Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per l’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Seconda Civile, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

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