Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17774 del 03/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 03/07/2019), n.17774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14809-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GASPARE ABBATE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 344/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata

il 23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 344/6/2018, depositata il 23 gennaio 2018, la CTR della Sicilia respingeva l’appello dell’ufficio di Ragusa avverso la decisione del giudice di prime cure che aveva integralmente accolto il ricorso proposto da V.O. contro il silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate sulla domanda di rimborso di imposte presentata dalla contribuente alla stregua delle agevolazioni previste ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore dei residenti nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa, colpite dagli eventi sismici del 13 e 16 dicembre 1990; secondo la CTR, ai predetti soggetti colpiti dal sisma del 1990 spetta il rimborso del 90% delle somme versate; l’Agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della predetta sentenza.

Il contribuente resiste con controricorso.

1. Con l’unico motivo del ricorso, viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 e della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) , artt. 107 e 108 e del Reg. CE n. 659 del 1999, artt. 11 e 12, per non avere la CTR ritenuto la pregiudizialità necessaria della decisione della Commissione Europea C (2015) 5549 final 14 agosto 2015 da cui consegue l’illegittimità della richiesta di rimborso avanzata dalla contribuente.

La censura è fondata per quanto di ragione.

La questione di diritto sottoposta a questa Corte è se il beneficio fiscale previsto dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, per i soggetti colpiti dal sisma del dicembre ‘90 in Sicilia, sia applicabile in favore dei titolari di reddito di lavoro autonomo, non essendo contestato che il contribuente sia un medico libero professionista.

Dopo alcune pronunce (vedi Cass. n. 10084/2017), per le quali, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. l, comma 665, il diritto al rimborso del 90% delle imposte versate, con eccezione di quanto pagato a titolo di IVA, spetterebbe anche al contribuente libero professionista, si è di recente consolidato presso questa Corte un orientamento di segno contrario alla suddetta estensione (Cass. nn. 30213/2018, 29483/2018, 26750/2018, 225270/2018, 24376/2018, 19060/2018, 18803/2018, 18246/2018, 16624/2018, 14328/2018, 14324/2018, 13499/2018, 3070/2018).

Lo svolgimento di un’attività di impresa costituisce limite all’applicabilità del beneficio in esame, posto che il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, in favore dei “soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990”, è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea”, anche perchè la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche di cui alla L. n. 289 del 2002 con il sistema comune dell’IVA, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.

Con la decisione del 14/08/2015, C (2015) 5549 final indicata in ricorso, intervenuta nel corso del giudizio, la Commissione UE ha stabilito, all’art. 1, che “Le misure di aiuto di Stato” (introdotte da una serie di leggi italiane elencate nel provvedimento) “che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno”, salvo che si tratti di “aiuto individuale” che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal Reg. (CE) n. 1407 del 2013 o dal Reg. (CE) n. 717 del 2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (decisione, art. 2) o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione del Reg. (CE) n. 994 del 1998, art. 1, (…) o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3).

4.3. Sempre secondo la Commissione UE (punto 134 della predetta pronuncia), “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)”.

Le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità Europee, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, ancorchè prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso.

Recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens, che nella specie avrebbe già dovuto essere rilevato ex officio dalla CTR e che deve essere ovviamente esaminato in questa sede di legittimità.

A seguito della decisione in parola, diventa punto dirimente per l’individuazione della categoria degli esclusi dal beneficio, la nozione Euro- unitaria d’impresa, che, per giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, Hofner & Elser; 16/11/1995, Federation francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati). Ciò si raccorda sia con la normativa fiscale Europea, per la quale è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (Direttiva UE, n. 2006/112/CE, artt. 9 e 51; conf. Direttiva UE, n. 77/388/CE, art. 4)”, sia con la normativa Europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizì (Direttiva UE, n. 2004/18/CE, art. 1, p.8)”;

Tale peculiare nozione di “impresa” (che presenta caratteri comuni a quella di “attività economica”, perchè questa ne rappresenta l’elemento costitutivo) è stata peraltro recepita dalla decisione del 14/08/2015, C (2015) 5549 final, della Commissione UE, invocata dalla ricorrente Agenzia, nella parte in cui si afferma che i “soggetti che non svolgono attività economica (…) non vanno considerati come imprese” (punto 134). Ciò, infatti, significa che non importa neppure che l’attività economica possa essere una libera professione regolamentata da norme nazionali e soggette a precise autorizzazioni (attività professionali “protette”) e che le prestazioni possano essere intellettuali, tecniche o specialistiche (v. Commissione UE, 30/01/1995, n. 95/188/CE; conf. Corte giustizia, 23/04/1991, Hoefner e 18/06/1998, Commissione vs. Italia).

Alla luce dei superiori principi, nel caso di specie lo svolgimento da parte della contribuente di un’attività d’impresa, nei termini Euro-unitari sopra specificati, è, incontestabile, esercitando esso la professione di medico, libero professionista.

Una volta accertato che il contribuente svolge un’attività economica (professionale), il giudice del merito dovrà di conseguenza verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (cit. decisione UE, artt. 2 e 3). A tal fine, egli dovrà: i) non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; il) tenere presente che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 TFUE, n. 1, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (cfr. Cass. n. 22377 del 2017 che richiama Cass. n. 11228 del 2011: conf. n. 29905/2017, cit.); iii) tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. n. 14465/2017).

In difetto dei predetti presupposti di operatività della regola de minimis, il giudice del merito dovrà valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107 TFUE, par. 2, lett. b), ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (punto 150, lett. b)), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame”(punto 136); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla “impresa”, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto)(cfr. punto 148 della decisione della Commissione).

L’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza, sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono l’esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (Cass. nn. 22377/2017, 29905/2017; da ultimo Cass. 5923/2019)

Conclusivamente, il ricorso va accolto e la impugnata sentenza cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale che, in diversa composizione, rivaluterà la vicenda in conformità ai superiori principi di diritto regolamentando anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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