Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17772 del 26/08/2020

Cassazione civile sez. II, 26/08/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 26/08/2020), n.17772

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22555-2016 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

114/B, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERDINANDO EMILIO

ABBATE, RANIERI RODA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. cron. 372/2016 della CORTE D’APPELLO di

FIRENZE, depositata il 27/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dr. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato;

udito l’Avvocato Giovambattista Ferriolo, difensore del ricorrente,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.R., in difetto di spontanea esecuzione, avviò azione esecutiva nei confronti dello Stato, al fine di ottenere il pagamento dell’equo indennizzo stabilito dal giudice (la Corte d’appello di Perugia aveva dichiarato inammissibile la pretesa con provvedimento del 28/2/2011, annullato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 5925/2012, la quale, cassando senza rinvio al decisione di merito, aveva condannato il Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennizzo); al precetto, notificato il 13/612/2013, era seguito il pignoramento e, indi l’assegnazione ad opera del Giudice dell’esecuzione di Roma, in data 27/6/2014.

Il Consigliere designato della Corte d’appello di Firenze, con decreto del 28/3/2015, accolta la domanda d’indennizzo per irragionevole durata del processo svoltosi ai sensi della L. n. 89 del 2001, condannò il Ministero della Giustizia al pagamento d’un ulteriore indennizzo.

Proposta opposizione la P.A., la Corte d’appello di Firenze, con decisione collegiale resa pubblica il 10/2/2016, accolta l’opposizione, revocò il decreto monocratico e rigettò la domanda.

Appare utile, sia pure in estrema sintesi, riportare l’iter argomentativo della decisione collegiale impugnata. La Corte toscana, in primo luogo, afferma la propria competenza, reputando decisivo il fatto che il processo presupposto si fosse “estinto” davanti al Giudice di Perugia, non potendo assumere rilievo il procedimento esecutivo, svoltosi davanti al Giudice di Roma, non potendo “parlarsi di grado, bensì di fase”. Di poi, nel merito precisa, “sarebbe del tutto irragionevole ricomprendere nella durata da prendere in considerazione agli effetti dell’equa riparazione il periodo di tempo, che potrebbe essere anche molto lungo (…) per l’inerzia del vincitore nel giudizio di cognizione, intercorrente fra la fine della fase della cognizione e l’inizio di quella di esecuzione”. Di conseguenza, computata la durata del processo di cognizione e sommata ad essa quella della fase esecutiva non risultava essere stata superata la durata ragionevole.

Avverso il decreto collegiale propone ricorso, fondato su due motivi, l’ A..

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso, in seno al quale avanza ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi (erroneamente il secondo motivo viene indiato come terzo).

All’esito dell’adunanza camerale il processo è stato rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria resa pubblica il 15/1/2019.

Il ricorrente depositava memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunziante violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, la ricorrente contesta la decisione di merito assumendo che la Corte di Firenze aveva mancato nel non considerare che al fine dell’equo indennizzo occorreva far riferimento all’intero svolgimento processuale (cita la sentenza n. 1184/2014 di questa Corte), da doversi considerare “come unico ed unitario procedimento, da valutare nella sua globale articolazione in fasi, senza poter operare una separazione tra tali fasi stesse”.

Invece la decisione impugnata aveva preso in considerazione, per il computo della ragionevolezza della durata, per quel che concerne la fase dell’esecuzione, solo il tempo trascorso dalla notifica del precetto in poi (11/12/2013).

Sulla scorta dei manifestati orientamenti del Giudice di legittimità e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in assenza di spontaneo adempimento da parte dello Stato, condannato al pagamento dell’indennizzo, la garanzia costituzionale all’effettività della tutela e l’art. 6, p. 1, Carta EDU, s’impone di considerare l’unitarietà del processo, fino a raggiunta soddisfazione. Con la conseguenza, ove la P.A. non adempia nel termine di sei mesi, maggiorato di ulteriori 5 giorni (nel rispetto della giurisprudenza sovranazionale e dell’art. 133 c.p.c.), la c.d. “fase della “esecuzione” si salda con quella della cognizione. Valendo i principi di cui alla sentenza di legittimità di cui sopra, l’Amministrazione era tenuta pagare l’indennizzo e gli accessori determinati irrevocabilmente dal giudice nel termine di sei mesi (secondo le indicazioni della Corte edu), ulteriormente maggiorato di 5 giorni, ex art. 133 c.p.c., comma 2. Peraltro, già con il D.L. n. 669 del 1996, art. 14, alla P.A. era stato concesso il termine dilatorio di 120 giorni, fino allo scadere del quale non era consentito neppure notificare il precetto. La Corte di Strasburgo aveva reiteratamente affermato (vengono citati i precedenti Cocchiarella c. Italia e Di Pede c. Italia) che l’esecuzione rendeva effettiva e concreta la pronunzia di merito. Sulla scorta dei manifestati orientamenti del Giudice di legittimità e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in assenza di spontaneo adempimento da parte dello Stato, condannato al pagamento dell’indennizzo, la garanzia costituzionale all’effettività della tutela e l’art. 6, p. 1, Carta EDU, s’imponeva di considerare l’unitarietà del processo, fino a raggiunta soddisfazione.

2. Con il secondo motivo l’ A. contesta il regolamento delle spese, ipotizzando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè del D.M. n. 55 del 2014, per le seguenti ragioni: la Corte di Firenze non aveva considerato che la pronunzia, ponendosi in contrasto con autorevoli precedenti di legittimità e della Corte di Strasburgo, oltre che con la stessa giurisprudenza di quel distretto; ben si giustificava, pertanto, la compensazione delle spese.

3. Il Ministero della Giustizia, con l’impugnazione, espressamente qualificata condizionata, denunzia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, addebita, con il primo motivo, alla Corte locale di non aver fatto corretta applicazione della norma denunziata “atteso che la inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza doveva essere dichiarata in relazione all’intero giudizio presupposto unitariamente inteso”, non essendosi la parte attivata nel termine semestrale (il processo si era concluso davanti alla Corte di cassazione il 18/12/2012, anche a voler considerare l’avvio del procedimento esecutivo dal precetto, questo era stato notificato solo il 1876/2013, nel mentre il ricorso risaliva all’11/5/2015).

4. Con il secondo motivo (qualificato terzo) il Ministero lamenta violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 1, assumendo l’incompetenza della Corte fiorentina per le seguenti ragioni: il giudizio presupposto (sempre di equo indennizzo) si era svolto davanti alla Corte d’appello di Perugia e il processo esecutivo si era concluso davanti al Tribunale di Roma; pertanto, ai sensi dell’art. 11 c.p.p., richiamato dal predetto art. 3, competente era la Corte d’appello di Perugia.

5. Il primo motivo è infondato sulla scorta dell’assai recente statuizione delle Sezioni Unite (sentenza n. 19883, 23/7/2019, Rv. 654838), la quale dopo aver affermato il principio di diritto secondo il quale ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso ex L. n. 89 del 2001, art. 4, nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, conv. dalla L. n. 134 del 2012, risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018, la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all’indennizzo a carico dello Stato-debitore va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che essa venga iniziata entro sei mesi dalla definitività del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitività della fase esecutiva; ha, tuttavia, precisato che nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo non va considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva, quest’ultimo, invece, potendo eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell’esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenza di rimedio interno, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Ciò posto, la ricorrente non può qui dolersi del tempo consumatosi tra la raggiunta esecutività della pronuncia, con la quale la P.A. era stata condannata al pagamento e l’effettivo inizio dell’azione esecutiva, resasi necessaria per l’inadempimento della debitrice. Or poichè la durata complessiva del processo presupposto, sommando la fase di cognizione quella esecutiva, non supera, secondo l’incontroverso computo di cui al decreto della Corte di Firenze, il termine di ragionevole durata, correttamente risulta essere stata disattesa la domanda.

6. Il secondo motivo deve essere rigettato del pari. Con la censura in discorso, invero, la ricorrente invoca un riesame della valutazione di merito, in questa sede incensurabile.

7. Consegue al rigetto del ricorso principale l’assorbimento di quello incidentale condizionato.

8. L’obiettiva difficoltà interpretativa sul punto controverso costituisce grave motivo per compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; compensa fra le parti le spese legali del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Seconda Civile, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020

 

 

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